“Senza una sua propria particolare occupazione a cui dedicarsi con tutta la sua intelligenza con tutto il suo spirito calcolatore l’uomo nel carcere non potrebbe vivere . E in che modo tutta quella gente, gente sveglia, che intensamente era vissuta e desiderava vivere, raccolta colà con la forza in un sol mucchio, strappata a forza alla società e alla vita normale, avrebbe potuto acclimatarsi lì in modo normale e regolare di sua propria volontà e inclinazione? Già solo a causa dell’ozio si sarebbero lì sviluppate in lei delle qualità criminali di cui prima non aveva nemmeno l’idea. Senza il lavoro e senza una legittima normale proprietà l’uomo non può vivere, si deprava, si trasforma in un bruto“.
Fedor Dostoevskij- Memorie di una casa morta-BUR- p.28
Andrebbe fatto leggere nelle scuole, per spiegare cos’è il carcere. Oggi nella sostanza nulla di diverso da quello descritto dallo scrittore russo. Una casa morta. Dove si muore, nel corpo e nello spirito..