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    La buona scuola…

    epesieAppunti di Gattorandagio ( da remocontro)…. Leggendo, nelle cronache romane, della protesta dei piccoli di una scuola elementare, in solidarietà con il compagno disabile che torna a casa prima degli altri, perché, che volete, tagli qui, limature là, sono state ridotte le ore di sostegno… Pensando al difficile cammino dell’integrazione, alle tante voci di chi chiede, a buon diritto, pari opportunità…
    Sono andata a riprendere un libretto che spesso sfoglio, anche se a tratti ogni volta la commozione è tanta.”Poesie dalle scuole”, raccolta di poesie scritte dai ragazzi disabili incontrati nella sua vita per la scuola da Giovanna Cantoni, che è stata Ispettore della Pubblica Istruzione, e da sempre si occupa dei ragazzi disabili. Già ve ne avevo regalato qualche verso, ma oggi, che con tanta enfasi viene sbandierata la “buona scuola”, che poi tanto buona non sempre è, voglio farvi ascoltare le voci sommesse di questi ragazzi “diversi”. Voci lievi, allegre o disperate, che chiedono amicizia, che anche nel dolore più profondo raccontano di sé, con impressionante naturalezza, quello che la scuola spesso non vede…
    Ascoltate Marcello: “La prof d’italiano le mie poesie leggeva / e gli errori correggeva, / con il verde li segnava e con il rosso li cancellava. / “Ma prof, per favore/ le ho scritte con il cuore!” / “Se il cuore vuoi comprare / tre euro l’etto devi pagare…”. Ancora: “La mia scuola è molto ordinata,/ non c’è mai un’improvvisata./ Vorrei / che l’insegnate d’italiano / fosse andata lontano / e venisse mago Zurlì / ad insegnare i trucchi lì per lì..”. Marcello birichino … Le sue poesie, spiega Giovanna Cantoni, erano state scritte per il giornalino dell’istituto, ma la redazione non aveva voluto pubblicarle, per timore di dispiacere alle docenti. Immaginate la sua delusione, la tristezza… Che sciocchezza… tanta sensibilità nei confronti dei docenti e tanta poca attenzione ai problemi di un ragazzino.
    E ascoltate Roberto, come traduce in versi la fatica del dover seguire, “stando seduto nella carrozzella con gran sofferenza”, una lezione noiosa: “Dovete studiare, faticare, / sui libri e nei laboratori/ se grandi volete diventare”.// Ma io lo so che grande non sarò, /mi piace la collezione dei francobolli / e allevare polli, / mi piace veder fiorire le rose / e tante piccole cose…”. Roberto, ragazzino ribelle che tanto ha fatto tutti faticare, pure si è diplomato nell’istituto professionale per l’agricoltura e ha realizzato il suo sogno: lavorare fra fiori e piante.
    Alcuni versi di Gabriella. “Io penso lentamente/ va adagio la mia mente” / così la prof ha detto / e ha aggiunto in modo più diretto / “difficoltà cognitive” / disabilità intellettive”. / Sembrava un detective / che il caso ha risolto / e un problema si è tolto…”. Già. Gabriella… la sua mamma si era rivolta per un aiuto a Giovanna Cantoni che, già in pensione, spesso si accompagnava nelle sue passeggiate estive con la ragazzina e: “Cosa potevo fare, io, vecchia e in pensione, per spiegare all’insegnante di sostegno, una specie di ragioniere campionessa in discipline sportive, che Gabriella, come del resto io, abbiamo bisogno di tempo”.
    Frugando, ancora qua e là… Davide, che scrive di aver sognato di aver vinto al superenalotto, e che compra una grande casa e della povertà fa “tabula rasa”… “Racconto alla mamma il mio sogno / che mi ascolta con grande attenzione./ poi mi dà uno scapaccione / che è una grande carezza.// “Sei un grande pasticcione/ hai dimenticato di sognare/ che potevi finalmente camminare”..
    E il sogno di Lisa: “ C’era una bambina / che si chiamava Isabella./ E viveva su una carrozzella// e c’era Carlo che l’amava e sempre la cercava / e mai la trovava”. Lisa, che ancora scrive: “L’amore è già passato/ perché lui se ne è andato/ a cercare una bambina / senza ruotine,/ ma con due belle gambine”.
    Troppo presto arriva anche la morte nei loro pensieri. “Di morire ho paura / perché penso che sarà molto dura. / Vorrei serenamente morire, / senza molto soffrire./ Vorrei finire con dignità / così ognuno saprà / che sono coraggioso / e della malattia vittorioso”. Nicola, che aveva una distrofia muscolare già molto avanzata, a quindici anni.
    E ascoltate questa. “Che cosa pensa una farfalla?/ Forse non può pensare / può solo volare. / Forse non può pensare / perché non si può ammirare / non può dire sono bella / come una stella / non può dire ora so ballare, / volare, danzare,/ prima potevo solo strisciare. // Che cosa pensa una farfalla?/ Io non so volare / ballare, danzare, / non so neppure camminare./ Un giorno mi sveglierò / e ballare potrò, / come una farfalla danzerò / e allora saprò / cosa pensa una farfalla”.
    Versi leggeri di Mara, che come molti degli autori delle poesie di questo prezioso libretto, adesso non c’è più.
    Mara, Carlo, Davide, Gabriella e tanti altri ancora… che pure insegnano che quando si è giovani si spera sempre, comunque e nonostante tutto, che i sogni e i desideri non muoiono.
    Dovreste leggerle tutte, le “Poesie dalle scuole” ( Alberto Perdisa è l’editore) e leggervi, in filigrana, le vite che con tanta passione ha saputo cogliere e accogliere Giovanna Cantoni, un volto, lei sì, della buona scuola, che si chiede e ci chiede: cosa vogliono dirci questi ragazzi? “Forse, risponde, vogliono dirci che la dignità non è un dono, non è il regalo che questo o quel governo fa, ma è un diritto di tutte le persone”.
    E ha proprio ragione quando dice che scrivere poesie in questi tempi, e a scuola, è un messaggio di speranza in un mondo meno feroce e meno alieno. Sono sicura che le piacciono molto i ragazzini della scuola romana in sciopero per il loro amichetto disabile che viene mandato a casa prima degli altri. Li avete visti? Hanno indossato una maglietta con su scritto: “se esce uno, usciamo tutti”.

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