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    Viaggio a San Gimignano, il ritorno…

    Ah, altra breve, piccola notarella… pensando a percorsi, a prigioni altre… Rientrando, così come all’andata, con mezzi pubblici, e avendo scelto gli autobus, perché almeno una linea diretta e relativamente veloce Roma- Poggibonzi c’è… Preso alle 12,30 il tassì da Ranza a San Gimignano, e poi l’autobus da San Gimgnano a Poggibonzi. Poggibonzi, appunto… dove passa l’autobus della compagnia scelta. Con un po’ d’anticipo, per stare tranquilli. Così ho il tempo per un pranzetto, poi una sosta a un bar… dove ci sono alcune donne che ciarlano fra loro. Si capisce subito che sono dell’est, e a poco a poco praticamente tutti i tavolini del bar sulla piazzetta si affollano. Giovani, meno giovani, tutte come a godersi gli incontri per la pausa… in attesa della sera che verrà… a scambiarsi racconti in una lingua mista di italiano ed echi dell’oriente a noi più vicino. Ben vestite, come quando si va per un thè in visita alle amiche. Simpatiche e garbate, anche quanto allontanano un ragazzo nero venuto a vendere la sua mercanzia… e la ragazza nera che si affaccia dietro di lui neanche si avvicina. Insomma incroci di razze, e chi è un gradino più avanti.. e chi ha ancora tanta tanta strada da fare… e che stia fuori dal mio recinto…(…)

    Poggibonzi, dunque… che non è fermata “principale”, non è grande snodo di traffico, ma per fortuna che l’autobus passa di lì, senza che ci sia bisogno di raggiungere Siena ( quattro cambi, come all’andata, non li avrei retti questa volta… anche per via del sole a 30 gradi e più, a picco sulla testa fra un’attesa e l’altra…).  Per fortuna dunque che passa di lì, anche se la fermata è un palo… un palo della luce? Non ricordo, non ho pensato ad annotare, stordita com’ero dal caldo trascinato fino al quasi tardo pomeriggio… Un palo con un breve cartello e neanche l’ombra di una pensilina ( quella è solo di fronte, per i bus cittadini), davanti un parcheggio, sul limite di un breve corso d’acqua, al limite della provinciale, (provinciale?, o comunque strada che fa da anello intorno al centro cittadino), di fronte a una pompa di benzina… gentilissimi quelli della pompa, ad indicarmi il palo che non avevo e forse non avrei presto individuato. A rischio di perdere il passaggio…

    Comunque l’autobus arriva, praticamente puntualissimo, solo cinque minuti di ritardo sulla tabella di marcia. Finalmente lì mi accascio. E mi fa piacere citare il nome della compagnia, Baltour, perché il ritorno Poggibonzi- Roma è stato un volo. Comodo, tranquillo, puntuale, e, non so se riesco a spiegare, l’autobus non puzzava d’autobus… quella strana mescolanza di odore di benzina, materiale plastico e polvere che, almeno a me, dà la nausea. Questo viene da Milano, e prima ancora, mi sembra, da Venezia. A Roma ci sarà il cambio per chi deve andare ancora, ancora più giù… una signora accanto a me arriverà l’indomani mattina a Rosarno..

    E qua e là orecchiando e cogliendo battute di chi è lì intorno… quello che si capisce è che sono queste compagnie di autobus a fare il servizio di treni che non ci sono più. Già. Li ricordate i notturni? Che partivi la sera da una città del sud e arrivarvi la mattina dopo.. Milano, Torino… C’è che sui treni si dormiva, pendolari del lavoro, pendolari della vita, anche…  Sacrificati alla logica della velocità e dell’efficienza (?) e persino delle esigenze del turismo, ho letto da qualche parte… ma invito a fare un viaggio in periodo di punta con uno qualsiasi dei colori delle frecce… si capisce subito si tratta di treni concepiti per viaggiatori “leggeri”… insomma con poco più che una ventiquattr’ore, quarantotto và, da sistemare sulla testa… per tutti gli altri son dolori… il vagone è un’improbabile, strettissima gabbia…

    La buona notizia, comunque, è che il popolo pendolare di lunghe tratte non è morto, eliminato, soppresso come i suoi treni, come anch’io forse avevo pensato,… si è invece tutto trasferito, dalla rete ferroviaria a quella asfaltata… con pazienza, puntigliosità, grande capacità di sopportazione…

    Resilienza… avevo tempo fa scoperto questa parola, che così bene per tanti versi, diritti e contrari, ci si attaglia…  La resilienza in psicologia connota la capacità delle persone di far fronte ad eventi stressanti… in ingegneria si dice della capacità di un materiale di resistere a sollecitazioni impulsive, di conservare o di “riacquistare la propria struttura dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o a deformazione”… Un po’ forzando, forse, ho pensato a queste comunità viaggianti schiacciate e scacciate da vie che le erano abituali, ma che poi su altre strade sono riapparse… come l’acqua dei torrenti quando imprigionata e sotterrata per far posto a vie d’asfalto… e che da qualche parte, prima o poi rompe gli argini e riprende la via…

     

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