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    Se ti parlo, mi parlo

    SE TI PARLO, MI PARLO”, Eduardo e Luca De Filippo lettere 1949-1979
    A cura di Maria Procino (Guida Editori)

    Un prezioso libro presentato giovedì scorso a Napoli. Ce ne parla Daniela Morandini, che ringraziamo…


    “Napoli. A dieci anni dalla morte, la Fondazione De Filippo ricorda Luca con la pubblicazione delle lettere tra padre e figlio. Un lavoro complesso, perché non è facile mettere le mani sulle vite degli altri, soprattutto quando il privato di chiunque viene esibito, manipolato, sbattuto in prima pagina e moltiplicato all’infinito in rete. Un lavoro ancora più delicato se questo privato si chiama De Filippo.
    Tommaso, figlio di Luca, in un primo momento era titubante:
    “Mi sembrava che gioie e specialmente certi dolori così profondi dovessero rimanere custoditi nel silenzio”.

    Ha poi ritenuto che quel legame così forte, nato anche dalle ferite, fosse da condividere. E’ forse quella filosofia che alla fine del ‘900 sosteneva che il personale è politico e, a volte, anche cultura.
    Così Maria Procino, archivista e storica, entra in punta di piedi nel rapporto tra i due protagonisti e, con rigore, sceglie:
    “Ho eliminato le parti più private. Non tutte le lettere sono in queste pagine – spiega – come quella che Luca scrisse a Luisella, la sorella che non c’era più. E’ conservata, ma non sarebbe stato corretto pubblicarla”.
    Francesco Somma, a nome della Fondazione, e Diego Guida, l’editore, ricordano l’impegno e la sensibilità di Luca, uomo, attore e regista. Claudio di Palma, che già aveva portato queste lettere al Campania libri Festival, ne legge alcune.
    Il primo scritto di Eduardo a Luca, che ha ancora pochi mesi, è un telegramma: “Durante la commedia Le voci di dentro ti ho portato con me in scena”. Il figlio è già il suo interlocutore interno e la poesia che Eduardo gli dedica è in apertura del libro:

    Si te veco mme veco
    Si te parlo mme parlo
    (…)


    Lo studio di Maria Procino organizza gli originali, che accorciano la distanza da un padre lontano:
    “Mio caro Luca, sto girando l’Italia in lungo e in largo da quasi tre settimane (…)”.
    “(…) ti voglio un sacco di bene (…) ti trovo talmente simpatico(…)”.
    “E’ ora di smontare l’idea che Eduardo fosse rigido, inflessibile”, sottolinea Carolina Rosi, vedova di Luca De Filippo e ora in teatro con Non ti pago, l’ultima regia del marito.
    “Se Eduardo fosse stato una persona fredda, non avrebbe scritto quello che ha scritto. Certo, era intransigente sul palcoscenico, ma era giusto così ed io di padri intransigenti ne so qualcosa…”
    E in sala l’applauso va anche a Francesco Rosi, l’autore, tra l’altro, di Le mani sulla città.
    Qui, nel palazzo che fu di Scarpetta, si intersecano le presenze di figli e di padri, di attori e di maestri della cultura italiana. Su uno schermo scorrono le immagini dei due De Filippo. Uno scatto in bianco e nero ritrae un bimbo con il vestito bianco e il cappello a pan di zucchero: il pensiero va a John, “Il figlio di Pulcinella”, scritto da Eduardo nel 1958.
    Il legame tra i due è sempre più forte e l’immediatezza è immutata, Procino non corregge le frasi scritte in modo sbagliato da Luca bambino:
    “Caro papà e cara mamma vi auguro in questo santo giorno tanta felicità. Vi prometto che l’anno nuovo saro più buono. Scusatemi se qualche volta vi ho fatto arrabiare, credo che voi mi abbiate perdonato, e scusatemi anche se scrivo questa lettera in un foglio di di carta, ma non mi sono ricordato di prenderne una con quelle cosettine che luccicano. Pero questa lettera io la ho scritta col cuore e credo che questo vi basti”.
    Torna alla mente la letterina infantile e provocatoria di Tommasino, in Natale in casa Cupiello:

    Cara madre(…)

    Ma l’infanzia di Luca non è semplice, a dodici anni perde la sorella Luisella, poi la mamma, Thea Prandi. Il giovane De Filippo decide di andare a studiare a Salerno, al Collegio Colaiuti:
    “Caro papà, dovresti dire a Isabella di mandarmi un pacco con generi alimentari di prima necessità: carne in scatola, ecc. Roba sostanziosa come del formaggio, ecc. Tutto abbondante (…)”.
    E il pensiero va ancora a Tommasino in Natale in casa Cupiello:

    Voglio ‘a zuppa ‘e latte.

    Ma se in chi legge realtà e finzione si intrecciano, il rapporto tra questo padre e questo figlio lascia righe d’affetto, di insofferenza, di teatro:
    “(…) Il successo è tuo! Il trionfo sarà tuo! La gioia sarà tua e mia. Un abbraccio e un bacione fraterno. Papà”.
    Eppure, da queste vite arrivano anche frasi di tutti e di tutti i giorni:
    “Caro papà, mi dovresti fare la giustificazione per domani mattina (…)”.
    Ora la parola spetta ancora a Tommaso De Filippo:
    Sono cresciuto comunicando con mio padre in modo diverso. Ci telefonavamo, ci raccontavamo a voce, la corrispondenza non era abituale, non esisteva nemmeno WhatsApp. Così, tutto ciò che ci siamo detti è rimasto affidato solo alla memoria. Forse anche per questo nutro una certa gelosia, sapendo che il nostro rapporto non è stato impresso nella scrittura come il loro, perché in queste lettere Eduardo e Luca si incontrano e si ritrovano nel luogo più intimo della loro relazione: la parola scritta”.

    Daniela Morandini

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