More

    dalla parte degli agnelli… e di polli e polpi…

    Gatto Randagio, domenica scorsa, ha scritto un pezzo apposta per rovinarvi il pranzo della Pasqua. Anche se vi può sembrare che la prenda da lontano… Lo riprendo, dunque, anche s ela pasqua è passata, per “rovinare” ogni pranzo celebrato sulla pelle di animali…

    Dunque. “In un racconto de Le mille e una notte’ si legge che la Terra e gli animali tremarono il giorno in cui Dio creò l’uomo. Questa folgorante visione degna di un poeta, assume al giorno d’oggi pieno significato, dal momento che sappiamo, ancora più del narratore arabo del Medioevo, a qual punto la terra e gli animali avessero ragione di tremare”. Lo scriveva Marguerite Yourcenar in un articolo che potete trovare ne ‘Il tempo, grande scultore’. Il cui titolo è un sospiro interrogativo: ‘Chi sa se lo spirito delle bestie scenda giù sotto terra’, che rimanda ai versi dell’Ecclesiaste…Chi sa se lo spirito dell’uomo salga in alto,/ e quello delle bestie scenda giù sotto terra?’

    Sappiamo? Pensando alla mala morte che, attraverso una ancora peggiore vita, porta a imbandire le nostre tavole. Mi è capitato di vedere (…) ( e vi invito ad andare a vedere) allevamenti e gabbie e macelli. E mi è venuta, con l’urgenza di una risposta, questa domanda: può il piacere della mia gola valere tanto dolore? La risposta, immediata, la potete immaginare. Ma poi me ne sono fatta un’altra, di domanda. Può la mia vita valere tanto dolore? Bèh, non per svalutarmi, ma la risposta è ancora “no”. E non è un sacrificio da eroi, viste anche le alternative per alimentarsi bene (gustosissime vi assicuro) che pure esistono…Un amico mi disse un giorno di aver smesso di mangiare agnelli, dopo aver visto un gregge di pecore alle quali erano stati appena sottratti gli agnellini. Avevano tutte il muso rivolto verso il camion che li portava via. Con un lamento lunghissimo, sempre guardando in quella direzione, per giorni, hanno pianto. Sì, le pecore piangono, mi ha confermato un pastore, quando portiamo via gli agnelli…

    Se sono riuscita a insinuare perplessità, per un’indagine di carattere teologico, addirittura, se volete, rinvio alle riflessioni di Paolo De Benedetti che prospetta l’ipotesi che gli animali possano avere un’anima, e racconta il Dio di Qoelet come Dio creatore dell’uomo sì, ma a immagine e somiglianza degli animali, non di Dio!. “Il che – precisa il biblista – non è disonorevole, sia ben chiaro: gli animali, per molte cose sono superiori all’uomo…”.

    Sappiamo? La mia risposta, io che non sono teologa né biblista, la cerco nelle pagine di romanzieri, e l’ho trovata nelle parole di Kundera che da un po’ di tempo propongo e ripropongo:. “Il vero esame morale dell’umanità, l’esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell’uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri”.Mi era tornato questo pensiero, vedendo casualmente accostate le immagini di una cucciolata di cagnetti trovati nella spazzatura, e un mucchietto di corpi di bambini ancora sporchi delle macerie della loro casa bombardata. Perdonatemi, ma non vedo la differenza… entrambi vittime del nostro potere su chi è più debole di noi… due delle tante cose alla nostra mercé, e l’elenco potrebbe essere lungo… 

    Ma restiamo seduti alla nostra tavola imbandita per la Pasqua. C’è un altro aspetto discutibile della nostra ingordigia contemporanea. L’ha riassunto benissimo in una battuta il macellaio sotto casa, al termine di una breve, civile conversazione: “Però… certo, quello che nun va’… è vero signo’… è lo sterminio de’ massa”. E il grande spreco che ne deriva.

    E ancora un pensiero ad animali e bambini, e alla sottile intesa che li lega. Forse, spero, questo vi farà sorridere.

    Tempo fa, al mare con figli di amici. Mare del Sud, padre subacqueo. Che riemerge orgoglioso stringendo in pugno un polpo. Che, salito sullo scoglio, sbatte violentemente e ripetutamente sulla pietra ( i polpi si uccidono così). A quella vista i due figli, (bambino di quattro anni e bambina di sei) iniziano a piangere: “Perché lo hai ucciso… perché… povero polpo…!”

    A nulla sono servite le carezze della madre, le parole del padre. Che, definitivamente imbarazzato,  ributta il polpo morto in mare. Ma i bambini sembrano ancor più contrariati. Dal pianto passano al rimprovero: “E perché lo hai buttato via? Ormai lo hai ucciso, almeno potevamo mangiarlo!”  

    Questa favola di morali ne ha due. Prima morale: se vedeste la mala morte di tanti animali, c’è qualche  probabilità che non ne mangereste più. Seconda: se pensate ancora che il vostro piacere valga tanto dolore, o se per presunta ‘devozione e tradizione’ state lì lì per addentare il vostro pezzo d’agnello, che almeno non rimangano avanzi da gettare nella spazzatura. Che almeno il sacrificio dell’animale si compia in pienezza.E comunque, ma devo approfondire, mi sembra di ricordare che alla vigilia del sua condanna, Cristo, al tavolo della cena del tradimento, ‘spezzò il pane e versò il vino’. Non mi sembra di aver letto, e in ogni caso non mi piace pensarlo, che abbia offerto un aperitivo e addentato cosciotti d’agnello…

    Buona Pasqua a tutti…

    Ultimi Articoli

    Mamas e fillas

    Aspettando gli Avi

    Malarazza

    Il tredicesimo apostolo

    Archivio

    Tag

    Articolo precedente
    Articolo successivo