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    Favola industriale blues

    I componenti della raffineria vennero portati sulla rada. E qui incontrarono i resti
    dell’antica colonia greca. E un tubo di metallo guardando un muro di cinta gli chiese: “Chi sei tu?”
    Il muro di cinta rispose: “Chi sei tu…?!”
    Il tubo di metallo: “Noi siamo l’industria, il futuro”
    E il muro di cinta: “…e io sono il passato”
    Il tubo: “Adesso portiamo un po’ di movimento”
    Il muro: “Il movimento c’è anche di senza di te… questa è zona sismica”.
    Il tubo di metallo: “Che antico che sei!”
    Il muro: “Antico… non è un’offesa”.


    Il dialogo è incalzante, pulsa, avvolge, rapisce… tesse il cunto della “Favola industriale blues”, il nuovo spettacolo della compagnia siciliana Area Teatro. Alessio e Ivano Di Modica… li avevamo conosciuti (ricordate?) quando hanno girato l’Italia con “20 anniCronache da inizio millennio dal G8 di Genova”, un “cunto” per non dimenticare quanto accadde allora. Ed eccoli, ora, ancora qui a dirci di non chiudere gli occhi, a tenerci svegli… con una “favola amara di lavoro, sfruttamento, di richiamo alle origini, come un blues dannato in cui a vendere l’anima al diavolo è un luogo: il mondo intero”.
    Lo spettacolo è una rielaborazione della Favola Industriale che già tra il 2005 e il 2015 ha girato l’Italia, per puntare il dito sulla devastazione industriale del territorio. E da sempre dal guardarsi intorno, dallo scavare nella realtà, nasce il lavoro di Area Teatro, compagnia nata in seno al polo petrolifero industriale di Augusta… e come non vedere, come non raccontare…
    Sul palco, “cuntista”, è Alessio, che mi spiega…
    “Sì, il punto di partenza è il polo petrolchimico e la necessità personale di raccontare il territorio, ma come chiave di lettura su scala globale”. Già perché dopo l’attento e profondo lavoro di ricerca sul territorio… “ascoltando i testimoni dell’arrivo dell’industrializzazione in Sicilia (contadini diventati poi operai, ex pescatori…), portando poi lo spettacolo in giro per l’Italia… ci siamo accorti che in realtà le storie erano simili ovunque, che il modus operandi degli industriali è uguale ovunque, e ovunque tende a sradicare le persone dalla propria storia. Per questo quello che oggi raccontiamo è una storia che va oltre il nostro territorio, arriva ad abbracciare il Sud del mondo…”
    Così il nuovo spettacolo nasce anche dall’incontro con le tante realtà che in Italia si occupano di giustizia ambientale, lottano in difesa del territorio, che è difesa del nostro futuro…
    Non esiste la storia muta. La frase è dello scrittore uruguayano, Eduardo Galeano, e campeggia su una pagina del sito di Area Teatro.
    Sì, l’abbiamo fatta nostra. La Storia non è muta. La Storia urla. E noi proviamo a cogliere questo urlo, percorrendone i sentieri. Raccontare oggi questa storia è diverso da venti anni fa. Allora c’era meno coscienza… in questi venti anni si è diffusa più conoscenza, è cresciuta una generazione più cosciente che guarda al futuro. E la protesta dovrà evolvere. In questi venti anni anche gli industriali si sono riorganizzati, prevale una narrazione del territorio e della crescita a senso unico e la critica al pensiero industriale viene messa ai margini. Ecco, noi camminiamo nella periferia della memoria”.
    La memoria, la ricerca del passato è filo conduttore e forza di tutti i lavori della compagnia, convinti come si è del fatto che “il passato non è un peso da portarsi dietro ma desiderio di futuro”.
    E la voce per costruire il futuro è per la compagnia siciliana il cunto. Ma chi è, che cos’è un “cuntista”…
    Essere cuntista significa uscire dal comfort-zone e mettersi in gioco, naturalmente con rispetto del passato… Tutti sembrano copiare Mimmo Cuticchio, che pure è stato nostro importante riferimento culturale, ma oggi il linguaggio che vogliamo guarda al nostro tempo ed è pieno di contaminazioni… dalla favola, alla fiaba, all’orazione civile, dal comico alle leggende metropolitane… E così animali e oggetti prendono voce, compaiono maghi e streghe insieme agli uomini veri, alle vicende vere di cui testimoniamo, e il cunto diventa linguaggio vivo dell’oggi”.
    Lavoro prezioso quello fatto nel tempo. Fra i tanti lavori della compagnia i Cunti del mare
    “E’ uno spettacolo sul mondo dei pescatori, finito a causa dell’industrializzazione. Ci sembra si faccia troppo folklore su queste cose, va fiorendo quasi una memoria malata… Le persone che a suo tempo abbiamo incontrato, i pescatori, sono quasi tutti morti. Ripescarne la memoria storica è stato salvare un piccolo mondo”.
    A scorrere i titoli dei lavori di Area Teatro c’è tanta Sicilia. La sicilianità è l’anima del nostro lavoro, dite. Ma cos’è “sicilianità”…
    “Sicilianità… non è qualcosa d sventolare… Benigni, a proposito di Troisi, ha detto: mi hai raccontato Napoli e non mi hai mai suonato il mandolino. E’ quello che cerchiamo di fare. La Sicilia ha una lingua che si evolve, è talmente un crogiuolo di culture, che tentare di fissarla in luoghi comuni è come ammazzarla. Difficile definirne l’identità, dopo tanta storia, popoli, culture che l’hanno attraversata…”
    Favola industriale Blues, insieme allo spettacolo sul G8 di Genova, fa parte di una trilogia che si chiuderà con un nuovo spettacolo nell’autunno prossimo. Ne parleremo, ma intanto, un’impressione sugli incontri avuti con il lavoro precedente…
    Lo spettacolo sul G8… sembra funzionasse solo per la ricorrenza… Si commemora e poi tutto finisce lì. La ricorrenza è la morte della memoria. La memoria non funziona così. Non funziona per date”.
    Già, la nostra flebile memoria… per allenarla un po’, l’invito è ad andare a vedere dunque FAVOLA INDUSTRIALE BLUES, prodotto dalla compagnia indipendente Area Teatro e coprodotto da RECOMMON, associazione che si occupa di giustizia ambientale in Europa e nel mondo contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori per creare spazi di trasformazione nella società.
    L’appuntamento è a Roma, al teatro Furio Camillo, la sera del 5 maggio, per il debutto. E poi Catania, il 14 del mese, Siracusa il 18, Taranto il 27… per poi ripartire in autunno per il Nord…






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