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    Porca guerra…

    Con un pensiero per l’anno nuovo, avevo mandato a Giovanni Farina ( uno degli autori di “Urla a bassa voce”), nel carcere di Catanzaro, il libro di Luciano De Simoni “Porca guerra, benedetta pace” ( ed. Stampa Alternativa), un diario sulla Prima guerra mondiale ripescato da un vecchio baule, sull’onda della ritrovata memoria che ha portato quest’anno il centenario. Pensando ad un episodio di guerra che Giovanni Farina mi aveva raccontato in una delle sue lettere, pensando che gli potesse interessare… Ecco, ora, condivido con voi le parole dell’ultima lettera che mi ha mandato, dopo aver letto il libro.

    “… Mi sono emozionato quando il soldato fatto prigioniero scrive ai suoi famigliari, si lamenta delle sue sofferenze, scrive ch esoffre la fame e il freddo, e ricorda alla moglie ch enon ha ricevuto il pacco di cibo che chiedeva , il pane… Pensando alle sue parole mi sono ricordatodiquello chemi raccontava mio padre di quel periodo. Tutto il raccolto di cereali che raccoglievano dalla semina annua la dovevano versare all’ammasso comunale dove veniva amministrato dalla politica. La gente viveva i disagi più incredibili, non poteva (…) disporre neppure del frutto del suo lavoro. Erano tempi duri e chi se lo poteva permettere comprava il grano di nascosto. Si recavano nel Campidano che era la località più produttiva di grano di tutta la Sardegna con un somaro, molti anche a spalla, compravano il grano al mercato nero. Facevano due e più notti di viaggio, perché avevano paura di essere fermati dalle pattuglie dei carabinieri, che gli sequestravano il grano, e molti venivano arrestati. Erano tempi di vera fame… facevano il pane di notte, nelle case, con la paura di essere scoperti… si trasformava in farina qualsiasi cereale macinato.. Mi raccontava mio padre che il pane fatto dalla farina dell’orzo lo dovevano consumare entro due giorni, perché passati più giorni si acidava, diventava immangiabile. Le famiglie che avevano qualcuno al fronte si privavano del poco che avevano per mandare ai loro cari qualcosa da mangiare.

    Il protagonista del diario pensa alle sue sofferenze e non immagina le sofferenze della sua famiglia.. Erano tempi che la mortalità infantile era altissima per l amalnutrizione.. non c’erano medicine, bastava un  raffreddore per veder morire i propri figli. Anche al protagonista del diario muore un  figlio.  Nella guerra non ci sono vincitori, solo vittime, le più, sono vittime innocenti….”   

    Giovanni Farina

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