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    La guerra contro i bambini

    La guerra, il dolore, la morte… se sempre sono immagini che straziano, c’è qualcosa di tremendo in più che si rapprende nell’animo quando arrivano attraverso i disegni dei bambini, qualcosa di tremendo che le tinte dei pastelli non attenuano… anzi ancor più angosciano, al pensiero dell’incerta mano che ha disegnato profili, che ha dato colore alla polvere… Le avevo messe da parte, alcune immagini di disegni dei bambini di Gaza, che nel tempo a tratti arrivano…
    Case in fiamme, alberi sradicati, carri armati in terra e sagome nere su strisce di cielo e tanti tanti soldatini. Nei tratti infantili sembrano quelli dei giochi dei nostri bambini che la guerra, quella vera, non conoscono.
    Un disegno fra tutti mi aveva più di altri colpito: in primo piano una casa dalle finestre ferite che piangono e, appena più indietro, un bambino come inchiodato alla soglia di un muro, che allarga le braccia e spalanca la bocca come per chiedere aiuto mentre ombre di uccelli neri si abbassano su uno stretto cielo… Disegno di bambino molto molto piccolo, suggeriscono i tratti. Eppure è tutta lì, in pochi elementari segni, che pure sono potenti simboli, la risposta alla domanda: come si cresce, come si vive in una prigione a cielo aperto…
    Come si cresce, come si vive e come, sempre più, si muore… risfogliando quei disegni, mentre rileggo un comunicato di Save the Children. “I bambini di Gaza stanno morendo perché viene negata loro la possibilità di accedere all’assistenza sanitaria necessaria fuori dalla Striscia e altri moriranno se non verranno curati presto”. La denuncia è di fine luglio. Notizia a cui poco si è prestato attenzione, presi come siamo dalle nostre più o meno urgenti emergenze… e cosa volete che siano un pugno di bambini ostaggio di una delle tante guerre dalle quali a tratti sembra meglio distogliere lo sguardo…
    Cosa può succedere, d’altra parte, nella vita ordinaria di Gaza, di più e di peggio di quanto non stia accadendo da tempo, e che raramente “fa notizia”?
    Ma le cose peggiorano e come… E’ accaduto, si spiega, che dopo l’annuncio dei piani di Israele di annettere parti della Cisgiordania si è interrotto il coordinamento tra funzionari israeliani e palestinesi, “riducendo le possibilità, già estremamente limitate, di ottenere l’autorizzazione per lasciare Gaza per chi ha bisogno di cure salvavita”. Le cure salvavita che è impossibile ricevere a Gaza, con un sistema sanitario sull’orlo del collasso dopo tredici anni di blocco a cui si aggiungono paure e tensioni causati dalla pandemia con cui come tutti si è alle prese…
    “Mesi di trattative e contatti dietro le quinte, mediati dall’Egitto, tra Israele e Hamas non hanno portato a nulla. Resta inalterata la condizione insopportabile degli oltre due milioni di palestinesi che vivono nei 400 kmq della ‘prigione a cielo aperto’ di Gaza. Di giorno l’erogazione della corrente elettrica è ridotta a tre ore, perché il combustibile dell’unica centrale si è esaurito dopo la decisione delle autorità israeliane di bloccare l’ingresso a Gaza del gasolio”, leggo dai puntuali report di Michele Giorgio… Non arrivano carburanti né altri beni essenziali, mentre oggi arriva, quella sì, un’ondata coronavirus. Sì, anche lì, in quei 400 chilometri quadrati a noi così vicini e così lontani. Si rischia, la denuncia è dell’Onu, la catastrofe umanitaria…
    Ma i bambini… i bambini di Gaza non hanno bisogno di aspettare il coronavirus per morire…
    Save the Children a fine luglio ha denunciato la morte di due piccoli, piccolissimi, uno di otto mesi e l’altro di nove giorni, che per problemi cardiaci avevano bisogno di un urgente intervento chirurgico impossibile a Gaza, ma non hanno ricevuto in tempo il permesso per le cure. E cosa è successo, nel frattempo, a quei cinquanta bambini malati di cancro per i quali (ancora la denuncia dell’organizzazione che dall’inizio dell’altro secolo si occupa della condizione dei bambini nel mondo) a causa delle restrizioni israeliane ai farmaci che entrano a Gaza “non c’è chemioterapia né trattamenti di radiologia”?
    E come va avanti la vita di D., 12 anni, che ha la leucemia e da quando il coordinamento si è interrotto non può ricevere cure e non riesce a camminare sulle gambe… “Ho pregato che mi amputassero gli arti. Israele dovrebbe revocare il blocco così da avere buone scuole e buoni ospedali e poter avere cure e posti carini dove giocare. E poter vivere come gli altri bambini nel mondo…”. E cosa sente, ancora, H., 13 anni, colpito dalle schegge di un proiettile esploso, che avrebbe bisogno di un intervento ai nervi, ma che non può lasciare Gaza e la sua gamba sta peggiorando, lui che… “quando sono uscito dall’operazione mi avevano preparato una sedia a rotelle. Mi chiedevo a cosa servisse la sedia. Mi hanno detto: -Ci siederai sopra e ci vivrai tutta la tua vita-. Ho pianto, dal profondo del mio cuore …”.
    Dina, Ahmed… e tutti gli altri che possiamo immaginare, che senza proprio morire muoiono un po’ ogni giorno… bambini, “tristemente prigionieri del conflitto più politicizzato del mondo e la comunità internazionale non ha saputo reagire adeguatamente alle loro sofferenze”.
    Col cuore coperto di neve. Viene in mente il titolo di un libro di Silvestro Montanaro. Parla di altre storie, quel libro, parla della terribile vita cui sono costretti bambini di tutto il mondo sfruttati sessualmente (e gli orchi perlopiù siamo noi). Bambini cui è stata rubata la libertà e la gioia. Altra questione, direte…, ma la libertà e la gioia possono essere rubati, e lo sono, rubati, in tanti modi… e tutti insieme compongono il terribile scenario della guerra contro i bambini.
    Di questa settimana è l’ultimo rapporto di Save the Children, a cinque anni dalla morte di Alan Kurdi (come dimenticarlo, il corpicino del bambino dalla maglietta rossa sulla riva del mare…). Parla dei bambini che, a differenza di quelli di Gaza, dalle loro guerre possono almeno provare a fuggire. Ma in questi cinque anni, si legge nel rapporto, 700 minori sono morti nel tentativo di arrivare in Europa, e se sono più di 200.000 i minorenni che hanno chiesto asilo, si pensa che molto più alto sia il numero di quelli arrivati, e che “vivono nell’ombra a rischio di sfruttamento e abuso”.
    Per tutti, rimane questo cuore coperto di neve… che i colori dei disegni che a tratti ci arrivano, di bambini che i disegni ancora possono farli, non riescono a sciogliere…

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