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    “Oggi hai gli occhi pazzi e quindi ti lego perché voglio dormire tranquilla stanotte”

    Pensando alle donne, in questi giorni che per tanti aspetti se ne parla, ho ripreso in mano un interessante volumetto: Perugia Underground. Storie di donne, sesso e potere nel Novecento (F.Tozzuolo editore). Lavoro di Andrea Maori, che è archivista e ricercatore, e nel suo attento, rigoroso e documentatissimo lavoro di scavo nella storia, ci racconta, a proposito di donne, tre diverse vicende, di tre diversi momenti del secolo scorso, tutte nate sullo sfondo della città di Perugia ma che pure riguardano l’Italia intera.
    Mi soffermo sulla prima parte del saggio, che riguarda il carcere femminile di Perugia. Che è storia di violenza e umiliazioni, di uno scandalo d’inizio ‘900 arrivato fino in Parlamento. E’ anche la storia di due donne ben coraggiose che quello scandalo fecero scoppiare: Zina Centa Tartarini, marchesa, ispettrice volontaria delle carceri, e Maria Rygier, di origine polacca, socialista, antimilitarista, giornalista.
    Donne…
    Intanto la trentina di detenute presenti nel carcere di Perugia fra il 1909 e il 1912 e le circa cento ragazze ricoverate nel riformatorio femminile, che al carcere era contiguo, aperto per minorenni “traviate”. Per tutte “la quotidianità non era molto diversa da quella di altre carceri ed era fatta di inedia totale”.
    Donne anche le persone cui era affidata la custodia e la sorveglianza. Ed erano religiose che “apparivano lo strumento più adatto al pentimento delle detenute nonché a far loro acquisire regole di condotta basate sulla docilità, dipendenza e subalternità”. A gestire il carcere femminile, a Perugia, in quegli anni erano le Suore del Patrocinio di san Giuseppe, subentrate alla quarantennale gestione della congregazione belga allontanata dal Ministero della Giustizia “per inosservanza dei regolamenti, interpretati senza un giusto senso di umanesimo”.
    E nel 1909 esplode lo scandalo, con le combattive denunce della marchesa Tartarini, l’ispettrice, e la forza polemica di Maria Rygier, con le sue inchieste che raccolgono testimonianze tremende.
    “Oggi hai gli occhi pazzi e quindi ti lego perché voglio dormire tranquilla stanotte”…
    Le minacce, le violenze, soprattutto nei confronti delle minori che testimoniano di essere state rinchiuse in celle umide, nude, nutrite solo a pane e acqua. Fino allo svelamento delle pratiche sessuali, di cui alla fine, sottolinea Maori, tutte in qualche modo sono vittime, detenute e suore, se qualche religiosa viene rinchiusa in manicomio perché malata di “isterismo sessuale”. E le cose, con il passaggio di gestione non stavano andando molto meglio.
    Tutta da leggere questa vicenda su cui s’innesta la discussione sulla condizione delle carceri femminili, e la battaglia politica che, partita dal vivace dibattito perugino, presto arriva alla ribalta nazionale, e porta nel 1910 alla soppressione del riformatorio di Perugia. Pagine documentatissime, che molto raccontano dell’Italia, della Chiesa, della condizione delle donne “chiamate a penitenza”…
    Una storia che va letta e ricordata, tenendo presente che il carcere nella sua orrenda sostanza, principi e riforme a parte e fatta salva la buona volontà di molti che ci lavorano, è sempre la stessa cosa da quando è nato nella sua forma attuale. Lo sottolineava alcune settimane fa un interessante articolo di Internazionale che, nello specifico riferendosi al caso di Alfredo Cospito, chiarisce che quanto accade oggi riflette la storia tutta del carcere. Una storia di violenza che dura da 250 anni, quando appunto nacque quella strana “pretesa di educare imprigionando” (Foucault).
    Solo un cenno alle altre due vicende racchiuse nel libro di Andrea Maori, che non trattano di carcere ma di “donne di malaffare” durante il fascismo che “per sopravvivere scompaiono” e del percorso per l’applicazione in Umbria della legge Merlin, che portò alla chiusura dei bordelli. Storie e tempi diversi, ma tutto accomunato dal difficile, doloroso cammino per la rivendicazione di dignità e libertà, ché l’una non può esistere senza l’altra. Ed è libertà dalla violenza, dalla paura, dallo sfruttamento… che, pur con tutte le differenze che vogliamo, ancora tanto gravano sulla vita delle donne.
    “Se fossi donna”, scrive nella prefazione a Perugia underground Paolo Bartoli, “potrei forse dire che non sentivo il bisogno che Andrea Maori mi ricordasse le umiliazioni, gli oltraggi di ogni genere, le violenze che le donne hanno subito e subiscono da parte del potere, istituzionale o individuale, dei maschi (…). Se fossi un uomo, come in realtà sono, troverei che i tre saggi che compongono questo libro mi riguardano molto, molto da vicino (…)”.
    In copertina un volto antico di donna. Opera dipinta da Daniel Muñoz Rodriguez sul muro dell’ex carcere femminile di Perugia per rappresentare, spiega, la sottomissione delle donne attraverso la storia.
    Il murale non c’è più, è stato distrutto durante lavori di ristrutturazione dell’edificio.
    Rimane tutto quello che le donne hanno subito. Tutto quello che ancora oggi subiscono.

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