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    Il giardino dei limoni…

    Ancora, a proposito di donne e della loro hambre del alma…, una bella riflessione di Paolo Rausa, che ancora aggiunge pensieri…

    “Mi vengono in mente tante storie, Francesca, di lotta e di resistenza delle donne contro il dominio degli uomini, non solo per affermare i grandi ideali o i diritti di genere, ma anche piccole storie di amori non corrisposti, o di spazi non concessi, di sentimenti negati e aspirazioni troncate che arrivano al punto di rottura, drammatico. Leggiamo purtroppo le cronache di questi tempi, di questi giorni, che hanno costretto coppie già sull’orlo di una crisi a convivere forzatamente, con le conseguenze il più delle volte di sottoporre la donna a comportamenti di sudditanza e in caso di ribellione al femminicidio, cosiddetto. Fra tutti i diritti quello più calpestato è il diritto all’amore e ai sentimenti. Noi uomini non concepiamo possibile che il nostro rapporto con la compagna giunga ad un punto di indifferenza, o peggio di violenza, che non ha senso continui. Non sia mai che la donna prenda coraggio e ci comunichi la decisione di lasciarci, allora accade l’irreparabile. Come se compisse un’infamia, rivendicando il suo diritto a vivere la vita con la libertà che è insita in ogni essere umano. Non so se hai visto il film di qualche anno fa, del 2008, ‘Il giardino dei limoni’ si chiama, coltivato da una vedova palestinese che non può rinunciarvi, neppure quando giunge nella villetta di fianco un ministro israeliano che teme possibili nascondigli di attentatori. La donna ce la mette tutta per non rinunciare al suo giardino, fa resistenza passiva, si rivolge all’alta corte di giustizia e alla fine trova compassione nel moglie del ministro. Tutta la mitologia è infarcita di storie dove le donne sacrificano la loro esistenza per l’uomo che amano senza peraltro il riconoscimento dovuto. Così Arianna dopo che Teseo ha ucciso il Minotauro viene abbandonata. Eco si strugge e si consuma d’amore per Narciso che ama solo sé stesso. Medea, la forza della natura, la maga proveniente dalle estreme propaggini orientali del mondo conosciuto, conserva in sé l’“hambre del alma”, la fame dell’anima, la selvatichezza, lo spirito indomito che ama e odia con un sentimento sconosciuto a Giasone. Se solo riuscissimo a comprendere le nostre compagne nelle loro richieste, anche quelle che possono sembrare più futili e che invece nascondono uno struggimento, allora non reagiremmo con violenza ma asseconderemmo quello spirito di libertà che ci porterebbe verso l’ignoto, imponderabile e ineffabile esistenza. Ma forse abbiamo paura…” Paolo Rausa

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