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    Il telefono. La tua voce…

    fine-pena-mai“Straordinario! Distante anni luce dal nostro povero paese… Bèh, certo… come non considerare che quando in Francia scoppiò La Rivoluzione, la nostra penisola era ancora un grumo di stati spesso con vedute l’uno dall’altro lontane…”, ho sentito l’altro giorno bofonchiare il Gatto mentre leggeva il giornale. Ho dato un’occhiata anch’io e… davvero rivoluzionaria, la novità che arriva d’oltralpe… Udite udite: nelle carceri francesi i detenuti potranno avere presto un telefono in cella…
    Avete sentito bene. Notizia davvero stupefacente, se vista con ottica italiana, data la considerazione che mediamente si ha nel nostro paese delle persone per un motivo o l’altro affidate alla discutibile custodia delle nostre prigioni, e sapendo cosa succede invece da noi.
    Per la precisione, in Francia, si parla di installare apparecchi telefonici in più di 50.000 celle di circa 180 prigioni. Ovviamente, limitati e controllati i numeri da poter chiamare, identificate le persone che ricevono la chiamata… ma nessun limite di tempo, di giorno e di notte. Questo per aiutare a mantenere più saldi i legami familiari e favorire un futuro reinserimento… Il provvedimento viene preso dopo un esperimento partito l’anno scorso nella prigione di Montmédy, che sembra già dare i suoi frutti…
    E pensare che nelle nostre carceri, quando va di lusso, si può fare una telefonata a settimana, ciascuna di massimo dieci minuti… e potete immaginare… l’ansia di riuscire a dir tutto, di suggere quanta più vita da quel filo… gli attimi che scivolano veloci, la linea che cade, implacabile e feroce come la morte, allo scadere dell’ultimo secondo del decimo minuto… Immaginate…
    E mentre cerco di andare fino in fondo all’articolo, per meglio capire… tutto ridacchiante il Randagio sfila un foglio da un incartamento che ho sulla scrivania. Da un testo di Mario Trudu, la persona con più lunga detenzione che conosca, che proprio di una giornata alle prese con una telefonata parla. E a questo punto (il titolare Remondino già sa che Trudu sta diventando un autore di Remo Contro), apro una piccola parentesi per raccontarvi cosa scrive…
    Racconta, Mario, di quando si trovava nel carcere di Fossombrone, nelle Marche, un vecchio convento… “struttura che non permetteva nessun tipo di apertura sull’esterno, da regalare attimi rilassanti a noi visti spesso come carne da macello. E con tutto questo non si stava male, era gestito da persone più che ragionevoli… e a dire il vero mi trovai bene tutto il tempo che stetti lì, tranne che per un piccolo episodio”. Che riguarda, il piccolo episodio, proprio il tempo di una telefonata…
    A Fossombrone le telefonate “avvenivano in uno sgabuzzino dove c’era un tavolino, da una parte sedeva il brigadiere e dall’altra c’era colui che stava telefonando, e quel giorno a telefonare c’ero io e come sempre parlavo con mia madre usando la mia lingua, “l’arzanese”. Arzana, paese dell’Ogliastra, con la sua storia le sue tradizioni, la sua lingua… Che il brigadiere non conosce. E cosa starà mai dicendo quel Trudu?
    Quindi il brigadiere lo interrompe. Trudu deve parlare in italiano…
    “Io gli spiegai che mia madre aveva una certa età e parlava solo il sardo, e continuai la telefonata. Lui m’interruppe di nuovo, allora lo ripresi un po’ aspramente dicendogli che i minuti della telefonata scorrevano e non dovevo conversare con lui ma con mia madre! Ma lui di nuovo m’interruppe. Persi la pazienza. Scaraventai il telefono contro il muro… gliene dissi quattro”
    Segue una scena che non riporto per non levare la sorpresa a chi vorrà leggere l’intero testo che spero presto possa essere pubblico. Sta di fatto che fra urla e scossoni… accorsero tutti i colleghi del brigadiere che “in cerca di strapparmi dalle mani quell’uomo, lasciarono le loro impronte su un giubbotto di pelle che indossavo… come se una tigre l’avesse usato come fosse la corteccia del tronco di un albero per affilare le sue unghie… Dopo ho pensato a mia madre, a come si sarà sentita nell’udire tutto quel trambusto al telefono, ma mi avevano fatto perdere la pazienza…”
    Ma Fossombrone era davvero un prigione gestita da persone ragionevoli… Direttore e comandante trovarono presto una soluzione. Il controllo della telefonata fu affidato a un agente sardo “che capiva la lingua sarda e da quel giorno potei parlare con mia madre nella nostra lingua…”
    Il linguaggio colorito di Mario Trudu… che riesce a strappare un sorriso, anche nel raccontare le situazioni più drammatiche… E ringrazio il Randagio per avermi ricordato questo piccolo episodio che fa bene immaginare la tensione che si può creare intorno all’impossibile tempo dei colloqui telefonici in un carcere…
    Tempi e modi che, sapete?, non sono assolutamente uguali per tutti. Il regolamento è unico, ma ogni carcere di fatto lo interpreta a modo suo. Per tutti sono comunque garantite “almeno” due telefonate al mese, di dieci minuti ciascuna, registrate per chi ha reati ostativi,,, Almeno due telefonate al mese… Si arriva anche a quattro telefonate al mese e molto spesso, salvo sempre il caso di reati associativi, persino una a settimana… Ovviamente caso a parte il 41 bis, dove la telefonata è unica. dieci minuti al mese e solo se non hai potuto avere, per quel mese, un colloquio. E per colloquio si intende quella tremenda ora al mese dietro a un vetro blindato… ma si sa, che il diavolo se li porti pure, quelli là…
    Ci sono casi in cui la telefonata fatta al proprio avvocato viene messa nel conto. Quindi si rinuncia a dieci minuti della voce della moglie, della madre, di un figlio… Davvero miserevole il tempo aperto alla vita fuori, sia pur solo sul filo della voce… Eppure, mi ricorda Carmelo Musumeci, ergastolano ora in semi libertà, quante volte il conforto di una voce cara, in carcere, ha salvato la vita…
    Il telefono. La tua voce… Chi non è più giovanissimo ricorderà una pubblicità della Sip, l’allora società dei servizi telefonici… che realizzò anche un manifesto, la cui immagine parlava di un piccolo paese del sud, che l’emigrazione aveva svuotato dei più della sua gente… Ma le cose stavano cambiando. Il progresso tecnico… lo sviluppo dei servizi telefonici… portavano un gran dono: tutti, anche i pochi abitanti di quel paesino arroccato su un monte, avrebbero potuto parlare con chi era lontano… ascoltare la carezza di un sospiro…
    Il telefono. La tua voce… Ci danna e ci conforta, ci insegue ovunque, oggi… ma ancora si infrange sulle mura delle nostre carceri… che, per dettato costituzionale, dovrebbero rieducare alla vita libera, ma che in mille modi, con la costanza di un micidiale stillicidio, ogni giorno ne allontanano…

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