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    Un cardo fra le spine…

    e alla fine, a Siena, ho letto la lettera al pubblico che Mario Trudu mi ha affidato… Ascoltate:  “Oggi è la mia giornata, dovrei essere felice e vi garantisco che anche se a distanza lo sono veramente. Ma questo non mi avrebbe tolto dall’imbarazzo: gli unici miei interventi li ho fatti davanti a qualche Corte d’Assise, dove non ti va di tirare il discorso per le lunghe e potete immaginare il perché. Oggi sarei stato anche imbarazzato nel trovarmi a parlare davanti a tante persone con un sapere così colossale… Mi sono sempre visto come un cardo in mezzo a un campo sterminato, dove crescono solo spine, ma se possedessi una piccolissima parte del vostro sapere mi sarei sentito una rosa  in mezzo a quel campo di cardi… Non vi parlo del libro perché potrei vantarmi tanto da sbalordirvi tutti, e conoscendo i miei limiti come scrittore… questo compito lo delego agli altri ( cita me, la professoressa tabellini, i professori Fo e Mugnaini, scusandosi con i signori professori se li nomina per ultimo, ….ma io sono nato nell’ottocento, quando le donne venivano prima degli uomini… Come non vi parlerò della mia vita senza riposo, non sarebbe giusto che ciò che ho sofferto io lo scaraventassi sulle spalle di chi ascolta… Mi sarebbe piaciuto, se fossi stato presente, saper fare un discorso a braccio: ma non sarebbe stato possibile per due motivi.  Primo la mia testa dopo tanto sopportare traballa un po’, la mia memoria se l’è mangiata lo stato con i suoi soprusi. Secondo:  addentrandomi nella mia faccenda sono certo che non riuscirei a frenarmi, con le mie parole sentireste l’odore nauseabondo  che si sprigionerebbe dal rimestare  tanto letame, vedreste, anche (…)bagliori che sprigionerebbero da quelle parole , simili ad esplosioni che avvengono sulla crosta solare, mandando a milioni di kilometri la sua incandescente lava. E per rispetto di voi tutti voglio evitare quell’esplosione d’ira…

    Mille volte grazie per l’appoggio che state dando a questa mia umile opera, lavoro che tratta cose serie, maledettamente serie e vere! Sarebbe stato bello se il mio scrivere fosse tutto uno scherzo, solo cose inventate.. ma nessuno di coloro che hanno avuto a che fare con la mia tragedia ha mai scherzato.. tutti hanno recitato la loro parte senza pensare come l’avrebbe vissuta il protagonista.. una falsa e assurda recita che mi ha stravolto la vita. Io ho avuto la parte vera da sopportare, e la parte più cruda  è toccata alla famiglia della persona che ho sequestrato, l’ingegner Eugenio Gazzotti, che non c’entrava nulla… Ma io non recitavo nessuna parte, lì scorreva la mia vita, quella decisa da altri uomini, la mia parte è stata così vera che sono riusciti quasi ad uccidermi.. Purtroppo con me hanno fallito, non sono riusciti ad eliminarmi fisicamente, ma con tanti altri sì… Magari penserete che non sono riusciti perché ero e sono un uomo forte. Non è così, non sono né di ferro né di marmo… se sono ancora vivo, potrei addossarne la colpa a tanto odio che ho nutrito nei primi decenni di carcerazione… o potrei parlare di fortuna, anche se dopo 36 anni di carcere mi viene difficile credere ancora nella fortuna… sarei del tutto impazzito…

    Signore e signori vi ringrazio e vi abbraccio tutti quanti con sincera stima e affetto. Ma per sentire il mio abbraccio dovete fare un enorme sforzo…è troppa la distanza che ci separa, e sono circondato da mura e inferriate a non finire…

    Auguro a tutti una buona lettura di “Totu sa beridadi”.. grazie ancora per essere venuti a onorare questo eterno galeotto.

    Mario Trudu

    Santu Giminiani , su 7 de mau de su 2015

     

     

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