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    Viaggio a San Gimignano

    Andando. Da Roma fino a San Gimignano, per andare a trovare Mario Trudu, che nel carcere di San Gimignano è stato trasferito… No, non a Nuoro dove aveva chiesto e sperava, per avvicinarsi dopo 34 anni alla famiglia, ma questa è un’altra storia. Dunque, andando da lui per la revisione ultima delle bozze del suo “Totu sa beridade”… a Ranza, per essere precisi, che è località a un pugno di chilometri dal bellissimo borgo di San Gimignano. Per la verità il nostro Mario si era affannato a fermarmi. Tre lettere in sequenza, a distanza di pochi giorni, mi aveva mandato, per dirmi che tutto bene e che per favore mi levassi dalla testa l’idea di arrivare fin lì, che è cosa davvero complicata, specie per chi non voglia o non possa arrivarci in automobile…. per la verità me l’avevano detto anche altri, che poi non c’è mezzo pubblico che percorra i sei chilometri che vanno dal borgo a Ranza… ed è questa, complicazione in più per i parenti di chi lì è detenuto…

    Comunque in qualche modo fino a San Gimignano ci sono arrivata, e il paesaggio è sempre una gioia che di tutto ripaga… Ma poi al carcere bisogna pur arrivare. E prima di arrendersi all’idea del tassì, così, per principio, ho iniziato a chiedere a destra e manca, perché se alla Pro loco mi avevano detto che una navetta la mattina c’era, quando sono andata in cerca dei biglietti ho incontrato solo sguardi interrogativi… (…) Sguardi interrogativi e stupiti anche di ogni persona alla quale per le vie del borgo mi sono rivolta per chiedere… vecchi, giovani, di mezza età… nessuno che sapesse… nessuno soprattutto che pronunciasse la parola “carcere”… o che ne alludesse l’esistenza… Eppure, a parte alcuni agriturismo della zona, tutti ben provvisti di pulmino per le esigenze degli ospiti, è l’unica grande costruzione… lì, oltre la prima valle… E quando ero io a pronunciare la parola carcere… pur cortesissime persone… mi hanno guardato con occhi smarriti… come di fronte a persona alla ricerca di un luogo fantasma… dove a nessuno per carità era mai capitato di passare, luogo con cui è bene non avere confidenza e che neppure è bene pronunciare… Bhè alla fine, per la cronaca, intanto è presto svelato il mistero del pulmino: in realtà è uno scuola bus che da Ranza passa e che comunque solo durante i mesi di scuola funziona.  

    Molto bello, comunque, struggente persino il cammino di quei sei chilometri per arrivare al carcere … si intravedono i sentieri che portano agli agriturismo, così ben affogati nel verde e nell’aria pulita… una discesa, una valle, una salita, curve curve dolci curve… e poi una struttura schiacciata dal sole in una breve conca… E la immagini già fornace, e la immagini già ghiaccio d’inverno… e il primo pensiero è perché mai queste strutture debbano essere pensate sempre e comunque perché dentro vi si soffra… pena aggiunta alla pena… pena per tutti, compreso chi lì dentro ci lavora… agenti penitenziari, funzionari, educatori, che ho trovato, devo dire, tutti di estrema cortesia… quasi tutti, quelli che incontrato, lì approdati da una delle regioni del nostro sud.

    E per ora mi fermo qui… con ancora nelle orecchie il suono della poesia che Mario mi ha letto… per raccontare il piacere provato, quando ha visto che dalla sua cella poteva vedere il verde e le piante, come non ne vedeva da tempo infinito… ah, il disegno dell’albero è di Mario… come tutti quelli che saranno nel suo libro…

     

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