Anche questa maschera arriva da una riva lontana. Da una casa della Rive Gauche, affacciata sul fiume. Ha attraversato ponti sulla Senna, valicato le Alpi, si è abbandonata a un ballo impazzito la notte di un carnevale, quasi trent’anni fa, fra i canali di Venezia. E la luna era gelida di nebbia. Poggia ora lo sguardo sul tempo. Quello di allora, quello di oggi. E tutto precipita nella fessura cava dei suoi occhi. Tace. Ma conosco l’accento del suo silenzio. Ora straniero, ora salato dell’acqua del Golfo. Ancora non so, se maschio o femmina. Se diavolo o angelo. Se riso o pianto. Gli anni, a poco a poco, tessono ragnatele di crepe, a ferire il cuoio indurito. Ma è ancora presto, forse, perché la maschera cada. Forse.