Il 27 a Ponte Galeria terza tappa del viaggio di Marco Cavallo nei Cpr. Questa volta non ci saranno interventi o discorsi ufficiali. A parlare sarà Marco Cavallo e saranno le testimonianze raccolte nei Cpr. A dare loro voce Anna Ferraioli Ravel e di Lino Musella. Daniela Morandini li ha intervistati per noi. Ascoltate.
Marco Cavallo è tornato. Era nato negli anni ’70 dal genio di Franco Basaglia, dalla drammaturgia visionaria di Giuliano Scabia, dalla creatività dello scultore Vittorio Basaglia, dalla fantasia dei pazienti dell’ospedale psichiatrico di Trieste. Macchina teatrale di memoria rinascimentale, cavallo di Troia, installazione, Marco Cavallo, quattro metri di legno e cartapesta azzurra, conteneva i desideri e i sogni di chi viveva rinchiuso.
Cinquantadue anni dopo, Marco Cavallo è in vetroresina, ma è sempre altissimo, azzurro, e parla ancora di dignità e di liberazione. Il suo viaggio non passa più per i manicomi, ma per i Centri di Permanenza per i rimpatri. Chiede giustizia sulle condizioni dei migranti reclusi.
Davanti al Cpr di Ponte Galeria, alle porte di Roma, a dare voce a Marco Cavallo e alle testimonianze di persone nei Cpr imprigionate, Anna Ferraioli Ravel e di Lino Musella.
Sono tra gli attori più potenti della nuova scena italiana, ma in cartellone i loro nomi appaiono in secondo piano, rientrano nel progetto collettivo, non oscurano.
Lino Musella con il suo “Tavola tavola, chiodo chiodo…” ha messo in scena l’archivio di Eduardo: lettere, appunti, articoli, affidati alle cure preziose di Maria Procino. Ha interpretato la volontà del drammaturgo partenopeo di costruire e ricostruire pezzo per pezzo: che sia un presepio scassato in un momento di rabbia o il teatro San Ferdinando distrutto dalla guerra.
Ora, in questo periodo storico in cui si stanno consumando conflitti e un genocidio, cosa vuole costruire Marco Cavallo?
“Se si possono accostare, questi sono due simboli su cui ragionare – spiega Musella, con garbo e con rigore – . Eduardo ha voluto ridare il san Ferdinando alla città e alla sua gente. E’ un esempio immenso che resta. Marco Cavallo vuole conquistare le zone scomode, i luoghi, le persone, gli ultimi tra gli ultimi. E’ una metamorfosi, ma il grido è sempre lo stesso”.
Eppure, Eduardo fu lasciato solo dalle istituzioni, anche quando, da Senatore a vita, chiese nuove possibilità per i detenuti del carcere minorile di Isida.
“Bisogna andare avanti come ha fatto lui – aggiunge impetuosa Anna Ferraioli Ravel, che nel film “I fratelli De Filippo” ha interpretato Titina- . Io sto cercando di essere uno strumento, prima come cittadina, poi come attrice. Voglio recuperare il senso di un destino condiviso. E’ un momento complesso, carico d’odio e di un male sempre più banale. Tutti credono di stare dalla parte del giusto, ma come diceva Brecht, è ora di stare dalla parte del torto. Non si può far finta che la violazione sistematica dei diritti umani nei CPR non esista, né tantomeno ci si può girare dall’altra parte davanti a un genocidio”.
La poetica di Giuliano Scabia auspicava un teatro di strada nello spazio degli scontri. Oggi lo scontro è ammortizzato da una comunicazione invasiva, dalla propaganda, da un flusso digitale continuo. Come può il teatro dal basso far emergere ancora le contraddizioni?
“Non credo sia più il momento di un teatro politico come lo intendevano Piscator, Brecht o Dario Fo – specifica Musella- . Ma il teatro di per sé ha una dimensione critica, è un’arte funambolica che può esprimere una dimensione civile: come fa Marco Cavallo che cerca la strada per trovare la strada. Dobbiamo agire, non perdere tempo, intrecciare la sincerità interiore dell’attore con la finzione della scena”.
“Perché il teatro –sottolinea Anna Ferraioli Ravel- , è un luogo per stare uniti nelle differenze. Tante bandiere diverse fatte di stracci, senza simboli, accompagnano Marco Cavallo. Lui ascolta, poi rompe i confini, così come quando nel 1973, si dovette abbattere un muro dell’ospedale psichiatrico di Trieste per farlo uscire, perché era troppo grande. Ci vuole tempo, pazienza, ma i segni di una mobilitazione dal basso ci sono”.
Sono segnali che vede anche Musella:
“Nonostante ci siano schiere di negazionisti, diseguaglianze, errori ed orrori, classi dirigenti che non spiegano perché non si agisce, nonostante il mondo vada ad una velocità pazzesca, io vedo belle luci nelle nuove generazioni”.
Forse non è un caso che le due voci di Marco Cavallo vengano da quel Mediterraneo ora teatro di tragedie, ma un tempo incrocio di civiltà.
“Questo non lo so – conclude Anna Ferraioli Ravel- ma so che le stragi non sono cifre. Dietro ad ogni numero ci sono donne, uomini, bambini. In ogni CPR, in ogni carcere, in ogni barcone, in ogni guerra, ci sono persone, vite, storie, tragedie, sentimenti. Fermiamoci a capire cosa c’è dentro. Impariamo anche a stare zitti. Ascoltiamo prima di parlare”.
Daniela Morandini