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    IL 27 settembre davanti al Cpr di Ponte Galeria

    Cari amici e amiche,
    stiamo attraversando l’Italia per arrivare davanti le mura dei luoghi dove siete rinchiusi. Una condizione che è ingiusta e dolorosa e che voi ogni giorno denunciate.
    Vorremmo farvi arrivare la nostra voce, e un pensiero forte di solidarietà, perché sappiate che la vostra lotta per la libertà è forte e coraggiosa e non cade nel nulla.
    Il nostro viaggio è guidato da un cavallo azzurro che rappresenta per noi la storia della lotta contro ogni forma di detenzione e crede in un mondo senza confini.
    Ha ormai più di cinquant’anni il cavallo, si chiama Marco, e da quando è nato è andato davanti prigioni, ospedali, manicomi (quando esistevano). Marco Cavallo è un simbolo di LIBERTÀ.
    Oggi siamo qui, a portarvi il nostro abbraccio, per dirvi che nessuno e nessuna di voi è solo, e che siamo in tanti e tante a batterci insieme a voi perché questi posti vengano chiusi per sempre e venga cancellata la legge che li ha fatti nascere. Tutti e tutte devono tornare ad essere liberi. È terribile e vergognoso che si possa finire in una prigione per un documento scaduto, un permesso irregolare, per aver passato un confine. Non si può imprigionare la libertà di movimento.
    Oggi siamo qui fuori, e vorremmo che riusciste a sentire le nostre voci. Ma soprattutto siamo qui a raccogliere le vostre voci, le vostre testimonianze, per portarle fuori il più possibile, pronunciando i vostri nomi. Voi, che ogni giorno ci insegnate cosa significa battersi contro le frontiere, la violenza e le disuguaglianze, per un mondo più giusto
    ”.

    E’ il messaggio letto ad ogni tappa del viaggio di Marco Cavallo nei Cpr. Ne abbiamo parlato del progetto lanciato dal Forum salute mentale per portare i riflettori su quei luoghi che rappresentano “l’istituzione totale” nelle sue forme più aberranti, ‘lager’ sono stati definiti da chi vi è entrato, molto richiamano gli Ospedali psichiatrici giudiziari, somma, se possibile, di Manicomio e Carcere. Come testimoniano le tante testimonianze e denunce fatte negli anni da Parlamentari, Garanti, Sanitari e associazioni che si occupano di tutela dei diritti della persona, nei Cpr vengono distribuiti in misura massiccia psicofarmaci, anche in assenza di medici, anche in assenza di prescrizione medica, mentre le condizioni di vita all’interno non garantiscono salute fisica e mentale a chi vi è recluso. Punto centrale, per il Forum, opporsi “al ritorno ad una psichiatria garante dell’ordine e controllora del comportamento di uomini e donne detenute/i”.
    Un viaggio particolarmente importante in questo momento di erosione dei diritti che riguarda tutti noi.
    E quindi eccoci. Marco Cavallo ha iniziato il suo viaggio il 6 settembre, partendo da Gradisca d’Isonzo. Gli altri appuntamenti il 20 a Milano, il 27 a Roma, il 3 ottobre a Palazzo san Gervasio, l’8 a Brindisi, per concludersi il 10 a Bari. Per chiedere la chiusura dei Cpr e l’abolizione della detenzione amministrativa, da cui questo orrore discende.
    Ovunque per vessillo bandiere di scarto. Come quelle portate dagli ospiti del manicomio di Trieste quel lontano giorno del febbraio del 1973, quando al seguito di quella straordinaria macchina teatrale che è Marco cavallo attraversarono le vie di Trieste. Segnando un punto di non ritorno nella lotta per la libertà, contro le istituzioni totali. E anche oggi, ad ogni tappa, il colpo d’occhio di quei ritagli di stoffa cuciti insieme, coloratissimi, è stato ovunque bellissimo.
    A ricordare che nessuno è “scarto”.
    Non è scarto, Iulius che:
    Io non sto bene sono schizofrenico, ho tutte le carte. Ho bisogno dei miei farmaci, non posso stare rinchiuso. Non hanno nemmeno letto cosa ha scritto il mio psichiatra. Non lo sanno cosa può fare uno schizofrenico quando è rinchiuso. Io qui mi ammazzo. fatemi uscire, devo uscire di qui. Perché sono qui? Perché non sono libero? la mia situazione è già un casino, perché mi tengono qui? io non ho fatto niente. sono schizofrenico. sono schizofrenico. Che posto è questo, sembra una gabbia per uccellini. Io non sono un uccellino. sono un uomo. un uomo con tanti problemi. fatemi uscire.

    Non è scarto Mohammad che:
    Io sono in Italia da più di 15 anni, non so più nemmeno come è il mio paese. Ho
    fatto il mediatore e partecipato tante volte alle manifestazioni per i nostri diritti in piazza ed in tante città. A un certo punto ho avuto difficoltà, ho perso il permesso e dopo qualche mese sono finito qui. Tutto cancellato, tutte le mie parole nel cesso. La parola diritti che ho gridato tante volte qui è morta, finita per sempre. Questa è una gabbia per scimmie. Se hai bisogno di medico, non viene e dobbiamo urlare tutti insieme e spesso non basta perché dobbiamo accendere il fuoco così qualcuno viene. Qui ci sono due che non parlano nemmeno, non so se perché sono muti, ma insieme hanno qualcosa che non va eppure vedi….stanno qui. Come fanno a stare qui? si vede che hanno tanti problemi. Io non ce la faccio più, non prendo i farmaci per dormire che danno a tutti, ma non ce la faccio più…. Sono arrabbiato ora. Sono stato 7 anni in carcere ok, ma il carcere era meglio che stare qui. Ora ammazzo qualcuno anche qui così torno in carcere. Meglio. Sono qui da 10 mesi! sai quante cose si possono fare in 10 mesi. Qui non facciamo niente. Niente. Il cibo fa schifo ed è scaduto. Ogni giorno qualcuno si taglia, perché non ce la fa più. Ci stanno giorni dove ci sta tanto sangue e, uno qui va a vedere e sente l’odore del sangue…

    Non è scarto Hafed che:
    : “Sono qui ormai da 11 mesi. Sai cosa mi ha fatto questo posto? si dice che un lupo
    se ben trattato può diventare domestico; qui da animale domestico mi hanno trasformato in un lupo. Io non so come possano pensare che io possa restare qui. Ci sono i bagni alla turca, io non riesco a fare i miei bisogni, devo farmi accompagnare perché altrimenti cado. Dicono che sono idoneo a stare qui, ma ho un problema al respiro da tanti anni e ho questa cosa che non riesco a fare i mie bisogni. E’ sempre più difficile. Non ce la faccio più. Questo non è un posto normale. questa è Guantanamo..

    Non è scarto Hassan che:
    Ad un certo punto mi sono davvero arrabbiato. Chiamavo il medico ogni giorno e
    non mi curava mai. Io qui mi sono fratturato le gambe e mi hanno ingessato: un mese una gamba, un mese l’altra. Normalmente non potrei stare qui…e invece in questo cpr non mi hanno fatto uscire mi hanno lasciato qui e non riesco nemmeno a camminare bene. Quindi sì ho protestato e ho bruciato un materasso. Sai che hanno fatto? mi hanno portato in isolamento con un altro con il mio stesso problema. Abbiamo protestato anche lì e sono entrati con scudi e manganelli in tanti…non so quanti…dieci forse. A lui gli hanno fatto due punture (sedazione forzata). Due! ha dormito per 4 giorni. E dopo anche a me hanno fatto una puntura dietro la testa. Per diversi giorni non riuscivo a svegliarmi. Adesso ho mal di denti da marzo, mi fa malissimo. Mi accompagnano dal dentista che non ci sta mai! io ho un dolore impossibile, impossibile. Qui poi ti riempiono di psicofarmaci: scrivono che ti danno 3 pillole, ma a me ne danno 9. e io non so nemmeno che cosa è..

    Non è scarto Marie che:
    Sono stata badante per tutta la vita in questo paese. Sono georgiana. Non mi hanno mai fatto un contratto, nemmeno uno. E’ stato molto difficile per me. Ho abbandonato mia figlia. Ho solo le sue foto che mi manda mia madre, ma io non ho potuto vederla crescere. Sono stata qui a crescere i figli degli altri, a pulire il culo delle madri degli altri. Almeno sono riuscita mandare soldi per farla studiare, per farle avere un posto sempre caldo in cui stare. Ma mai, mai nessun documento. Una volta mi hanno anche buttata fuori di casa, perché il padrone voleva fare sesso con me, mi disturbava sempre e io non volevo. Mi diceva “guarda che ti butto fuori, resterai come una cagna in strada e lì vedi cosa ti faranno”. E così mi ha picchiato tanto, tanto, ma io sono scappata via con le mie cose, appena sono riuscita. Non ho trovato nessun aiuto fuori, è stato molto difficile. Poi una ragazza della mia comunità ha deciso di aiutarmi e almeno ho avuto un letto e ho ripreso a lavorare. Ma non voglio raccontare di più. Guarda dove sono adesso. Mi hanno rinchiuso perché loro non mi hanno dato un documento. Mi hanno picchiata e mi hanno rinchiusa.
    Mi hanno umiliata e mi hanno rinchiusa ed io come faccio a mandare soldi a mia figlia ora?


    Queste sono solo alcune delle testimonianze raccolte con telefono S.O.S., da Yasmine Accardo, di LasciateCientrare, che da anni si occupa della condizione di chi nei Centri viene rinchiuso. Queste e tante altre le testimonianze, lette davanti al Cpr di Ponte Galeria, a Roma. E ne riportiamo parte perché più di qualsiasi discorso, di qualsiasi parola, denunciano verità che non vogliamo sentire.

    Pensando al viaggio che Marco Cavallo nell’autunno del 2013 fece per arrivare davanti agli Ospedali psichiatrici giudiziari e chiederne la chiusura. Quei luoghi di violenza e sofferenza infine furono chiusi.
    Magari anche questa volta Marco Cavallo, vogliamo crederci, farà il miracolo.
    E un miracolo, comunque, per ora ha già fatto. Da quando si è rimesso in cammino, ha raccolto intorno a sé tante persone, gruppi, associazioni, che questo viaggio hanno accompagnato, come una marea che è andata man mano gonfiandosi. Ricordandoci che questo paese è decisamente migliore dell’immagine che normalmente se ne dà.

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