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    croste formaggi e prigioni…

    Bislacco pensiero di domenica mattina… L’avevo già notata altra volta. Quella strana scritta sull’involucro di plastica di un pezzo di formaggio. Sì, di quelli che compri ahimé al supermercato già tagliato in spicchi… Sotto la specifica, latte, caglio, sale, temeperatura alla quale si raccomanda conservare, e una riga sopra la data di scadenza, questa frasetta: crosta non edibile. E ieri stavo giusto pensando di comprare un pezzettino di formaggio ( ancora per poco, giuro, prima di passare al vegano puro…) che mi ricade l’occhio su quell’avvertenza, scritta piccolo piccolo: crosta non edibile… La volta precedente c’era stato un piccolo dibattito a tavola sul significato all’inizio piuttosto oscuro di quell’edibile. Finché, un rigurgito di latino… ma già, edo, in latino mangiare. Non edibile… non mangiabile, dunque. Svelato l’arcano ti assalgono dubbi atroci: e di cosa sarà mai fatta questa crosta? Acido? Veleno? Colla? A parte la nostalgia del nonno che dai suoi bei pezzi di formaggio appena appena grattava un piccolo nulla dalla crosta con la lama di un coltello, e così insegnava che andava fatto… Il bislacco pensiero di questa mattina riguarda le parole e i significati… quelli furbescamente camuffati … perché nessuno se ne accorga… come si fa con le persone che non ci piacciono e che pensiamo pericolose…, e nascondiamo ben bene nelle prigioni… Prigioni di significati, per nasconderne l’onta. Troppo pericoloso liberarare certi significati… Immaginate la reazione davanti a una crosta sfacciatamente non commestibile. Magari qualcuno si interroga sulla materia e sulle materie, come è successo a me, che a quel pezzo di formaggio non mi sono più accostata, e mi guarderò bene dal farlo in futuro…

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