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    Caino e il suo dio crudele. Ma il diritto è “violenza domata”

    Cain Fleeing Abel
    William Blake, 1826

    “… Tu sei caino, e malvagio, infame uccisore del tuo stesso fratello, Non tanto malvagio e infame quanto te, ricordati dei bambini di sodoma. Ci fu un lungo silenzio, poi caino disse, Adesso puoi anche uccidermi, Non posso, dio non si rimangia la parola, morirai di morte naturale nella terra abbandonata e gli uccelli rapaci verranno a divorare la tua carne, Sì, dopo che tu avrai prima divorato il mio spirito…”

    E torniamo a parlare di Caino… sì, pure in un momento in cui terribili crimini riaccendono mai sopite polemiche a proposito di delitti e di pene. Anzi, proprio per questo… Di Caino ma anche di quel dio che, nella narrazione di Saramago, è un dio cattivo, ingiusto e vendicativo e che, soprattutto, non ama gli uomini.
    Ve ne parlo spesso, dei “peggiori” Caini del nostro tempo. Gli ergastolani ostativi. Persone condannate all’ergastolo che più ergastolo non si può, se esclusi da tutti i benefici pur previsti per chi è condannato anche alla massima pena. Una pena perpetua e immutabile, la loro, che arriva fino alla morte, cui ci si può sottrarre “solo collaborando utilmente con la giustizia”. Per intenderci, cainissimo è stato Mario Trudu (e quanto ve ne ho parlato…), 40 anni di carcerazione senza spiragli, neanche quando gravemente malato, e poi una morte cattiva…
    E poi c’è quel dio… e mai si può smettere di interrogarsi su questa giustizia che troppo spesso veste i panni del dio ingiusto e crudele, che sa a volte essere più cattivo del più cattivo degli uomini. Che è potere tremendo, quello dell’uomo sull’uomo…
    Per questo aspetto con grande interesse l’edizione di quest’anno dei seminari preventivi dell’università di Ferrara “Amicus curiae” (e vi invito a seguirla, se potete, giovedì 25, o comunque a curiosare su www.amicuscuriae.it). Seminari “preventivi” perché riguardano questioni di costituzionalità pendenti davanti alla Corte costituzionale, ma non ancora decise. E giusto giusto pende davanti alla Suprema Corte questione che riguarda la preclusione automatica alla libertà condizionale per chi non è collaboratore di giustizia. Come, appunto, gli ergastolani ostativi, come lo era Mario Trudu. E dunque, “Il fine e la fine della pena”, l’eloquente titolo.
    E non scappate via, che non è solo questione di “giuristi”, ma riguarda tutti noi e l’idea di stato e di diritto e di giustizia che abbiamo.
    Ringraziando il professor Andrea Pugiotto, che quei seminari, di cui è fra i promotori, mi ha fatto conoscere… affascinata da subito da quella sua definizione che ascoltai un giorno del diritto come “violenza domata”. E proprio richiamando l’allegoria letteraria, che… “disossato dall’ateismo dichiaratamente professato da Saramago, e declinato in chiave giuridica, lo stupore misto allo sdegno del suo Caino davanti a un dio ingiusto e vendicativo (…) ci dice, innanzitutto, che un diritto penale che voglia essere diverso dal proprio oggetto, davanti ai crimini più gravi, non può che rivelarsi sproporzionato per difetto se intende conservare la sua umanità”.
    E penso a Mario Trudu, che molto era stupito e sdegnato a proposito del dio crudele con il quale ha avuto a che fare (Dio, Direttore, Magistrato, Castello… metteva sempre le maiuscole, Mario, a rappresentare ciò che di grave, potente, pauroso, imperscrutabile, a volte, aveva difronte…). E penso a quel migliaio e più di persone nella sua condizione, alla violenza per nulla domata che nega il diritto alla speranza, che aggiunge pena a pena, arrivando troppo spesso persino a far prevalere sul diritto alla cura di chi gravemente malato (e non immaginate quanti e come si è malati, e non curati, in carcere) l’esecuzione di una pena che diventa, così, una sorta di cieca vendetta. Populismo penale omaggio al populismo politico dei nostri cattivi tempi…
    La fine e il fine della pena, dunque… cosa che riguarda l’animo della nostra civiltà giuridica…
    E onore al merito ai seminari dell’ateneo estense che, nati alla fine del secolo scorso e ripresi lo scorso anno dopo una breve interruzione, hanno sempre toccato argomenti che riguardano la vita di noi tutti. Argomenti caldi, caldissimi, direi, scorrendone i titoli… dall’ammissibilità del quesito referendario elettorale (“Elettori legislatori”) della prima edizione, alla questione odierna dell’ergastolo… passando per il caso Cossiga (“Capo dello stato che esterna o privato cittadino che offende?”), i simboli religiosi nei luoghi pubblici (“Laicità crocefissa”), la parità dei sessi…
    Amicus curiae… è figura nata nel mondo anglosassone che si riferisce a chi, che non sia parte in causa, offra volontariamente informazioni alla corte su un aspetto della legge per aiutare i giudici nella loro decisione. E questi seminari, leggo nella pagina istituzionale di Amicus curiae, sono nati “per favorire una leale collaborazione tra dottrina e giurisdizione costituzionale”. E d’altra parte, insegna Luigi Ferrajoli, giudici e giuristi sono istituzionalmente chiamati, entro uno stato di diritto a costituzione rigida (come lo è la nostra, attingo alle lontane nozioni di diritto costituzionale…), ad essere dei “riformatori di professione”. Che significa che “è loro compito non conservare il diritto vigente come tale, ma analizzarne i profili d’invalidità costituzionale” e progressivamente adeguarlo a ciò che la nostra Carta chiede…
    Cosa che oggi assume una valenza nuova, se nel gennaio scorso la Corte costituzionale ha aperto formalmente le porte all’istituto dell’amicus curiae (e non solo), per consentire alla “società civile di far sentire la propria voce sulle questioni di costituzionalità”. Insomma, si è aperto un importante canale di partecipazione al processo…
    A margine… la cosa è ancora più interessante, se penso che è nella stessa scia della pronuncia della Corte che recentemente ha riguardato l’intervento del terzo settore nell’attività degli enti pubblici… legittimandolo come partner della pubblica amministrazione nell’ideare e realizzare interventi in settori di interesse generale. Co-progettatori, quindi, e non più “semplici erogatori di servizi”, per lo più a basso prezzo. Insomma, un’idea partecipativa del nostro essere nello stato che ci piace.
    Tornando alla questione dell’ergastolo ostativo…
    Qualcosa piano piano intanto si è mosso. La pronuncia della Corte europea dei diritti dell’Uomo che ha condannato l’Italia per questo regime penitenziario… la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha riconosciuto la possibilità di concessione di un permesso premio a condannato non collaboratore di giustizia… Brecce che si aprono nel muro di una feroce pena, che poco ha a che vedere con le cose di uno stato di diritto…
    Chiamati nuovamente in causa per decidere della libertà condizionale di uno dei nostri caini, cosa diranno ora i giudici costituzionali? Possono sembrare questioni per addetti… ma non lo sono perché, ripeto, riguardano la nostra civiltà…
    Quindi il 25 mi metterò in ascolto… di quello che i partecipanti al seminario, giuristi, docenti, associazioni, avvocati… avranno da offrire alla riflessione della Corte.
    Perché non riesco a riconoscere quel dio che, rivolto a Caino… “morirai di morte naturale nella terra abbandonata e gli uccelli rapaci verranno a divorare la tua carne…”. Quel dio che prima ancora ne ha divorato lo spirito…

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