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    da Gerusalemme

    Ripensando a Gerusalemme. Leggendo, della prima udienza sul caso di due famiglie sgomberate illegalmente, che si terrà martedì prossimo. Ricordando, il quartiere di Sheikh Jarrah. Dove ogni venerdì centinaia di israeliani e palestinesi, insieme con attivisti internazionali, pronunciano la loro protesta contro la politica di “giudeizzazione della città”. Una notizia che non fa notizia. Per chi è costretto ad essere straniero nella propria città, ritornano alla mente i versi di  Mahmoud Darwish. “Ricordate! Sono un arabo / E la mia carta d’identita’ e’ la numero cinquantamila / Ho otto bambini / E il nono arrivera’ dopo l’estate. /(…)./ Le mie radici / furono usurpate prima della nascita del tempo / prima dell’apertura delle ere / prima dei pini, e degli alberi d’olivo / E prima che crescesse l’erba./ (…) / Ricordate! / Sono un arabo. / E voi avete rubato gli orti dei miei antenati / E la terra che coltivavo / Insieme ai miei figli, / Senza lasciarci nulla se non queste rocce, / E lo Stato prenderà anche queste, / Come si mormora. / Perciò! / Segnatelo in cima alla vostra prima pagina: / Non odio la gente / Né ho mai abusato di alcuno / ma se divento affamato / La carne dell’usurpatore diverrà il mio cibo. / Prestate attenzione! / Alla mia collera / Ed alla mia fame!” Spigolando, fra i versi di “Carta d’identità”. (foto LRC, Land Research Center)

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