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    Viaggiando verso Sud…

    riprendendo come al solito dagli appunti del Gatto Randagio ( RemoContro)…

    “La commedia all’italiana è finita, quando i registi hanno smesso di prendere l’autobus”. Vero. Ho appuntato queste parole di Monicelli perché spesso, dopo aver cercato di intrattenermi a cinema con  commediole contemporanee, mi sono chiesta dove si sia mai smarrita l’eredità degli sceneggiatori che hanno fatto la storia del cinema italiano… Dialoghi improbabili, molte forzature, una grande noia… Già, evidentemente non prendono l’autobus. Ripensando dunque a Monicelli che, ricorda chi lo conosceva bene, “andava girando ovunque con mezzi pubblici perché era così che guardava in faccia le storie e poi le scriveva”…

    Proprio qualche settimana fa, in uno dei miei viaggetti in autobus, mi sono ritrovata nel mezzo di  una scenetta che mi ha regalato un tuffo nella freschezza e nella verità di quelle commedie.  Mannaggia… ci vorrebbe una grande penna! Riassumo e riporto come posso.

    Dunque. La linea è quella che da Roma raggiunge l’Irpinia. Sali su, a Tiburtina, e subito t’inonda l’eco del dialetto campano, (…) che non è esattamente quello napoletano, ma intreccio di varianti delle varie località. Che sono accenti, toni, colori delle parole… Ho capito subito di essere entrata in una comunità viaggiante, più o meno pendolare, che tutta si conosce, e nella quale l’autista ha cura di farmi sentire un po’ parte, rassicurandomi su viaggio, orari, fermate… da compiaciuto padrone di casa.

    Ha appena finito di dispensare saluti a ciascuno come si fa con vecchie conoscenze, che una ragazza gli si avvicina sventagliando un portafogli. “L’ho trovato sotto il sedile… lo do a vòi?”

    In un attimo intorno all’autista e a quel portafogli converge l’attenzione premurosa di tutti.

    “ Lo apro  annanze  a  vuie, signo’… mi siete testimone: 10 euro… dieci euro e  ‘a carta  ‘e  indentità…”

    Vi sbircia dentro: “…’na guagliona… di Altavilla”. “Ah, giusto ‘o capolinea…”

    ‘O cunzignate vuie, allora?”, cerca rassicurazione la signora in prima fila.  L’autista, con tutta l’autorevolezza che gli viene dal suo ruolo, pronuncia un nome, legge un indirizzo. Interviene un giovane: “A strada a’rete a mia cognata. Je stong’ ‘o paese vicino”. “ E voi siete carabiniere” fa l’autista, “allora ‘o cunzignate vuie”.

    Fierissimo dell’incarico il giovane militare si attiva subito. Inizia un giro di telefonate, accompagnate dall’attiva attenzione di tutti. Mannaggia che non ho registrato… Di paese in paese, di parente in parente, di commento in commento: “… ma tu ‘a cunusce? … ma tu ‘o ssai? ”.  Si compongono tasselli…  Agge capito !… il padre tiene il banco al mercato..”  – “Che banco? d’a frutta?”  – “ah, agg’ capito..”  – “E quella la figlia lavora ‘a Roma.. . l’avrà perso all’andata… ”    “No.. questo mezzo ieri nun’è uscito…”

    Sul brusio s’alza forte la voce del giovane militare: “Agg’ truvat’  ‘a mamma!”

    Un’ovazione sorridente segue l’annuncio.  Je ‘o  sapev’  che vuie risolvevate … ” soddisfatto, anche l’autista.

    Nei cinque minuti che seguono, è tutto un compiaciuto telefonare di ognuno a qualcuno da qualche parte per raccontare la vicenda e come la ricerca si sia svolta con successo, ciascuno sottolineando il proprio contributo, ma soprattutto rendendo merito al carabiniere che “ dieci minuti e ha trovato la madre d’a’ guagliona…” . “quella come faceva senza carta d’identità..?!”

    Ma non finisce qui. Colpo di scena.

    Il vociare viene interrotto da una ragazza che era seduta giù in fondo. Percorre il corridoio, si avvicina all’autista e al carabiniere che gli siede alle spalle.. “siete voi che avete trovato il mio portafogli? Mi ha chiamato mia madre…”.

    Commenti di definitiva soddisfazione… mentre il giovane carabiniere rispiega alla ragazza come ha  risolto il caso. E il viaggio è proseguito più ‘lieve’ per tutti.

    E’ una linea che consiglio, quella che va verso il Sud. La volta precedente, allo stallo d’imbarco sono stata intrattenuta da una suora che intorno a sé dispensava ricette, consigli per la felicità e rosari, di quelli fosforescenti. Ne ha dato uno anche a me, e ora, fra le collane, illumina di piccoli semi le mie notti dal ripiano del comò…  

    La gente… E’ lo spettacolo più bello del mondo. E non costa nulla. Come diceva Bukowski.

    E come dunque ben sapeva Monicelli. Raccontano, ancora con stupore, che la prima volta che andò in radio ( fu conduttore di Hollywood Party) dalla Rai lo chiamarono: “Maestro, le mandiamo un taxi?” La risposta: “Un taxi? E per far che?”. “Per venire qui agli studi…”. “E a che serve il taxi?  Prendo l’autobus”.

    Meditate, giovani autori, meditate…

     

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