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    Quale giustizia?



    A proposito del suicidarsi. Vittorio da Rios, e non finiremo mai ringraziarlo, ci regala questa riflessione. Tutta da leggere…

    Si legge alla voce suicidio nel grande dizionario Devoto-Oli: S.M. L’atto di darsi la morte in quanto compiuto con deliberata volontà: “La disperazione lo spinse al S. Per i filosofi stoici in determinate circostanze il S. era lecito. Grave danno o pregiudizio materiale o morale che si reca a se stessi per sconsideratezza o temerarietà”.
    Francesca ci consegna un suo ennesimo capolavoro sul quale tutti dobbiamo porci delle angoscianti domande. La prima è la tragica constatazione che quando una creatura umana varca il portone di un carcere vi è la sconfitta dello Stato di diritto. La seconda ancor più angosciante il suicidarsi, il darsi la morte ristretto, rinchiuso, dove il diritto a una vita giusta e dignitosa come previsto dalla nostra Costituzione è stato sistematicamente violato indecentemente calpestato, e del nostro dettato Costituzionale fatta carta straccia, questo ci ammonisce tutti ponendoci nella lucida consapevolezza delle tragiche responsabilità collettive. Francesca ci ricorda che sono 15 oramai da questo inizio dell’anno i suicidi. Nel 2022 sono stati una sequela di numeri impressionanti, che includono molte giovani donne che non hanno saputo reagire alla tragica condizione di essere “ristrette”, ma la società “civile, e libera” che impropriamente definiamo tale, come reagisce a questi fatti cosi drammatici di creature umane che pongono fine alla loro vita dentro queste “mini” gabbie espiative? Abbiamo disboscato foreste per scrivere una infinità di testi, saggi, trattati di diritto riflessioni sul sistema “giudiziario-carcerario” del nostro paese con tutte le conseguenze determinate; cambiato qualcosa? Assolutamente no; sono state apportate piccole modifiche di superfice che non hanno impedito che il sistema sia arrivato al collasso! Come si può rimediare a tale disordine che è di natura sociale-economica, quindi culturale ed etica? Il quadro è drammatico, la società odierna sta attraversando una crisi epocale che sta alla base dell’edificio economico-finanziario fin qui costruito. Con una spaventosa evoluzione in questi ultimi anni. Destrutturazione dello Stato di diritto, privatizzazione di strutture per mantenerlo e rafforzarlo, concentrazione del potere finanziario-produttivo-consumistico e della informazione in mano a pochissimi. Svuotamento di fatto del ruolo del parlamento, e del reale potere dei governi a cui oramai sono relegati a ruoli subalterni e di fedeli “maggiordomi” di chi oggi realmente comanda e gestisce il potere e i meccanismi che lo organizzano: finanziari-bancari. Dentro questa aberrante logica impostata sulla rapina “istituzionalizzata” supportata da leggi illegali in quanto anti Costituzionali, si è andati costruendo un apparato giudiziario-repressivo che violando sistematicamente i pilastri costitutivi della Costituzione agisce e criminalizza le vittime dei CRIMINI DI SISTEMA!
    Germano Maifreda nel volume “Io dirò la verità, il processo a Giordano Bruno” rileva che il Medioevo fece scattare tre serrature nella porta delle prigioni che rinchiudeva gli eretici. La prima consisté nella formazione dello Stato ierocratico, “Il potere della casta sacerdotale”, il cui monarca era il pontefice. La seconda fu la formazione di un corpus giuridico della Chiesa. La terza fu l’avvento del tribunale dell’inquisizione.
    Cambiato qualcosa nella sua fondamentale essenza concreta in questi ultimi 3-4 secoli? Ora iniziato il percorso del terzo millennio oramai da 23 anni, possiamo lucidamente constatare come si siano di fatto dimostrati fallimentari i paradigmi che fin qui hanno gestito almeno in questi ultimi decenni la giustizia nel nostro paese.
    Prendiamo una questione annosa tutt’altro che risolta, la questione delle strutture malavitose di stampo “mafioso” che per combatterle lo Stato, quel poco rimasto dalla totale svendita, ha applicato il 41 bis. E sappiamo che vi sono circa mille detenuti che di fatto scontano l’ergastolo, in condizioni ostative. Ora inutile dilungarsi sulla storia della Mafia e del formarsi e potenziarsi delle attività Mafiose-Criminali, ma un piccolo appunto è doveroso farlo.
    Come mai che fin dall’inizio della costruzione, come da dettato Costituzionale, dello Stato democratico dopo la tragedia Nazifascista non si siano addottati strumenti più idonei per stroncare già all’ora le formazioni di stampo Criminale-Mafioso operanti sul territorio, in particolare nel Sud del Paese?
    Gerardo Marotta uno tra i grandi Italiani contemporanei aveva una sua idea, difficilmente contestabile. Scrisse Gerardo, e lo disse in molte occasioni e convegni. Non dimentichiamoci che a Napoli, Gerardo con la migliore gioventù intellettuale negli anni 50, fondò Cultura Nuova, e il Gruppo Gramsci. L’intento era già allora di dar corso al pensiero Gramsciano, riguardo lo Stato e la “questione meridionale”. Sostenne già allora Gerardo che lo Stato era nato male, con poca autorevolezza quanto a strumenti culturali ed economici per “estirpare” le forme mafiose presenti, dotandosi di adeguati strumenti culturali ed economici per costruire su tutto il territorio nazionale la presenza dello Stato di diritto. Ricordava Gerardo che nei manifesti di propaganda elettorale delle prime elezioni post dittatura si leggeva: “Meno Stato più società civile”, da parte della DC. Ma le stesse forze di sinistra vedevano nello Stato l’oppressione e lo sfruttamento delle classe lavoratrici eredità dei processi determinati nei due secoli dalla rivoluzione industriale. E ora, in piena era post industriale e tecnologica con i mutamenti in essere impensabili solo alcuni anni fa con la destrutturazione fatta dello Stato di diritto, come si pensa di esercitare un minimo di giustizia ed equità sociale? Perché è bene ribadirlo: la giustizia si ottiene e si concretizza con l’equità sociale, gestendo razionalmente l’economia che determina la “GIUSTIZIA” sociale, dove a tutte e a tutti i cittadini sia garantita una vita giusta e dignitosa.
    Che sia da grande insegnamento questo “assioma” di Gerardo Marotta che ha aperto il nostro cuore all’amore per la giustizia e per la patria, alla forza rivoluzionaria delle idee e consiste nel fatto che la filosofia e la cultura NON SONO SEMPLICE ACCUMULO DI NOZIONI E DI ASTRATTE CATEGORIE, MA RIFLESSIONE E MATURAZIONE DI UNA CAPACITA’ DI GIUDIZIO CRITICO E DI ORIENTAMENTO PER COMPRENDERE E TRASFORMARE LO STATO DI COSE PRESENTE. E questo sia da monito e orientamento alle future classi dirigenti, ai futuri e odierni magistrati indaganti e giudicanti, ai direttori di case detentive, ai legislatori, ai professori di ogni ordine e grado delle strutture formative e a tutte le strutture che organizzano la vita civile ed economica del paese.
    Un caro saluto
    Vittorio

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