“Non permettiamo che muoiano i poeti, e teniamo alta e viva la voce di Dante: voce della sofferenza, poesia dell’esilio e dell’erranza che si fa però cammino di riscatto, canto di liberazione”. Quale invito migliore nella giornata dedicata alla poesia…
Già, non permettiamo che muoiano i poeti. Come ci chiede Stefania Meniconi, che del sommo nostro poeta è proprio innamorata… L’avevamo incontrata, ricordate?, la professoressa del liceo di Foligno, insieme ai suoi ragazzi, sull’eco di quell’assordante richiamo alla vita che viene dalla potenza delle parole e delle immagini della Comedia (https://www.remocontro.it/2020/11/29/dante-dal-carcere-alle-scuole-un-assordante-richiamo-alla-vita/)… Ve ne riparlo ché in questi giorni ho infine letto il suo “Dante Alighieri, giovane fra i giovani” (edito da Gingko). Libro davvero insolito. Che vuole parlare alle nuove generazioni, e penso proprio ci riesca. Se sono soprattutto i giovani studenti della professoressa Meniconi, e le loro percezioni, le curiosità, le emozioni che nascono dall’incontro con Dante, a riempire con la freschezza delle loro voci i “cinque studi sulla vitalità di Dante”. Questo nostro Dante “Pop”, che ancora sa affascinare perché “utilizza parole che per lo più tutti ancora oggi sono in grado di comprendere”. E se non si comprendono esattamente lessico e riferimenti storici, rimane, potentissima, la musica delle parole, che è musica dell’anima di chi le ha scritte che sa risuonare in chi ascolta. Per questo il nostro Sommo Poeta, vivissimo, ancora ci parla.
E attraverso quel che accade nei giovani studenti, ci viene offerta una bella lettura di tanta potenza comunicativa. Colpita, sottolinea la loro docente, dalla confidenza che i ragazzi stabiliscono con la Commedia, dalla familiarità che subito mostrano, a cominciare da quel “per me si va nella città dolente…” scritto col pennarello sulla porta dell’aula del terzo anno.
Non l’avete fatto anche voi, ai vostri tempi? Ebbene ancora oggi gli studenti, con l’incipit forse più famoso della nostra letteratura, “raccontano la loro ansia di quindicenni di fronte alle prove”.
Spigolando qua e là… ascoltate:
State contenti, umana gente al quia;
ché se potuto aveste veder tutto,
mestier non era partorir Maria
Lucia è particolarmente colpita da questi versi “perché evidenziano il limite della ragione umana”. Sono i giorni del coronavirus, appunta Stefania Meniconi, sottolineando come Lucia senta profondamente che il monito dantesco contro la superbia della ragione è tornato di straordinaria attualità.
Ancora…
Dolce colore d’oriental zaffiro
che s’accoglieva nel sereno aspetto
de mezzo, puro insino al primo giro…
Versi che riescono a calmare Andrea quando le cose sembrano andar male. Come i versi che seguono, “io bel pianeta che d’amar conforta”, che “mostrano venere maestoso che sta facendo il giro della terra…”. Un linguaggio che “urla liberazione” e lo fa sentire meglio, fa nascere in lui, dice, il desiderio di fare qualcosa di bello.
Se vi sembra poco…
Stefania Meniconi ci regala il suo ‘segreto’: come insegna Dante agli studenti. E spiega come tutto è cambiato, nel suo metodo, quando un giorno un ragazzo della classe IV “ebbe il coraggio di dirmi che durante lezioni su Dante si era mortalmente annoiato”. Da allora niente più lezioni frontali, tanto per cominciare… “Ed è ogni volta un’esperienza straordinaria. A pensarci bene non mi annoio più nemmeno io”, simpaticamente conclude. Esperienza che immagino straordinaria anche per i suoi studenti, che alla fine di ogni anno scolastico sono invitati ad adottare una terzina. Inutile dire che “amor ch’al cor gentil ratto s’apprende…” è fra le più amate.
Ma Marta, ad esempio, è rapita dalla terzina del V canto del Purgatorio: “Perché l’animo tuo tanto s’impiglia, disse ‘maestro, Che l’andare allenti? Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?”. Vi trova “un tema molto sentito dai giovani che molte volte non seguono i loro sogni solo per paura del pensiero degli altri”. Tanti e vari sono i versi che i ragazzi scelgono come preziosa chiave di lettura del loro mondo. E Dante diventa una sorta di “psicologo di classe”.
E poi, e poi… sfogliando ancora il libro, scopriamo l’attenzione di Dante al potere dei suoni, la sua curiosità del linguaggio infantile, le tracce dei versi della Commedia nei versi dei poeti e dei cantanti dell’oggi, fino a conoscere quel “Dante l’inevitabile” del poeta albanese Ismail Kadaré e tanto altro ancora…
Fu in un giorno di marzo, il 10 marzo del 1302, per la precisione, che Dante lasciò la sua città per mai più farvi ritorno, dopo la terribile pronuncia: “Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estorsive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5.000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia) e se lo si prende, al rogo, così che muoia”.
Così che dal dolore dell’esilio ci ha regalato la Comedia che più divina è difficile immaginare. E forse non è un caso che è proprio nell’espressione del dolore che Dante, come sottolinea Stefania Meniconi, ha coniato il maggior numero di modi di dire che usiamo ancora oggi.
“Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire”… “ella mi fa tremar le vene e i polsi”… “già mi sentia tutti arricciar li peli de la paura”… “e caddi come corpo morto cade”… Ancora linguaggio del dolore del nostro inferno quotidiano.
La pubblicazione di “Dante Alighieri, giovane tra i giovani” è stata promossa dalla Dante Alighieri di Verona, città dove Dante compose il Paradiso e dove si stabilirono i suoi figli. Una curiosità, a margine. La famiglia Serego Alighieri, annota l’editore, produce eccellenti vini in Valpolicella, proprio sui terreni acquistati da suo figlio Pietro, e anche questo, lasciatemi dire, è profumo di poesia…
Non permettiamo che muoiano i poeti…