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    Filomela, questa mia bellezza…

    E dunque maggio… con un pensiero ad altre donne. Che Grazia Frisina evoca con il canto della sua poesia. Venticinque figure che ritornano per noi dai luoghi del tempo. Ciascuna rivive nel canto “solitario e libero”, che ce ne narra la storia, che è quella che è stata e quella cui il sentire di Grazia Frisina suggerisce nuove letture. Tutte insieme, venticinque voci, compongono un coro antico e pur sempre lo stesso. Dunque, sfogliando. Eva, Cassandra, Dulcinea, Alda Merini, Marta e Maria, Virginia Wolf, Cenerentola… E viene voglia di leggerle tutte in fila, tutte insieme queste storie. Un po’ per il fascino che sappiamo già di ciascuna, un po’ per la curiosità di frugare fra i versi, e cogliere il nuovo significato che di ciascuna ci soprende. Ma non è possibile. Non mi è stato possibile. Perché, ho capito, ogni componimento, ogni storia, chiede che al termine della lettura ci si fermi. Per tirare un respiro. Profondo. E trattenere in sé quella storia, quella immagine di donna. Per pensarla, per come l’abbiamo conosciuta, e per come ci viene incontro adesso… Così, attirata da un nome che non conoscevo, mi sono fermata a leggere… Filomela… Storia di ieri, storia, terribilmente, di oggi. Perché Filomela, si ricorda nelle brevi note a chiusura della raccolta, figlia del re d’Atene Pandione e di Zeusippe, fu violentata dal marito della sorella, Tereo. E questo perché non parlasse le tagliò la lingua… (…)

    Perché l’oceano o gli uragani non trangugiarono l’isola prima ancora dello scempio?/ Chi laverà? Chi raschierà via la crosta dalla pelle?/ La vergogna di me. Quest’immondezza che mi seguita / Dov’erano i padri le madri i  fratelli? Quando neppure la morte volle accostarsi / Dov’è adesso Filomela?

    Adesso è canna muta

    Storia di ieri, storia di oggi sempre e ancora. Se in Italia, ad esempio, la violenza rimane la prima causa di morte o di invalidità delle donne fra i 14 e i 50 anni, e il responsabile, nella maggioranza dei casi, è il compagno. E a volte si muore, anche. E la famiglia, o la passione, in Italia, sembrano uccidere più della mafia. In Italia, non lo possiamo dimenticare, si ama da morire… Ma Filomela non è morta. Né è morta la sua anima.  E, come racconta Ovidio nelle Metamorfosi, Filomela riuscì comunque a vendicarsi raccontando con un ricamo la violenza subita.

    Per me e ognuna delle sorelle oltraggiate/ come stendardo sventolerò questo arazzo / contro la complice sordità del cosmo

    Bellissima questa immagine di arazzo, di ricamo sventolato come stendardo. Più forte di qualsiasi grido di battaglia. Rumoroso come solo il silenzio sa essere. Oggi come ieri, e più di ieri, richiamo a non tenere chiuso nel cuore il proprio dolore, ma farne vessillo … E oggi che l’inarrestato susseguirsi di violenze chiama a una battaglia che è, ancora e più di ogni altra cosa, percorso culturale, Grazia Frisina rievoca per noi l’immagine di Filomela, che ci viene incontro e ci invita a guardala nell’atto di tessere. Guardate. Ogni filo è brandello di carne in cancrena / Ogni nodo il nome che mi sopraffece… Il ricamo… cosa che come poche sembra rievocare il tempo muto delle donne, chine a tessere il tempo dell’attesa… qui diventa, come un miracolo, parola…

    Filomela dunque, e poi Eva, Ofelia, Penelope, Ombra… e tutte le altre donne che Grazia Frisina chiama a raccolta perché ci parlino di loro. Per parlarci di noi. Ma oggi fermiamoci qui. A tirare un profondo respiro, dopo aver ascoltato, quel che Filomela ci dice…

    Questa mia bellezza senza legge, è il titolo della raccolta di componimenti poetici, Sassoscritto l’editore. “Questa mia bellezza senza legge…”, sembra ognuna sussurrare al termine del proprio canto. Che è bellezza, senza legge, dell’autrice.

     

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