More

    Dove la parola non arriva

    truduIl primo giugno si inaugura a Villa Lagarina ( Trento) , una mostra di disegni di Mario Trudu. ovviamente saremo lì…

    A cura di: Comune di Villa Lagarina
    Palazzo Libera
    Via Garibaldi, 12 – Villa Lagarina
    La mostra è a cura dell’Associazione Stefano Frapporti – Cabana. Inaugurazione venerdì 1 giugno 2018 alle 18.30, con la partecipazione di Francesca de Carolis, curatrice dei libri di Mario Trudu. Evento collaterale venerdì 15 giugno alle 21.00: “Non è sogno (la vita)”, proiezione del progetto di film di Giovanni Cioni

    “Sono nato ad Arzana e sou fieru de essere alzanesu (e sono fiero di essere arzanese), così da ragazzo ho appreso un po’ di regole della mia terra. Penso che quelli nati in quel luogo, in quel periodo e galu prima (e ancora prima), siano essi uomini che donne, siano persone forti da superare qualsiasi disastrosa avversità. Io per mia disgrazia ho scontato quasi 40 anni di carcere, e credo che possiate immaginare quanto possano essere stati duri. C’è tutta la vita di un uomo, avvolta dalla malasorte, e per quanto riguarda il mio caso posso con forza affermare avvolta dalla mala justithia. E se sono vivo, questo conferma che quelle regole quei principi rendevano le persone forti, persone che non sanno cosa vuol dire arrendersi e sono convinto che per la dignità dell’uomo sia tutto questo importante”.

    Con queste parole, in uno degli ultimi suoi scritti si presenta Mario Trudu, che ad Arzana, paese dell’Ogliastra, è nato nel 1950. Pastore, nel 1979 viene arrestato con l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione. Condannato per un delitto del quale da sempre si dichiara innocente, durante una breve latitanza è responsabile del sequestro dell’ingegner Gazzotti. Condannato all’ergastolo.

    In “Totu sa beridadi. Tutta la verità, storia di un sequestro”, Mario Trudu ha raccontato le vicende che lo hanno portato alla condanna e poi gli anni della detenzione. Un libro che apre uno squarcio sulla storia, ancora piena di ombre, della Sardegna dei sequestri, il processo all’Anonima che tanto ha occupato le cronache a cavallo degli anni ’70 e ’80, e la figura del “giudice sceriffo”, il giudice Lombardini, suicidatosi dopo l’inchiesta aperta dalla magistratura su sue poco chiare iniziative a proposito, appunto, di lotta al banditismo…

    Mario Trudu entra nel trentottesimo anno di detenzione. In tutti questi lunghi anni gli sono stati concessi solo due permessi, di sei ore l’uno, di otto l’altro, per partecipare alla presentazione di lavori realizzati mentre si trovava nel carcere di Spoleto, dove si è diplomato nell’Istituto d’Arte. Ormai più di dieci anni fa. Poi più nulla. E solo lo scorso anno, dopo tanto che lo chiedeva, è stato trasferito in un carcere della sua terra, a Oristano, dove almeno può con una certa frequenza ricevere la visita dei familiari.

    E questo perché Mario Trudu, per il meccanismo che nasce dalle norme emergenziali introdotte dopo le stragi di mafia degli anni ’90, è “ostativo”, che significa che il suo è un fine pena mai effettivo, che lo esclude dall’applicazione dei benefici di legge perché non è stato collaboratore di giustizia. Non è un “pentito”, si dice, confondendo quella che è una scelta processuale (diventare collaboratore di giustizia), con il percorso di un pentimento intimo, reale.

    Insomma, alla nostra giustizia non sembra importare quanto Mario Trudu sia stato “recuperato”, come pure prevede la Costituzione.

    Di quanto grave sia stato il suo reato Mario è oggi assolutamente consapevole, anche se ci tiene a sottolineare che il suo comportamento, per quanto ora sappia sbagliato, sia stato reazione alla prima grande ingiustizia subita, la condanna per un sequestro cui non ha mai partecipato…

    Tempo fa Mario mi disse, a proposito delle sue vittime, che “certo questo non può essere di grande sollievo per i familiari offesi, ma devono sapere che per Mario Trudu è un enorme peso ciò che è successo”.

    Ma anche ha scritto: “Ritengo che le vittime di questa faccenda non siano soltanto i sequestrati. Pure io e i miei familiari siamo vittime di un Stato che dovrebbe fare giustizia e non vendetta. Da trentotto anni anche io sono sequestrato e senza alcuna prospettiva di uscirne vivo”.

    Mario Trudu, che vive un durissimo, lunghissimo ergastolo, che neppure chi ha avuto condanna per feroci stragi in Italia… subisce anche l’ingiustizia di norme che gli sono state applicate retroattivamente, essendo l’ostatività prodotto delle norme introdotte quando era in carcere, con condanna definitiva, già da più di un decennio. E non sto a spiegare i sottili distinguo che rendono “lecita” questa sostanziale violazione del principio del dettato costituzionale che vuole che nessuno possa essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

    Mi sono piuttosto chiesta, quando l’ho incontrato la prima volta, ormai cinque anni fa, come si fa a sopravvivere a tanti anni di prigione. La risposta è nei suoi racconti, nei bellissimi disegni che li accompagnano. Corredo, come questi che vedete in mostra, della sua autobiografia e del libro “Cent’anni di memoria, omaggio ai miei vecchi”, che è il racconto della sua terra, del suo paese, negli anni che lo hanno visto bambino e poi adolescente. Disegni che, specie quando raccontano della sua terra, sembrano affiorare da un mondo arcaico, a volte onirici, dal tratto sottile, delicato e forte, inciso come sulla pietra. Perché, ho sempre pensato, se non avesse imparato a scrivere, è sulla pietra che Mario avrebbe inciso le sue narrazioni.

    Ciò che ha tenuto in vita Mario Trudu è il ricordo degli anni del tempo libero, della sua terra, del suo paese, rimasti intatti in lui, e la sua capacità, come racconta, di vivere due vite: quella morta del tempo del carcere, e quella che immagina di rivivere nel mondo che ricorda, rivivendone, attimo per attimo, i colori, gli odori, le storie… una sorta, anche lui, di “vagabondo delle stelle”. Come sulle tracce di Jack London…”

    Francesca de Carolis, giornalista, scrittrice, amica e curatrice dei libri di Mario

    Mario Trudu
    Pastore, nel 1979 viene arrestato con l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione. Condannato per un delitto del quale da sempre si dichiara innocente, durante una breve latitanza è responsabile del sequestro dell’ingegner Gazzotti. Condannato all’ergastolo, ostativo (“fine pena mai” effettivo), in carcere, a Spoleto, si diploma all’Istituto d’Arte. Attualmente è nel carcere di Oristano.

    Associazione Stefano Frapporti – Cabana
    Nasce dopo la morte di Stefano (Cabana per gli amici) trovato impiccato nel carcere di Rovereto il 21 luglio 2009. Le circostanze del suo decesso non sono mai state chiarite. Scopo dell’associazione è organizzare iniziative per informare e sensibilizzare riguardo le problematiche carcerarie.

    Orario
    mercoledì, giovedì, venerdì 14-18
    sabato, domenica, festivi 10-18
    lunedì e martedì chiuso

    ingresso libero

    INFO:

    Circolo Culturale Cabana
    Via Campagnole 22, Rovereto (TN)
    nonsipuomorirecosi@gmail.com
    www.circolocabana.it

    Comune di Villa Lagarina
    cultura@comune.villalagarina.tn.it

    Ultimi Articoli

    Ancora Parole buone

    Le Donne del Muro Alto

    Violenza inaudita e ingiustificabile

    Me ne sazierò: ciecamente

    Archivio

    Tag

    Articolo precedente
    Articolo successivo