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    Dittici. I volti e il tempo…

    Pietro Basoccu, fotografo d’anime. E dell’anima del tempo. Mi viene da pensare oggi sfogliando il catalogo del suo ultimo lavoro, “Dittici”, dedicato ai ragazzi, al prezioso, delicatissimo, complesso spazio del tempo della loro adolescenza.
    Sempre Basoccu riesce a svelarci percorsi di intere vite fissate nell’attimo di un ritratto. Lo ha fatto cogliendo col suo obiettivo ricordi di anni e anni nello sguardo dei centenari d’Ogliastra… dipingendo il grigio soffocante di un’ossessione, fatta di ruggine, di ferro e silenzi, che intrappolano l’anima, nell’urlo muto di volti di “Captivi”… raccontando la sua terra attraverso una sorta di pantheon creato per gli artisti che la abitano… seguendo labirinti di vite smarrite nelle lesioni di vetri infranti…
    Questa volta la sua indagine è un cammino lungo cinque anni, racchiuso fra due istanti. Ritraendo ragazzi e ragazze all’età di tredici anni e poi andandoli a ritrovare al compimento dei diciotto.
    Tredici anni… tempo irripetibile, ho sempre pensato. Tempo in cui a sprazzi percepisci che tutto, ma proprio tutto, è ancora possibile. Che può essere sensazione di incontenibili gioia e smarrimenti. Comunque, momento d’infinito che mai più, con quella freschezza e assolutezza, si ripeterà…
    Diciotto anni… e trasformazioni intime hanno già mutato gli sguardi. A volte in maniera impercettibile, a volte in più evidenti inquietudini.
    Dittici… di ventisette ragazzi in pose che non sono le istantanee dei selfie che sono abituati a vivere, come fa giustamente notare l’antropologo Bachisio Bandinu, “nell’abusato gioco di smorfie e di pose dando per scontato il riconoscimento”. C’è comunicazione profonda fra i ragazzi, pur fra timidezze e interrogativi, e il loro fotografo. Che cerca di cogliere fra una foto e l’altra, scattata a distanza di cinque anni, lo spazio del tempo della metamorfosi. Che può essere conquista, gioia, ma anche turbamento, dolore…
    Ed è anche un bel gioco, un serissimo gioco, quello che ci invitano a fare questi dittici, mettendo a confronto due età di ragazzi in posa su sfondi che pure non mutano, se non di pochissimo, che pure la posa mantengono simile.
    Ma gli sguardi… stupori che diventano interrogativi, o già inizio di durezze…
    Ma le labbra… sorrisi che diventano appena serrati, a trattenere nuove consapevolezze…
    Ho già detto, parlando di altri lavori, dello sguardo di Pietro Basoccu, che è medico pediatra e ama definirsi “fotografo sociale”… della sua capacità di vedere negli occhi di ciascuno l’unicità di ognuno, e con questo restituirci mondi interi. E così accade con le foto di questi suoi ragazzi, della comunità di Villagrande e Villanova Straili, che ci parlano di un’età in cui, a tutte le latitudini, non poco si decide delle loro vite.
    Ancora un pensiero. Poggiare lo sguardo su Luca, Angela, Federica, Tomaso, Francesco e tutti gli altri, e ricercarli anni dopo cogliendone aliti, e l’offrirsi dei ragazzi a questo sguardo accettandone il gioco e restituendo comunque messaggi… mi è sembrato un tenerissimo colloquio, un bel comunicare fra generazioni. Preziosissimo insegnamento, di questi tempi in cui si tende a vivere piuttosto rinserrati ognuno nelle proprie durezze e categorie… di spazi, di tempo, d’età…

    “Dittici, i volti e il tempo” Soter editrice

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