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    Vecchi da morire

    A ridosso dell’anno che muore, un viaggio nel luogo dove i vecchi sono mandati a morire. Che non è, ahiloro, la montagna e l’albero dove popoli antichi lasciavano che i loro vecchi andassero a ricongiungersi con l’anima della terra… Perché i vecchi del nostro tempo non vorrebbero affatto lasciare il loro orizzonte quotidiano… perché sanno, i vecchi del nostro tempo,  che il luogo dove vanno ad essere rinchiusi, non sarà mai luogo di comunione, piuttosto di frattura definitiva con il respiro del mondo.

    Se ci entri da adulto, la prima volta ti colpisce perché non avevi mai visto prima, tutti insieme, tanti vecchi. Sono in prevalenza donne, e tutte così diverse tra loro: persino i capelli imbiancati hanno diverse sfumature…(…) Tanti occhi ti guardano incuriositi quando ti vedono. Altri rimangono semichiusi o scrutano il vuoto… (…) Verrebbe la pena chiedersi perché chiamiamo “casa” un luogo che non è casa, e “di riposo” un luogo dove la sveglia suona alle sei del mattino….” . Le prime immagini di “Vecchi da morire”, edito da Stampalternativa. L’autrice è Silvina Petterino, che è infermiera e ha voluto raccontare in un libro denso di emozioni cos’è la vita nelle case di riposo. Un libro dove la parola che più torna è “solitudine”, perché non c’è struttura, lei scrive, per quanto efficiente che possa restituire a un anziano il senso dell’appartenenza. Cosa può fare un’infermiera, che capisca questo? Da sola nulla, risponde Petterino. Ma insieme agli altri sì… insieme agli altri infermieri si può costruire un rapporto che non sia fatto solo di cura, organizazzione, medicine, ma di ascolto, attenzione e rispetto. (…) Capovolgendo insomma il rapporto che negli ultimi tempi è stato costruito: meno cure e più attenzione, e forse la parola giusta è più “amore”. Nel libro si affaccia una folla di persone, molti malati, ognuno con qualche disabilità, ma i più, mi sembra, semplicemente malati di vecchiaia… e forse questa è la cosa che in molti, ancora non riusciamo a capire… C’è un’ipocrisia che l’autrice svela e combatte: la prevalenza della malattia sulla persona, oggi che si tende a confondere i malanni della vecchiaia, la normalità della vecchiaia quindi, con la malattia, con patologie assolutamente da curare. Che per lo più, per questi poveri vecchi, si traduce spesso in pura tortura, fisica e psicologica. Ogni vita è un racconto che Silvina Petterino raccoglie. Ci sono ritratti indimenticabili… Luigia, che guarda il mondo attonita come una bambola; Anna, fuori di sé perché legata, lei che amava muoversi e viaggiare; Pietro, che quando gli viene chiesto dove abitava risponde “in via della libertà”.. che è una bugia, ma anche una grande verità… Perché la libertà è qualcosa di cui molti si sentono rapinati. In un luogo dove nulla è più personale e tutto è solo organizzazione. E il sentire che si incontra, i sentimenti degli ospiti, sono un vero tumulto… dalla pazienza di chi sa ancora illudersi di, un giorno, tornare a casa, alla rabbia di chi chiede e chiede di essere mandato a casa, alla rassegnazione di chi della propria casa non parla neanche più, e che poi a volte è la strada verso la morte…  

    Molte delle persone che si incontrano sono affette da demenza… malati di Alzheimer… ma Silvina Petterino si dice convinta che in ogni forma di malattia mentale rimanga una zona,  nella mente e nei sentimenti, dove c’è luce… Come quando, mettendo il catetere a Maria, questa le parla del cielo, della luce, della città e le chiede “ma se devo morire, perché non mi lasciate morire?”

    Con molta professionalità il libro spiega anche le funzioni che comunque vanno svolte, i gesti da compiere, le cure da somministrare, per un luogo che non viene comunque demonizzato. Meglio comunque, dice l’autrice, dell’abbandono in una triste solitudine. Eppure, eppure… anche lei si è sentita un ‘aliena, alla ricerca di un luogo per la relazione, dove la relazione, appunto, faccia parte della terapia.

    Da leggere, questo libro, per le sue storie, che rimangono nel cuore, ma anche perché ci dà  una mappa per orientarsi in questo mondo: viene spiegato il lavoro dell’infermiere, delle altre figure professionali, l’importanza delle regole, e poi le cure, i dubbi sull’accanimento terapeutico, le varie patologie, e racconta come vengono organizzati gli svaghi, gli incontri con i familiari… Ma soprattutto si chiede, per questi vecchi, rispetto e gesti affettuosi… La sua autrice ha un desiderio: che questo libro venga letto anche dai nipoti, per imparare qualcosa nella relazione con i loro nonni e che, soprattutto, le sue pagine vengano lette con il cuore.

    Vecchi da morire” Silvina Petterino. ed Stampalternativa

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