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    Piazza libera tutti..

    Tornando, dal Festival di Letteratura Resistente di Pitigliano… ( per la cronaca ,“Piazza libera tutti” il titolo di quest’anno, per “due giorni di arte, musica, creatività, fantasia, indignazione, protesta, provocazione, ma soprattutto, di un futuro liberato da scorie di consumismo, rassegnazione e subordinazione”, parola di Marcello Baraghini, fondatore di Stampa Alternativa e animatore dell’Associazione “Strade Bianche”, che della manifestazione di Pitigliano è ideatore e regista).  

    Nuova occasione per parlare di ergastolo, ergastolani e della condizione estrema degli ostativi. Girando intanto intorno alle pagine di “Cucinare in massima sicurezza”, ricettario di ergastolani curato da Matteo Guidi, libro che ho molto amato anche perché molti degli autori, i cuochi alle prese con i fornelli dietro le sbarre, sono le stesse persone che intervengono nel libro che ho curato con i fine pena mai di “Urla a bassa voce”. E con questo ricettario danno una risposta a una delle prime domande che mi sono posta di fronte alle loro storie e alla loro prigionia estrema… Ma da dove si può mai suggere la linfa che tenga in vita una vita che si vuole morta, in un luogo che della vita è negazione?(…)

    Ecco… un inizio di risposta è proprio lì, nei peperoncini sott’olio dell’amico Cosimo, nella pancetta al pepe di nonno Ciccio, nei ceci e pappardelle di Rocco, nella crostata dell’amministrazione, nel pane della stanza 263… e quasi si sente l’eco della preghiera … Signore, dacci oggi il nostro pane quotidiano…

    Così, nella piazza di Piazza Libera Tutti, si è parlato del riappropriarsi della vita attraverso il cibo,  come si può, con quel che si può, ritrovando gesti visti fare un tempo in casa, chiedendo, chissà, a madri e nonne, queste donne che la vita sanno dare e poi far fiorire, nutrendoci …

    Quanta vita passa per il cibo lo spiega bene  questo ricettario, dove ogni sillaba parla, in realtà, di prigionia, dove ogni parola parla di spazi di libertà impossibilidove, con l’ago e il filo di cotone cucire la pancia al povero animale, si legge, a pag.73 per la faraona ripiena… e ognuno il commento lo faccia da sé.

    Per il resto, si fa il possibile con quel che si può, con  quel che si ha. Con il nulla che si può avere. Leggere per credere.

    E d’altra parte, che cosa mai possono pretendere degli “avanzi di galera”?

    Per questo è stato molto bello, una bella provocazione anche, che sulla piazza di Pitigliano fosse con noi Letizia Nucciotti, donna dagli occhi mobilissimi e umidi e appassionati, che riassumo in un titolo: “Avanzi Popolo… l’arte di riciclare tutto quello che avanza in cucina”, che ci insegna a non buttare e ridare valore e senso a ogni cosa, anche quelle che noi siamo così pronti a buttare via. Come facciamo con gli uomini, in fondo. Con quelli che non ci piacciono più e che in tutta fretta buttiamo via da qualche parte ( in una prigione, in un cronicario, in qualcosa che assomigli a un manicomio… a seconda dei casi e delle evenienze).  Insomma, roba cattiva da buttare in un secchio, metterci sopra il coperchio e non pensarci proprio più. A margine, pensandoci invece un po’: ci siamo accorti che basta la frazione di un secondo, a fine pasto, a trasformare in “sporco e unto” frammenti di quello che un attimo prima è stato nostro cibo prelibato… Pochi secondi, e quale mutazione chimica è avvenuta nei nostri cervelli…

    E invece Letizia dà voce anche agli avanzi, e che avanzi! E che voce… ( fra parentesi, parlando parlando Letizia ha realizzato in diretta per la piazza liberata frittelle alla “sughera”, pag 95 di Cucinare in massima sicurezza, davvero ottime… ho dimenticato di chiedere a Matteo di quale dei nostri ergastolani sia la ricetta).

    E anche il ricettario dei nostri cuochi in cella ha attenzione per tante piccole cose, che noi magari getteremmo via. Il bastone rotto di una scopa, ad esempio: chi di noi penserebbe mai di farne un mattarello… e chi penserebbe mai di usare come pestello la base di una caffettiera, che va benissimo anche come ferro da stiro, a volte… Tanto citata e amata dai nostri avanzi di galera, la Moka Bialetti, che mi sono chiesta perché non chiederne una sponsorizzazione. Credo che nessuno, come Mario Trudu, Ivano Rapisarda, Carmelo Musumeci, Paolo Melis e gli altri… , abbia esaltato così bene le possibili molteplici funzioni di un oggetto tanto comune… 

    Parlando così di piccole cose e del cucinare, delle ricette che diventano libri, del cibo che alimenta la vita anche quando tutto tende a negarla, mi sono venute in mente le parole di Francesca Rigotti e la sua “Filosofia delle piccole cose” ( invito a leggere anche questo libricino, un vero piacere dell’anima..). Sì, un breve trattato di filosofia che riguarda tanti oggetti modestissimi:  dallo scolapasta alla caffettiera, al cestino dei rifiuti. E a proposito del cestino per i rifiuti, dunque, visto che parliamo d’avanzi, di cucina o di galera che siano, viene citato Calvino, che accostava il cestino della carta che abbiamo sotto la scrivania alla pattumiera di cucina, lì per gettare parole, qua per il cibo, l’uno e l’altra avanzi di nutrimenti, lì per l’anima, qua per il corpo, gli uni e gli altri che non ci piacciono più e per sempre andati a male… Ma bisognerà pure, dice la filosofa, ricominciare a pensare e a riflettere per ritrovare la parola perduta, magari con in mano la penna e il pelapatate, e con il cestino della carta e il cestino dei rifiuti tra i piedi, oppure… ripassando il ferro da stiro fra le pieghe del tessuto e della nostra coscienza” . In questi tempi di parole, di civiltà, di vite perdute… guardandosi intorno… guardandosi dentro…

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