More

    La quinta felicità

    “La mia prima passeggiata con Laszlo è per andare a prendere pane e latte. (…) Cerco di scambiare qualche parola con lui. Non l’ho ancora sentito parlare. Gli chiedo da dove viene. Esce una specie di soffio dalla sua voce spalancata, ha i muscoli delle mascelle molto deboli: “Hahia”. “Cosa?” “Zaha”. “E dov’è?”.. E’ la voce di un ferito a morte: “Eh, Zara… è un posto molto lontano”.

    Laszlo è uno degli ospiti della casetta, un edificio all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste dove, anni dopo la chiusura del manicomio, abitano alcune persone che dell’ospedale erano stati ospiti. E “La quinta felicità” è il libro, edito da Stampalternativa , di Eugenio Azzali, che racconta un anno di  servizio civile svolto accudendo “i matti della casetta”. Cos’è la “quinta felicità?” Una frase colta su di un autobus, mormorata da persona che in qualche modo dà ad Azzali, e a noi che leggiamo, il benvenuto nel mondo dei “matti della casetta”. Dove Azzali è stato perché obiettore di coscienza. All’inizio forse solo curioso, ma poi completamente travolto e coinvolto dagli incontri di quei giorni… l’incontro con adulti rimasti bambini… adulti- bambini , che in manicomio poco più che adolescenti erano entrati…Fortissimo è l’impatto con i corpi, Peppe dell’Acqua nella prefazione al libro parla quasi di violenti “corpo a corpo”, che accadono nella casetta.Dei “corpo a corpo”, che Azzali ricorda come momenti in cui ha imparato, anche, l’uso di una forza gentile che mai, assicura, è stata sopraffazione o violenza. Mai e poi mai, in una relazione, con quegli adulti-bambini, che subito diviene di cura, di affetto, profondo… Il linguaggio è crudo, ma nello stesso tempo, da relazioni che sembrano intollerabili , da percorsi che a noi sembrano sconnessi, nasce anche della sottile ironia. Un episodio, fra tanti: uscendo da un cinema, dopo la visione di “Eyes Wide shut”, il film di Kubrick, con donne nude, notturni… Azzali ricorda il commento di Laszlo: “film de guerra , bello”. (…) Lazlo, e poi Esa e poi Euro, e poi Flì… nomi e volti e storie che l’autore non ha mai dimenticato. Né loro hanno dimenticato lui se, dopo anni, ancora lo cercano per un saluto, una parola… l’ultima volta per gli auguri di Natale. La “quinta felicità”, dunque, e la sua carica enorme di umanità. Ricordo ancora un  passo struggente, ancora protagonista Lazlo, che davvero rimane nel cuore, lui profugo da Zara, che tanto tempo aveva vissuo in campi profughi, anni che sicuramente avevano inciso, drammaticamente, sul suo stato mentale, anche…  Una mattina, pettinandolo, Azzali gli chiede: “Dove vuoi la riga? A destra o a sinistra?”. La risposta di Lazlo? “A Zara!”. Zara, la terra perduta… da inseguire tutta la vita sia pure solo nel pensiero, in direzione ostinata e contraria…

     

     

     

    Ultimi Articoli

    Ancora Parole buone

    Le Donne del Muro Alto

    Violenza inaudita e ingiustificabile

    Me ne sazierò: ciecamente

    Archivio

    Tag

    Articolo precedente
    Articolo successivo