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    A un semaforo

    Fermi al semaforo, in attesa di ripartire. Lei è di nuovo lì. La stessa di qualche mese prima. Forse un anno prima. E c’è da stupirsi che sia ancora viva. Dopo un anno. Sottile sottile, scalza e avvolta in un lungo cappotto, ora che è ancora estate. Lo stesso di quando era inverno. I capelli sulle spalle. Sporchi di biondo. Il viso minuto. Un triangolo spigoloso. Perfetto. E gli occhi grandi e smarriti. Allunga la mano con molta discrezione. Quasi non la allunga affatto. Persa piuttosto dietro pensieri. E con un gesto invisibile accetta le monete, quasi la cosa non le importasse molto. Con le mani giunte in un saluto. Ma gli occhi sono già da un’altra parte. Lontanissimi. Chiari e molto belli. Sospesi nell’altrove. Di un’estasi, forse. Pensandoci un pò su… Forse non era diverso lo sguardo di un santo o un eremita dei tempi che furono. Forse non era diverso il loro sentire. Straniato e straniante. Di quando scendevano a predicare la loro verità alla gente. Solo, adesso, non ci sono parole da seminare sul selciato. Non c’è gente disposta a fermarsi ad ascoltare quello che avesse da dire. Forse, la differenza, è tutta qua.

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