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    Ujjayi

    A lezione di yoga. Prove di respirazione. Ujjayi pranayama, che tradizionalmente, leggo, si traduce con “respiro vittorioso”. C’è chi ritiene si riferisca invece alla forma non silenziosa di questa tecnica. Che, semplificando, consiste nel contrarre i muscoli del collo, ostruendo in parte la glottide. Cosicché il passaggio dell’aria provoca un suono sordo. Che, mantenuto continuo e regolare, diventa un suono simile al flusso di un’onda del mare sulla spiaggia. Il suono nasce timido, quasi rappreso. Ma poi cresce e si unisce al suono del respiro di ognuno, e moltiplicato per il suono di ciascun fiato, diventa come rumore del respiro di un mare. Mantra, che è voce d’oceano. Ampio, tranquillo. Potente. Si osserva il respiro e si pensa di poter arrivare infine a possederlo, quel mare. Per un attimo persino sereni. Chi possiede il mare, si dice, può possedere anche il mondo. Tranquillità d’un attimo. Se si affaccia, a disturbare la quiete della mente, un pensiero agitato, che sussurra: “Il mare… complice… dell’irrequietezza… dell’uomo”, parola di Conrad. E magari ci si ricorda di non saper nuotare…

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