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    La rieducazione è un diritto

    fr003Tornando a parlare di carceri, due numeri…
    5 funzionari giuridico pedagogici per 767 detenuti. Cinque persone che dovrebbero da sole, avere colloqui, fare osservazioni scientifiche di personalità, progettare e promuove le iniziative e le attività in favore dei detenuti e degli internati in campo scolastico, lavorativo . culturale, oltre che definire programmi di trattamento per i 391 con condanne definitive nei nove mesi che detta la legge…
    Spesso si sente parlare di carenze di personale nelle carceri, ma forse solo guardando nero su bianco dei numeri si comprende quanto grande è il buco nero nel quale non può che venire risucchiato qualsiasi buon proposito, con buona pace del citatissimo articolo 27 della Costituzione che determina nella rieducazione il fine della pena. Tanto citato quanto, dati alla mano, c’è da chiedersi quanto ci si creda davvero…
    Eppure questa è la situazione del carcere di Bologna. Situazione molto grave… nel novembre scorso, c’era stata una protesta dei detenuti, contro questo vuoto. Una protesta pacifica: i detenuti hanno rifiutato il vitto, e la direttrice stessa aveva riconosciuto la fondatezza delle loro motivazioni… Ma nulla arriva in risposta dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che pure la direzione di Bologna aveva sollecitato a trovare soluzioni.
    Arriva oggi invece un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Bologna che (…) risponde al ricorso di un detenuto, e valutando le condizioni di tutti, ordina all’amministrazione penitenziaria di porvi rimedio. E stabilisce un termine: il 30 giugno prossimo..
    I dettagli del provvedimento potete andare a leggerveli tutti, (ordinanza n.2016/1008) dove bene si chiarisce cos’è un’osservazione, cos’è un trattamento, quanti vi concorrono, quanto la sua mancanza non possa che creare ostacoli alla vita tutta all’interno del carcere… ma una cosa fondamentale ribadisce: il diritto del detenuto ad essere seguito in un percorso di rieducazione.
    Che non è cosa così scontata. Dall’ordinanza si viene a sapere che, anche se non grave come la situazione di Bologna, personale “giuridico pedagogico” ( se vogliamo usare il termine burocratico) manca in tutti i dieci istituti dell’Emilia Romagna.
    Allargando lo sguardo… l’ultimo dato complessivo sull’Italia che ho trovato è del 2010 ( Antigone) , ebbene in tutte le carceri italiane risultavano in servizio 1.031 educatori.
    Se poi confrontiamo questo dato con il numero degli agenti penitenziari…insomma, il peso specifico dell’attenzione alla tanto enunciata rieducazione è… bèh, valutate voi: Una ricerca di qualche anno fa del centro di documentazione “L’altro diritto”, fa un confronto europeo: se in Francia ogni 100 detenuti sono presenti 40 agenti di custodia e 4 operatori, tra educatori ed assistenti sociali, in Italia, sempre ogni 100 detenuti gli operatori sono solamente 2, mentre gli agenti sono circa 80.
    A margine….
    La ricerca sottolineava come da qualche tempo si cominci a parlare, a proposito di educatori, del fenomeno del “burnout”. Ascoltate: “Il conflitto tra la percezione delle carenze strutturali e organizzative (poca formazione, pochi strumenti, poco organico) e quella dell’estrema importanza delle proprie funzioni, può indurre l’educatore penitenziario ad assumersi un carico notevole di lavoro per sopperire con l’impegno individuale alle inefficienze del contesto. La volontà di ‘fare le cose bene’, il credere fermamente nella rieducazione, il bisogno di vincere il senso di frustrazione che deriverebbe dall’accettazione dei limiti, possono motivare l’educatore a svolgere più lavoro di quanto è umanamente possibile. La conseguenza di questo atteggiamento è spesso il logoramento delle potenzialità dell’educatore che può arrivare ad assumere un atteggiamento vittimistico, passando dall’iperattivismo all’accettazione passiva della propria impotenza”.
    Tornando ai dati della ricerca… appare talmente residuale l’attenzione all’area trattamentale , che c’è da chiedersi: questa tanto proclamata finalità rieducativa della pena a chi importa davvero?
    Eppure, questo squilibrio non finisce alla fine per comportare gravi rischi per tutti? A sottolinearlo è stato nei mesi scorsi proprio una nota della segreteria provinciale bolognese del Sinappe (sindacato di polizia penitenziaria) che, a firma di Nicola D’Amore, scriveva con preoccupazione che “la mancanza del personale dell’Area Trattamentale è vissuta con forte disagio dalla Popolazione detenuta e, contestualmente, per logica consequenzialità, diventa fattore di rischio per l’incolumità del personale di Polizia Penitenziaria, anche a causa del frequente verificarsi di atti di autolesionismo e di aggressioni da parte di detenuti che vedono nell’operatore di polizia penitenziaria l’unica figura sempre presente su cui scaricare la propria rabbia e la propria tensione”.
    Insomma si attende che il DAP batta un colpo. Ma per ora, sembra che quello che si stia muovendo, sia solo un concorso per funzionari di polizia penitenziaria…, come a conferma dei dati ( e delle propensioni) di cui sopra.

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