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    senza scampo…

    36225154_volume-ergastolani-senza-scampo-di-musumeci-pugiotto-0“Lo spirito di vendetta non ha copertura costituzionale”. Appuntando sul taccuino questa frase, dalla prefazione di Gaetano Silvestri (che è stato presidente della Corte Costituzionale) a un libro da tenere d’occhio, in questi tempi di smarrimenti… in cui prima vittima è la nostra coscienza critica… “Gli ergastolani senza scampo”, il titolo. Carmelo Musumeci e Andrea Pugiotto gli autori. Ergastolano il primo, docente di Diritto costituzionale il secondo. E siccome randagiando lungo sentieri delle nostre carceri quotidiane ho incontrato sia l’uno che l’altro, ero davvero curiosa di questo intreccio di linguaggi, diversi e pure legati da una simile passione del sentire e del fare…
    “Forse continuo a respirare perché non ho il coraggio di morire”. Così testimonia Musumeci (detenuto dal 1991, che in carcere si è laureato, e da anni anima una campagna contro l’ergastolo) attraverso pagine di un diario, che è a tratti battibecco con il proprio cuore. Con quella parte viva di sé, che rimane la sola con cui liberamente parlare e confrontarsi, in un luogo che tutto intorno vuole morto. Dove ci si chiede “a che serve essere vivo se non puoi più esistere?”. Dove la speranza “è un veleno che mi sta intossicando da un ventennio”. Sono, quelle di Musumeci, le pagine di un diario che scandiscono il tempo della giornata, dal mattino che “ho sempre paura di svegliarmi”, alla notte che “finalmente il filo dei pensieri si spezza”.
    Raccontando la vita (…) che non c’è, smentiscono la bugia, che con una certa malafede viene messa in giro, che l’ergastolo non lo sconta nessuno. In questo nostro paese dove degli ergastolani la stragrande maggioranza è fatta di “ostativi”, cioè persone escluse da benefici di legge e quindi condannate a una pena perpetua e immutabile cui è possibile sottrarsi solo “collaborando utilmente” con la giustizia, altrimenti dal carcere destinati a uscire solo da morti. E più spesso di quanto non si dica in giro, dentro quelle mura suona “l’ora dei limoni neri”…
    A spiegare i tanti profili di illegittimità costituzionale dell’ergastolo, con l’attenta cura che gli è propria, meticolosa e lieve a un tempo, Andrea Pugiotto. “Caino va certamente punito, ma da uno Stato di diritto che rispetti la propria legalità costituzionale”. Cosa, questa dello Stato che rispetti la propria legalità costituzionale, sulla quale si avanzano tanti e seri dubbi. L’analisi è puntuale, stringente, ricchissima di argomentazioni, una vivisezione, quasi, di norme e giurisprudenza. Che invito a leggere, anche se profani (come d’altra parte anch’io) in questioni di diritto.
    Magari avete letto a suo tempo “comma 22” (ricordate? “Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo”…), non vi sarà difficile seguire sofismi e bizantinismi prodotti anche da illustri Corti (Cassazione, Costituzionale) con le quali Pugiotto entra in serrata dialettica, che qui vengono svelati, e che sfiorano il paradosso. Ma che permettono che sia ancora in vita una pena come quella dell’ergastolo, che è inumana, degradante, una morte mascherata, contraria ai principi fondamentali della Costituzione. Sacrificati all’improbabile idea di sicurezza che ci siamo fatti.
    Improbabile come la data che è sul certificato di un ergastolano. Scadenza pena definitiva: 31/12/9999. Sì, avete letto bene. Un traguardo temporale che, commenta Pugiotto, “ha un che di metafisico”, “prodotto dell’asettico linguaggio dell’informatica penitenziaria”. Che un computer, che l’ergastolo non lo può capire, una data deve pur metterla…
    La pena di morte nascosta, dunque. Che parla di questi “cattivissimi per sempre” ma, scrive Pugiotto, parla soprattutto “di noi e di cosa siamo diventati”. Se tutto questo ci è indifferente o addirittura vogliamo.
    E arriva, come un pugno in faccia, l’appendice. Dove Davide Galliani, docente dell’Università di Milano, narra dei risultati di un progetto di ricerca che molto racconta delle condizioni materiali degli ergastolani. Che è cosa che sempre sconvolge, perché anche se molto già sai, c’è sempre qualcosa che mai riusciresti a immaginare. A cominciare dalle tante malattie del corpo e della mente che sono le condizioni stesse del carcere a determinare. Cosa è se non tortura del corpo e della mente tenere in cella una persona con il morbo di Buerger, cui è già stato necessario amputare un piede, depressa e con continui attacchi di panico. O dopo una già lunga detenzione, un uomo con il morbo di Parkinson. O persona di 83 anni, dal ‘93 ininterrottamente in regime di carcere duro. Non possiamo immaginare… E quale motivo se non un meccanismo di morte, ancor più inumano perché affidato alla meccanica indifferenza del sistema.
    Purtroppo le parole “criminalità”, “mafia”, la parola “legalità”, persino, a volte, sembrano diventate in questo nostro paese la chiave per dare il via libera all’annullamento dei diritti fondamentali dell’individuo. Che è cosa che non produce uomini migliori (né dentro né fuori) e sta corrodendo la nostra democrazia.
    Tornando a una pagina del diario di Musumeci… dove ricorda di avere letto che una direttrice di un carcere indiano criticava le nostre moderne prigioni perché prive di alberi. E si rende conto che è vero, che in tutte le carceri dove è stato non ha mai trovato un albero in un cortile e si chiede chissà perché l’Assassino dei sogni (come definisce il carcere) ha così paura degli alberi. Si risponde: “Forse perché in loro c’è vita. E lui odia qualsiasi cosa viva”.
    Leggete “Gli ergastolani senza scampo” (collana diritto penitenziario e costituzione- Editoriale Scientifica). E poi, se proprio non ci importa di quanto sappiamo essere non umani, di quanta confusione facciamo fra vendetta e giustizia, proviamo almeno a rispondere onestamente a una domanda. È questo che ci fa sentire “più sicuri”?

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