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    Il miracolo di cinque euro

    vignetta elemosina“Cinque euro. Ma noi cosa ci possiamo fare con cinque euro?” mi ha chiesto l’altro giorno il Gatto.
    Ho iniziato ad elencare… “Un caffè, due cornetti e un bicchiere d’acqua. Forse neanche questo se seduti al tavolino, e poi dipende dal bar… Oppure, mezzo chilo di pane e un chilo e mezzo di pasta, ma nemmeno questo se il pane è di quello ai cinque cereali… Cinque euro… il boccale di birra, media, quando una pizza con amici.. due pezzi di pizza al taglio se in piedi in rosticceria… ah, beh, con un po’ di pazienza e tempo da perdere rovistando sui banchetti dei mercati, anche una o due magliette di marca, sempre che ti piaccia il fuori moda o l’usato…e comunque se le sai portare fa pure chic”
    “Cinque euro… davvero poco, quasi niente …” ha concluso il Randagio scuotendo la testa avvilito. E un po’ mi è dispiaciuto di questo suo turbamento che ancora non lo abbandona…
    Tutta colpa mia, che gli ho parlato dello stupore con cui mi hanno pur ringraziato tre persone, tre donne, che la vita e le distratte, feroci dinamiche dell’oggi vogliono respinte ai bordi del nulla… a ciascuna di loro avevo fatto l’elemosina (che parola disagevole…) di “ben” cinque euro. Cinque euro, dei sette tagli di banconota in euro quella con il valore più basso… un caffè due cornetti e un bicchiere d’acqua, forse… ma nell’immagine che me ne ha rimandato lo stupore degli occhi di quelle donne, sembrava, pensate, come il segno di un varco di nuovo aperto sulla vita…
    Racconto anche a voi. I tre incontri.
    Il primo a Termini. Mentre sono ferma per cercare notizie del mio treno sul tabellone delle partenze, mi si avvicina una donna, neanche cinquant’anni, sembra, viso molto sciupato, magrissimo. Magrissima lei, sotto una composta giacchina rossa…
    “Mi può aiutare? Mi dà qualcosa?”
    Cosa le è successo, le chiedo. Non ha l’aria di persona che abitualmente chieda l’elemosina… sembra persona che abbia perso il lavoro l’altro ieri… E infatti:
    “Non ho più lavoro… e sono dovuta andare via da casa… mio marito mi maltrattava…” mormora mentre gli occhi, mobilissimi, passano agitati dai miei occhi allo spazio alle mie spalle e poi tutt’intorno, come a frugare fra l’altra gente.
    “Mi aiuti, sia generosa…”
    Non mi sento particolarmente generosa, penso, mentre le do il biglietto da cinque euro che mi ritrovo in tasca. Aprire la borsa… cercare monete… nella folla della stazione è sempre meglio evitare…
    Ma lei sembra non credere ai suoi occhi. Stringe quei cinque euro al petto e…
    “Ohhhh… cinque euro…!” e non sa dire altro, se non sbarrare gli occhi sul mio imbarazzo.
    L’ho rivista, sempre a Termini, qualche settimana dopo… un po’ più magra, ma sempre dentro un abitino ben stirato… I nostri occhi non si sono incontrati… aveva la testa china sulle monetine che stava contando nel palmo della mano. E chissà quanto avrebbe impiegato a raggiungere cinque euro quella mattina…
    Il secondo incontro. Il mese successivo, forse.
    Dalle parti di San Paolo. Una giovane donna (trentacinque anni? Quasi quaranta? Trenta molto sofferti?), i capelli un po’ stropicciati e legati alla meglio, gli occhi chiari e larghi, ma forse più sbarrati che larghi… Cammina sul marciapiede nella mia direzione. Quando è a un soffio da me ha un attimo di esitazione, mi guarda… poi decide che sì, che può provare a chiedere…
    “Mi scusi se disturbo… ma può aiutarmi? Qualcosa per la spesa…”
    E che dare per la spesa? Una moneta? Che ci si fa con una moneta? “Spero un po’ l’aiuti..” e mentre le do un biglietto da cinque euro comunque penso che tirchia che sono… che spesa farà mai con cinque euro…
    Ma lei sembra non credere ai suoi occhi, non sa come ringraziarmi, e mi dice con fare convulso: “Guardi, abito lì (mi indica una traversa), le do il mio indirizzo… a fine mese glieli restituisco…”
    Macché, non me li deve restituire, non si preoccupi…
    Non riesce neanche a sorridere… “Grazie davvero. Giuro che me li farò bastare…”
    Me li farò bastare… chissà cosa sarà riuscita a fare entrare in quei cinque euro …
    Il terzo incontro è stato con una distinta signora (cinquantacinque anni?), distinta davvero, se non fosse stato per i calzettoni bianchi un po’ smollati dentro i sandali, incontrata nella strada dietro casa.
    “Mi può dare un aiuto? Non ho più lavoro”
    Non si può fare l’elemosina di qualche spicciolo a una signora così… e comunque davvero avevo in tasca solo il biglietto da cinque.
    Anche lei se lo è stretto in pugno, guardandomi interrogativa. Mi ha fissata un po’ incerta (ammetto che non ero messa più ordinata di lei…) e poi mi ha chiesto, come in qualche modo ‘riconoscendomi’ e perdendo per un attimo quell’aria di tremenda solitudine che aveva segnata sul volto: “Ma è sicura che non la metto in difficoltà? Ne è certa?”
    Certo che non mi mette in difficoltà. Altrimenti non glieli avrei dati.
    “Sa… la gente dà solo rametti…”
    Rametti? Poi ho capito … monetine, insomma, uno, due, cinque centesimi… avanzi, insomma. E quanto tempo avrebbe mai impiegato a raggranellare cinque euro?
    Cinque euro, mi sono chiesta dall’alto del mio agio… quale limite segnano…
    “Sai che penso?” mi ha risposto il Gatto. “Penso che non è certo il valore nominale di quella banconota ad aver stupito le tre donne, a rendere per loro qualcosa ancora possibile… “
    E cosa?
    “Pensa un po’ alle monete che diamo in elemosina… cosa sono per noi… un pugno di spiccioli… li teniamo in tasca, così, come rimanenze… neanche li contiamo, a volte… come avanzi che diamo via senza che per noi nulla cambi. Ricevere una banconota… ci pensi?, si saranno sentite, quelle donne, ancora degne di qualcosa che non è solo un avanzo… Ancora persone insomma, e non mendicanti… mortificante, terribile ruolo nel quale la vita sembra averle ingabbiate”
    La saggezza del Gatto non smette di stupirmi…
    “Cinque euro… “ ha concluso. “l’avresti mai pensato?… un fragile sipario di carta… fra la paura del nulla e la speranza che… me li farò bastare…”

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