More

    Il villaggio che uccideva i sogni

    “Nel piccolo villaggio di Lalpur nella provincia afghana di Nangarhar, dove le montagne toccano il cielo e il vento canta tra le rocce, vivevano due fratelli. Omar, di otto anni, e Sami, di sette…”
    Inizia così il nuovo libro di Walimohammad Atai. Wali per gli amici. Ricordate? Lo abbiamo conosciuto anni fa, appena fuggito dal suo Afghanistan ‘liberato’ dagli Usa e venuto a vivere in Italia. Ci aveva raccontato gli anni terribili dei bambini bomba, insieme alla sua storia di ragazzo che “ho rifiutato il paradiso per non uccidere”… (https://www.remocontro.it/2018/04/08/wali-e-lafghanistan-talebano-dove-ora-volano-i-bambini-bomba/)
    E ancora racconta, denuncia, scrive del suo paese oggi attraversato da una crisi umanitaria gravissima, per scuoterci dal nostro torpore, riportandoci storie e immagini che vogliamo dimenticare…
    Questa volta lo fa con un racconto, “Il villaggio che uccideva i sogni” (ed.Ass. Multimage), che ha il tono e il linguaggio delle favole. E come un bel libro di favole, arricchito dei disegni di una giovane artista, scrittrice, Homaira Ebad, anche lei nata in Afghanistan e fra le tante cose attivista dei diritti umani.

    Il racconto di un villaggio poverissimo dove regna la violenza, dove i bambini vengono sfruttati nei campi per la raccolta dell’oppio, dove è vietato imparare a leggere e scrivere perché i signori della guerra sanno bene che “chi sa leggere è libero”. Ma Omar e Sami hanno un sogno: imparare a leggere. In un paese dove “sognare è già una forma di coraggio”. Di grande coraggio.
    E Omar e Sami, grazie al taccuino ritrovato di uno straniero ucciso proprio perché venuto a insegnare parole, vi riescono. Stando svegli la notte, tracciando linee sulla terra, usando pietre, perché non hanno carta né penne… alla luce della luna perché non c’è olio per la lampada… insomma, leggete… pagine che molto hanno da insegnare.
    Riescono infine, nonostante le minacce e le violenze, a conquistare ai loro sogni anche la madre e le due sorelline…
    Pagine tutte da leggere, piene di verità che sanguinano… vi dico solo che alla fine vincono loro. Perché anche se Sami viene rapito torturato e ucciso da chi, “vissuto nel buio, è infastidito dalla luce” accesa dai due coraggiosi ragazzini, ormai la gente del villaggio è dalla parte loro, è nata una scuola, e Lalpur, “guidato da una penna, una madre, e da bambini con le mani sporche di sogni”, è diventato un simbolo…
    Una favola, piena di dolore, anche, come lo sono le favole che insegnano verità…
    E Wali ancora ci ricorda che dobbiamo guardalo in faccia tutto questo dolore, che nella sua terra, è anche dolore dell’oggi. Guardare a questo dolore e al coraggio di chi vi si oppone.
    “Quando un uomo muore per la verità non lo seppellisci. Lo pianti e cresce come albero, come scuola, come speranza…” parole che pronuncia Omar dopo la morte di Sami. Insomma, quel “ci hanno seppellito, ma eravamo semi” che tanto spesso ritorna nelle voci di lotte di popoli che hanno fatto la storia…
    Un racconto che ancora più stupisce e commuove alla fine… sapendo che è storia vera. Storia del villaggio di Wali. Che mai ha dimenticato l’insegnamento del padre, Atta Mohammad, che era psicologo, e diceva che i ragazzi devono studiare anziché farsi saltare in aria “perché non c’è nessun paradiso ad attenderli”, e per questo è stato ucciso…

    Un libro ch emeriterebbe di essere diffuso nelle scuole, tanto per cominciare…
    Sfogliando le pagine tessute con i dolcissimi disegni di Homaira Ebad, rileggendo le biografie dei due autori, delle loro storie, del loro impegno… sempre più mi convinco che il nostro futuro sarà con loro. Sarà con persone venute da altre terre, come Homaira e Wali. O non sarà.

    Walimohammad Atai, Homaira Hebad, “Il villaggio che uccideva i sogni”, ed Ass.MUltimage


    Ultimi Articoli

    Che tornino, sane, le parole

    A briglie sciolte

    Archivio

    Tag

    Articolo precedente
    Articolo successivo