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    Guardarsi intorno…

    gatto 2Ritrovo questo pensiero di quattro anni fa… Era anche allora inizio d’autunno. Guardandomi intorno, in una stazione di metropolitana, cercando sguardi, ma trovando nient’altro che teorie di persone, giovani, meno giovani, di ogni razza, con lo sguardo intento sul piccolo schermo di qualcosa di elettronico… a lanciare messaggi, cercare risposte, a scavare, tutti, nell’altrove… Esercizi, di nullificazione del presente, e di chi, ciascuno, pure ha al suo fianco. O costruzione, aerea, di nuove prigioni…
    Ieri, quattro anni dopo, ancora una giornata di quell’azzurro che solo settembre sa regalare… su un autobus nel tentativo di attraversare la città, ho avuto netta l’impressione che questo nostro frenetico comunicare, sia diventato una rete che ormai ci imprigiona tutti, legandoci a tutto e a tutti in ogni momento della vita. Più che impressione, un incubo, ché quella rete è come tela di ragno, impalpabile e vischiosa, che tutti ha preso nella sua trappola…
    E come non sentirsi soffocare… pensavo ieri, assediata da un chiacchiericcio confuso di persone, ognuna a parlare con qualcun altro che non era sull’autobus, e a parlargli a voce alta, altissima nei momenti più eccitati, come se intorno non ci fosse nessuno oltre al fantasma del proprio interlocutore… e parlando, anche, delle cose più intime…
    E così vengo a sapere che Nicola si è comportato così e sempre così si comporterà. L’ ha imbrogliata, tradita, è uno stronzo… cosa vuole ora… come vuole che lei si senta, come pensa che possa mai più considerarlo… no, no… è inutile… già lo scorso anno, quel giorno che lei…
    Mentre la vicenda di Nicola viene sovrastata da una risata, di altra donna che ride e ride di come Maria proprio non sa vestirsi.. .ah ah! mentre lei sì che li porta i pantaloni stretti… poi quando li leva le si scuce sempre l’orlo…ah ah!…ma che importa, perché l’altra sera, quando Maria, come al solito… Intanto un’altra ragazza, un po’ più sul ‘grande fratello’ … che schifo Mario, che ha detto a Marta che l’altra sera non l’avevano avvisato… lei sapeva che poi andando da loro, anche Giovanna e Nicola se la sarebbero presa… lei sì, aveva avvisato Giovanni, di non dirlo a Mario, ma Giovanni, se ben ricordava, anche l’altra volta, quando ancora stava insieme a Rosalba… quella, sì, meglio che l’ha lasciata… Mentre un uomo, un po’ sul feroce, a denti stretti intima, a una lei suppongo, che non chiamasse con tanta insistenza, ché solo l’infastidisce. Ha da lavora’. Nun lo crede? Nun ‘gl’e m’porta… No, stasera nun torna, lo sta’ a rompe’… lei non vuole capì che…
    Nessuna delle conversazioni è durata meno dei quindici minuti della durata del mio percorso, e chissà per quanto ognuno è andato avanti.
    “Ma prima, come facevano a parlarsi…”, borbotta una signora più o meno della mia età. Già, prima come si faceva…
    E, soprattutto, perché quasi nessuno sente il bisogno di abbassare il tono delle voce, come ognuno entrasse in un microscopico universo di solitudine a due, e tutto il resto intorno svanisce, tanto che tutti sembrano sentirsi liberi di usare il linguaggio piuttosto sboccacciato che in pubblico in genere si tende a controllare…
    E, magari cambiano gli argomenti e il linguaggio, ma non crediate che viaggiando su Frecce, bianche o rosse che siano ( e prima o seconda classe fa lo stesso) le cose cambino… solo, le telefonate d’affari sono ben più noiose, a meno che non capiti qualcuno che, come m’è toccato d’ascoltare, fra partite di merci che andavano e venivano s’era messo a organizzare una cena a base di cacciagione nella sua villa di campagna, perché, come assicurava, così gli piaceva godersela nei fine settimana. Sembrava trama di sceneggiatura di un film del miglior Tognazzi…
    A dire il vero, per quante ne ho sentite negli ultimi tempi, usando ormai solo mezzi pubblici, involontariamente ascoltando, e a volte abbassando gli occhi, per pudore sì, perché alcune cose non vorresti averle sentite… la tentazione spesso è stata di registrarle, tutte quelle conversazioni, e poi mettere in fila tutti quei tasselli, a comporre un grande romanzo della contemporaneità. Ne verrebbe fuori, vi assicuro, una “Comedie Humaine” del duemila. Quasi quasi da fare invidia a Balzac…
    La commedia di un’umanità che sembra urlare ogni momento la sua fragilità e la sua solitudine… e vorresti quasi abbracciarla e consolarla, questa umanità, e rivestirla, persino, di valori andati, quelli sia pur “borghesi” della discrezione, del pudore, del decoro, del rispetto degli altri, anche… che pure in qualche modo qualcosa del sé forse, insegnando a rispettare, proteggevano…
    O forse non ho capito niente. O forse questa è la traduzione contemporanea de “il personale è politico”. Si diceva così, no? Cosa che francamente non mi ha mai molto convinta, ma forse questa è solo deriva solitaria e anarchica di un gatto Randagio…
    Un’immagine ironica, ma neanche poi tanto, rubata alla rete. La foto scattata sulla banchina di una stazione. Un gruppo di gente ad aspettare il treno. Tutti hanno lo sguardo fisso su un cellulare. Tutti tranne un omino, che osserva il mondo intorno a lui. Non lo noteresti neppure in mezzo a quella folla. Ma qualcuno ce lo fa individuare, tracciando intorno alla sua figura un cerchio rosso. Con una scritta. “Attenzione, è pericoloso: si sta guardando intorno!”.
    Ricordando all’improvviso questa immagine, ieri sull’autobus, rendendomi conto di essere una delle pochissime persone a non interloquire con uno schermo, mi sono affrettata a frugare nella borsa e fingere l’urgenza di una chiamata…
    Vedi mai che possa essere segnalata come persona pericolosa che ancora si ostina, con sfrontatezza, a guardarsi intorno…

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