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    Raccontare l’odio. Le profetiche pagine di Heinrich Mann

    IMG_20190117_0002“In circostanze normali, una persona incontra nel suo simile solo un odio moderato e molto relativo; e anche egli stesso, con tutto quanto sa della vita, prova grande difficoltà a odiare senza restrizioni e riserve. Certo, si hanno dei nemici e ci si rende conto di questo fatto, ma non si riesce a credere che siano capaci di tutto. Non lo sarebbero, del resto, neanche gli amici. Questi, come quelli, sono fatti proprio come te, giacché anche tu ami oppure odi fino a un certo punto e non oltre. Poi s’impone il tuo scetticismo; ed è bene che sia così, tanto per il tuo benessere fisico come quello spirituale. Un odio esasperato non sarebbe sano per te. Inoltre, sarebbe indegno della tua intelligenza. Tu confronti il nemico con l’amico e constati che entrambi, alla fine, sono esseri umani.
    Occorre essersi lasciate alle spalle parecchie cose prima di darsi decisamente in braccio all’odio. Oppure può darsi che non si sia fatto nessun passo avanti nel campo dell’umana riflessione e del dubbio, e non si sia quindi del tutto civilizzati”.
    E’ la pagina con la quale inizia uno scritto di Heinrich Mann, Der Hass. L’odio.
    Che leggo da un libretto che mi spunta all’improvviso dalla confusione della mia libreria. Un libretto comprato nel secolo scorso (il prezzo è ancora in lire, 16.000), lasciato accantonato di trasloco in trasloco, di libreria in libreria e spunta fuori giusto l’altra settimana e solo ora leggo.
    “L’odio”… nel libricino che ho ritrovato, edito dal Saggiatore e curato da Anna Maria Mandalari, è il primo di una piccola raccolta di saggi e brevi scene dialogate che raccontano, in dettagli di vita quotidiana, l’atmosfera etica sociale e politica della Germania nel 1933, anno della definitiva presa di potere del regime nazista. Heinrich Mann, che ne fu tenace oppositore, ne scrisse dall’esilio.
    Le cose… che non avvengono mai per caso.
    Ché quando chiudo la copertina sull’ultima frase dell’ultima pagina e accendo la radio… ascolto la notizia dell’uccisione, di Pawel Adamowicz, il sindaco della città simbolo di Solidarność, Danzica. Oggi che un articolo di Lucio Caracciolo parla di quel demone nel cuore dell’Europa. E l’Europa siamo noi. E’ anche questa appendice a forma di stivale che sprofonda nel Mediterraneo dove troppo si aizza all’odio, dove si sventolano scalpi per confondere la giustizia con la vendetta, dove ogni giorno si affinano armi per il nemico di turno, dove l’ignoranza della storia arriva a permettere di confondere la verità della vita e della morte di quell’eroe della democrazia che fu Jan Palach…
    Quando ho iniziato a leggere lo scritto di Mann, pensavo solo di aprire una parentesi del mio tempo per tuffarmi in quel tempo passato… ma come sempre la vera letteratura va oltre il suo presente. “Arte e profezia sono rinchiuse nelle tue opere con raro splendore letterario” sono parole di Thomas Mann per il fratello.
    Per questo, non posso altro aggiungere, se non un invito a cercare questo libretto e aprirlo. Vi leggerete di un popolo immiserito e frastornato, di una democrazia che ha preso l’abitudine di posporre le conoscenze intellettuali ai vantaggi immediati… vi leggerete di asservimento, corruzione, disoccupazione… di un pensiero borghese che non ha mai afferrato il vero significato dell’odio… che “se si va troppo oltre, ricade sull’odiatore e lo mantiene in stato di ossessione”, l’odio che, “quando ha raggiunto il vertice, e non ha altro da raggiungere, diventa paura”.
    Leggete e prendete appunti per quanto questi scritti possono insegnare al nostro oggi.
    Anche solo per rendere omaggio alla convinzione profonda che Mann (Heinrich) alla fine prospetta agli intellettuali:
    “Credo fermamente che le fatiche letterarie non restino mai senza effetto, per quanto il mondo sensibile possa tardare a venirne a conoscenza. L’uomo futuro potrà dimostrarsi all’altezza di un giusto modo di agire se noi avremo perseverato nel linguaggio della verità”.

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