E così il cavallo azzurro ha attraversato l’Italia, ha avuto per tappe quei tremendi luoghi della nostra indecenza che si chiamano Cpr. I cosiddetti centri per il rimpatrio. Dove vengono rinchiusi migranti, persone che, contrariamente a quel che si vuol far credere, non hanno commesso alcun reato, se non quello di avere attraversato un confine, non in regola con un permesso di soggiorno, colpevoli di aver cercato una via di fuga da vite impossibili, o anche solo di aver desiderato una vita migliore. Non finiremo mai di ripeterlo…
Per ora sta solo tirando il fiato, il cavallo. Il suo cammino riprenderà presto. Terminerà solo quando tutti i Cpr saranno chiusi e quando sarà abrogata quella misura ripescata dal tempo del regime fascista che è la detenzione amministrativa.
Non se la prenda il nostro cavallo, ma ho pensato che se c’è un’immagine che per me ancor più coglie il cuore, l’anima di questa iniziativa, e dà speranza di un cammino futuro, è quella di un cavallino candido dai profili azzurri e una coda che è quasi battito d’ala, confuso fra altri cavallini… dal manto bianco, o variopinto, o spruzzato di disegnini come carta da parato per stanza di bimbo… Cavallini di cartapesta, legno, stoffa… insomma una mandria “a briglie sciolte” che, nella tappa romana, ha fatto ala al cammino di Marco cavallo accompagnandolo fin davanti al Cpr di Ponte Galeria. I cavallini del Collettivo degli artisti di Monte Mario che con il linguaggio dell’arte esplorano sentieri del disagio psichiatrico, alla luce dei principi tracciati dalla legge 180.
Una mandria di cavallini l’uno diverso dall’altro. Perché se un miracolo il cavallo ha già compiuto, è quello di aver riunito intorno a sé un’infinità di persone, gruppi, associazioni… insomma, è bastato lanciare un nitrito, un primo appello, e l’iniziativa del Forum è subito trasmutata in un movimento collettivo, che fatto incontrare tantissime realtà. A volte diverse, anche, nel linguaggio, nei modi, l’una dall’altra, ma tutti alla fine, come affluenti di un unico fiume, a scorrere nella stessa direzione…
Ed è questa azione popolare sprigionata dal basso che la “mandria a briglie sciolte” sta a simboleggiare… forza di un valore aggiunto di cui Marco Cavallo, ne sono convinta, è stato ben lieto. Ne è stato rinvigorito, anche. Avete sentito? La sua voce è diventata coro. Un coro per rompere il silenzio, passo importante, preludio al rompere muri e tranciare fili spinati.
Un coro che ha rotto il silenzio di narrazioni bugiarde, per narrare la verità di vite soffocate. Come questa di Wissem, che ancora una volta, a nome di tutte, vogliamo pronunciare.
“ … guardate che posto è questo! ci hanno portato in carcere, ma noi non abbiamo fatto niente. Guardate dove siamo! stiamo protestando perché non è giusto, vogliamo la nostra libertà. Vogliamo un avvocato”.
Queste sono le ultime parole di Wissem Ben Abdelatif, morto il 28 novembre del 2021 legato mani e piedi in un letto di contenzione del reparto psichiatrico del san Camillo. Era stato legato per 100 ore. Nel Cpr aveva ricevuto la diagnosi che è stata il suo timbro di morte: sindrome schizo-affettiva. Wissem era arrivato sano in Italia. Dopo poco più di un mese, è morto senza mai essere stato libero in questo paese, tra navi quarantena, Cpr e reparti psichiatrici.
Storia di Wissem, per ribadire ancora una volta, come sempre ricorda Carla Ferrari Aggradi, che del viaggio di Marco Cavallo è stata coordinatrice, che per il Forum il punto centrale è che si respinga il ritorno a una psichiatria garante dell’ordine, psichiatria del controllo sui comportamenti delle persone detenute. Perché questo alla fine i Cpr sono.
Nella manifestazione di chiusura del viaggio, martedì a Roma, al cinema Aquila, sono stati proiettati due filmati. Un corto sulla manifestazione di Ponte Galeria, dove ancora sono stati pronunciati nomi, storie che la narrazione ufficiale vuole seppellire… e un’anticipazione del film che narrerà l’intero viaggio. Anche questo un lavoro collettivo, ché Giovanni Cioni ha chiamato intorno a sé un bel gruppo di registi. E sarà, ancora una volta, intreccio di sguardi. Che idealmente guardano anche ad altre prigioni, ad altri confini, ad altri viaggi. Se unica bandiera ammessa nei nostri incontri, oltre il patchwork delle bandiere di scarti, è stata quella del popolo della terra di Palestina. In un gemellaggio ideale di Marco cavallo, insieme alla mandria di cavallini, con la Sumud Flotilla, già pensando ai sentieri lungo i quali ci ritroveremo, e presto ci ritroveremo, ancora marciando contro le frontiere, la violenza e le disuguaglianze. Per un mondo più giusto, per tutti.
La foto è di Salvatore Lucente