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    Canto di ferragosto….

    sirenettaSarà il caldo… sarà il mare… Un vizio di mezz’agosto: scorrere pagine di appunti presi nel tempo sulle Sirene, che è miraggio che tutti, diciamo la verità, abbiamo cercato, scrutando l’orizzonte. Proiezioni di sogni, affascinanti e oscuri, dentro di noi…
    Vedete? Quel riflesso guizzante sulle onde… Già vi tendete, sperando, e temendo, di sentire arrivare il canto, ma… “Ora, però, le sirene hanno un’arma ancora più fatale del canto, il loro silenzio”. Così Kafka, che arriva a squarciare, con i lividi lampi delle sue visioni, verità a noi contemporanee. Come solo i profeti sanno fare. Un silenzio, ci suggerisce Kafka, anche antico, se, rileggendo la storia di Ulisse, ipotizza che l’eroe greco “credette” che le sirene cantassero, ma non udì il loro silenzio… mentre “mai così belle, si tesero e si torsero, lasciarono ondeggiare liberi nel vento i loro orridi capelli. Aprirono, nudi, gli artigli sulle rocce. Non volevano più sedurre, volevano soltanto afferrare, finché era possibile, il riflesso lucente degli occhi immensi di Odisseo”.
    Per capirne qualcosa, e attraversare la storia degli infiniti riflessi lucenti che le sirene avessero nel tempo afferrato, sono finita per inciampare in un fantastico testo: “Il libro delle Sirene”. L’autrice è Meri Lao, donna che vive a cavallo fra più mondi e più complessa e ricca e profonda non si può…
    Un testo davvero audace, utilissimo se, in attesa di vedere avvicinarsi la vostra personale Sirena, volete perdervi nella storia del mito, e osare seguirne le tracce dentro e fuori di noi, per provare a decifrarne la voce e i silenzi…
    Troverete, nelle mille e mille volte che le sirene sono riaffiorate nei miti, nei sogni, nelle narrazioni, nelle tracce su mura e pietre, fantasie e verità che entrambe albergano in noi.
    Spigolando qua e là.
    L’alchimia fa della Sirena un simbolo positivo, “significando la sirena la congiunzione dei contrari, il proposito alchemico di rendere esterno quel che è interno, spirituale ciò che è corporale, metafisico ciò che è naturale”.
    Ma si racconta anche del caso del capitano John Schmidt che testimonia di una sirena incontrata vicino a un porto canadese, nel 1610. “Con un’insistenza disdicevole al gentil sesso, ella voleva a tutti i costi salire sulla nave, però sia lui che i marinai la respinsero terrorizzati percuotendola con canne e bastoni finché non la videro scomparire sott’acqua”. Storia di antichi respingimenti…
    D’altra parte la nostra avversione per “esseri difformi” attraversa i secoli. E se un monaco benedettino scriveva nel suo trattato, a cavallo fra il ‘600 e il ‘700, che “è il caso di supporre che siano nati dal coito perverso fra individui di due specie”, marinai e pescatori in Spagna erano spesso costretti a firmare atti notarili in cui giuravano di “non intavolare commerci con le Sirene, qualora le incontrassero”.
    E che dire di questo colloquio? (tratto da Ondine, commedia degli anni trenta)
    “Regina: – Puoi dire la verità o mentire, bambina mia, non ingannerai nessuno e offrirai agli uomini la cosa che odiano di più.
    Ondina: – La fedeltà?
    Regina: No. La trasparenza. Ne hanno paura. Sembra il loro peggior segreto. Quando Hans vedrà che non sei un rimasuglio di ricordi, un cumulo di progetti, un mucchio di impressioni e volontà, avrà paura. e tu sarai perduta. Credimi. vattene, salvalo!”
    Guardandoci dentro, guardandoci intorno…
    Riesce a scovare, Meri Lao, sirene sopravvissute persino nel nostro mondo di detriti industriali…
    Narra ad esempio la storia dell’argentino Rodolfo Wilcock che ne incontra una su un fiume.
    “… sotto il relitto nerastro di una barca, un mucchio di legni marci incastrati nel fango, tra scatole arrugginite, bottiglie, scarpe viscide (…). Non riesce nemmeno a tenere puliti i capelli. Ha soltanto un vecchio pettine, rotto, di plastica nera che si impiglia sempre in qualche porcheria… pezzetti di carta, bucce d’arancia…! Insomma, quando cerca di uscire per respirare i bambini le gettano sassi, gli uomini le propongono sconcezze”. L’unico che si preoccupa di lei è un impiegato del comune che ogni tanto la cerca per via di tasse che non ha pagato. Insomma l’ultima sirena è molto depressa e “già ben due volte ha tentato il suicidio con quei tubetti di barbiturici che in primavera trascina la piena”.
    E mi fermo qui, che sono sicura siete già corsi a cercare il libro. Il testo che ho io è Di Renzo Editore.
    E siccome sono campana, vi consiglierei vivamente anche “La santa e la sirena”, narrazione di Elisabetta Moro, napoletana d’adozione, sul mito di fondazione di Napoli. Per celebrare ferragosto con un pensiero al canto e alla diversità. Alla rifondazione e a rifondazioni che nascono dall’arrivo di qualcuno che forse non ci somiglia, o somiglia a qualcosa di bellissimo e bruttissimo che è anche quella metà nascosta nel fondo di noi, difficile da affrontare se, come ci ha insegnato Jung l’incontro con se stessi è una delle esperienze più sgradevoli. E non ci sono “respingimenti” che valgano.
    E’ vero, oggi le sirene tacciono. Il loro silenzio, più violento delle grida. E ascoltate bene Kafka: “è forse pensabile, sebbene non sia mai successo, che qualcuno possa salvarsi dal loro canto, sicuramente non dal loro ammutolire”.
    Allo sguardo di sirene ammutolite, vien da pensare, davanti ai corpi che continua a restituire il mare.
    Non c’è che da sperare, per tutti noi, che le sirene tornino presto a cantare…

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