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    Se davvero Cristo tornasse…

    La riflessione di Vittorio da Rios, a proposito di Cristo e della sua venuta da queste parti… da leggere:

    “Vi è un naturale punto d’incontro tra Pirandello citato da Francesca e l’interessante riedizone dell’opera riveduta e ampliata di Cristian Duquoc, domenicano studioso e già docente di teologia all’Università cattolica di Lione: –  Gesù uomo libero, lineamenti di cristologia”. Nell’introduzione vi è un richiamo alla “Storia” di Elsa Morante (edizione einaudi del 1974).  Il termine Cristo, scrive Elsa Morante, non è né un nome o cognome personale: è un titolo comune, per designare l’uomo che trasmette agli altri la parola di Dio, o della coscienza totale… Quel Cristo là si nominava… Gesù di Nazaret, però altre volte attraverso i tempi il Cristo si è presentato sotto diversi nomi, di maschio, o di femmina…, e ha parlato in tutte le lingue sempre tornando a ripetere la stessa parola!… E lui l’ha detta e ridetta, da dentro le gattabuie e dai manicomi, lui si è fatto massacrare oscenamente… Quando è apparso in Giudea, il popolo non l’ha creduto il vero Dio parlante, perché si presentava come un poveraccio, non con l’uniforme delle autorità. Però se torna, si presenterà ancora più miserabile, nella persona di un lebbroso, di un’accattoncella deforme, di un sordomuto, di un bambino idiota… ah, Cristo, sono duemila anni che aspettiamo il tuo ritorno! A questo Cristo identificato con i più disprezzati Elsa Morante fa rispondere:  “Io non sono MAI partito da voi. Siete voi che ogni giorno mi linciate, tirate via senza vedermi… Io tutti i giorni vi passo vicino molte volte, mi moltiplico per tutti quanti siete, i miei segni riempiono ogni millimetro dell’universo, e voialtri non li riconoscete… “. Del resto come ci ricorda nelle suo opere Ernesto Balducci,  su quel bambino tutti hanno speculato dalla sua nascita “verginale” per opera dello “Spirito Santo” narrato poi come figlio unigenito di Dio per redimere l’umanità dalla condizione di “peccato” fino al suo assassinio scandaloso sulla croce. Abbandonato da tutti fuorché da sua madre e Maddalena “l’eroismo universale delle donne”. Abbandonato al suo tragico destino l’uomo che non aveva trattenuto nulla per se neanche i suoi connotati umani, che tutto aveva donato, e che aveva in un quadro storico di tragica violenza e spaventosa ignoranza per primo trasmesso il concetto del diritto attraverso le parabole, come costruzione di forme elevate di giustizia sociale, per destrutturare qualsiasi forma di violenza, di sopraffazione e repressione dell’altro. Fu il primo autentico reale “pacifista” che la storia abbia avuto. Gandhi indubbiamente da lui prese ispirazione per attuare la sua teoria e pratica della non violenza. Ma quel bambino, di cui abbiamo fatto un feticcio “consumistico” indecente, nel suo formarsi da adulto, dimostrerà la capacità di riassumere tutte le grandi tradizioni religiose e filosofiche che lo avevano preceduto di qualche millennio. Dai primi vagiti del formarsi dei Veda e dell’Induismo, attraverso la grande spiritualità del Budda, alle forme più alte del confucianesimo, e la comprensione del grande pensiero filosofico e sapienza della Grecia antica. Non vi sono tracce documentali sufficienti a documentare questo, ma il Cristo fu uomo di indubbia cultura e visione di straordinaria valenza profetica tale da anticipare di due millenni e oltre l’evoluzione dei tempi. Indicando la via giusta per praticare la giustizia sociale indispensabile alla convivenza pacifica tra tutte le creature umane. Ci ricorda Balducci che dobbiamo partire dallo scandalo “delle croce” nella sua nuda oggettività per comprendere la tragedia umana, il grido disperato e definitivo del Cristo; Dio mio perché mi hai abbandonato? E Dio non c’era! Questo è l’epicentro della storia, il punto da cui partire per ogni riflessione teologica storica filosofica e di fede, per rigenerare la stessa storia. Se non si parte da qui ogni considerazione teologica è ideologia, cioè giustificazione dell’esistente. Nell’uomo planetario Balducci esordisce citando il Messaggio di Einstein e la sua parte finale all’umanità: noi rivolgiamo un appello come esserei umani ad essere umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Con il realismo dello scienziato, continua Balducci, egli poneva nei termini giusti la nuova universalità in cui è chiamata, nell’era atomica ora catastrofale, la coscienza morale. Questa universalità richiede, in negativo, la messa tra parantesi della storia e, in positivo, l’adozione dell’appartenenza alla specie come unico criterio sufficiente di scelta morale. Un caro saluto. Vittorio da RIos,

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