domenica prossima, appuntamento a “Prima”, in via dei Lucani 41,a (san Lorenzo) a Roma…
Rom e Gagé ….
si consiglia di prenotare…
Oggi vi voglio parlare di una storia d’amore. Una storia lontana nel tempo ma che, con l’animo romantico che ci ritroviamo, io e il Randagio, ancora ci fa palpitare in sussulti… cosa che ogni tanto fa bene all’anima, trovare motivo di palpiti e sussulti…
La storia di Carlo Pisacane e Enrichetta di Lorenzo. Pisacane lo conosciamo da sempre… gli ideali mazziniani… il sogno dell’Italia unita… l’avventura della Repubblica Romana, la tragica morte a Sapri… Ma quanti sanno dell’amore travolgente che lo unì alla donna che tutta la sua avventura condivise?
Questo amore io l’ho incontrato qualche anno fa, quando Alessandro di Lorenzo mi ha mandato il libro nel quale ha ricostruito la storia della sua famiglia. Alessandro è di Orta di Atella, comune della provincia di Caserta… e subito ho sentito odore di casa…
“Enrichetta era una prozia, i de Lorenzo una famiglia divisa fra Napoli e Orta di Atella dove c’è ancora il settecentesco palazzo… Le prime curiosità sono nate dai racconti sentiti in casa. C’era allora la tradizione del raccontare e da piccoli la sera eravamo tutti intorno al camino ad ascoltare… Così presto ho iniziato a cercare… ho raccolto i racconti tramandati di padre in figlio, ho fatto ricerche nelle diocesi, nelle biblioteche campane…”
La prima volta che l’abbiamo vista, io e il Randagio, era forse appena arrivata nel quartiere. Un viso e un corpo d’ebano, avvolta nei colori delle splendide stoffe d’Africa… e un bambino con gli occhi enormi che le saltellava vicino, sgusciava, si allontanava, ridacchiava guardandosi intorno. Si era seduta, un po’ sfinita, sulla panchina, sotto uno smilzo alberello, che la primavera non aveva ancora vestito di foglie, a vendere collane. Gliene ho comprate due, devo dire bellissime, di perle di legno colorato…
“Fabio!, torna qui, la signora è brava…”, mentre trattavamo sul prezzo ha richiamato a sé il bambino che, birbante e allegro, ancora le sfuggiva e “pericolosamente” caracollava sul bordo del marciapiede.
Fabio? Nome italiano… “Sì, un nome italiano…”. Forse augurio, viatico per la giovane vita che muove i primi passi su questa riva, scelto da una mamma che ha lasciato alle spalle, di là dal mare, la sua terra. “Burkina Faso”, mi ha detto…
E mi è venuto in mente l’inizio di un bel racconto che narra del Burkina Faso e del suo leggendario presidente, Thomas Sankara, cui costò la vita il sogno di un’economia di pace che potesse sollevare il paese dalla miseria. Pensate… solidarietà, sobrietà, produrre solo quel che si consuma… Sogno pericolosissimo. Avrebbe minato alla base le regole su cui poggia il nostro avido mondo. Ma non è di questo che ora vi voglio parlare…
Iniziava, quel testo, ricordando che le foglie
Organi…. per chi non lo sappia ( io per prima che sono andata a cercare…) L’organo Hammond è un organo elettrico progettato da Laurens Hammond. e costruito dalla statunitense Hammond Organ Company. In origine destinato alle chiese in alternativa ai più costosi organi a canne, fu molto utilizzato nel jazz, blues, musica gospel… e poi anche per il rock e il pop…
se volete saperne di più…
sabato, dunque, alle 18, con il Luca Mannutza trio, a Prima, in via dei Lucani (San Lorenzo), a Roma…
“Qual è il più gran pazzo che sia?” chiese il re.
“Colui che si tiene il più savio” rispose Bertoldo.
Soave verità del semplice ma saggio contadino che per la sua astuzia fu accolto alla corte di re Alboino…
Così, Gatto Randagio, che alla saggezza di fiabe e racconti si è sempre affidato, questa settimana, allo scoccare dei quarant’anni della legge Basaglia che “restituì ai ‘matti’ libertà, diritti e dignità”, ha sentito l’urgenza di leggere la “Guida alla salute mentale, per la conoscenza delle cure e dei servizi”. Un libro a firma di Renato Piccione e Gianluigi di Cesare, titolo appena nato della collana “180 archivio critico della salute mentale” (edizioni Alpha Beta Verlag), che ha lo scopo di orientare le persone con disagio psichico e le loro famiglie nel vasto campo delle diverse forme nelle quali si manifesta il disagio e nel corrispondente articolato campo delle soluzioni e cure offerte dal sistema sanitario pubblico.
E lo consiglia a tutti, il Randagio, ma davvero a tutti, perché “perdere o preservare la salute mentale non è solo un problema di singoli individui, ma è cosa che possiede una grande rilevanza sociale”. E riguarda centinaia di milioni di persone nel mondo. Ad essere precisi, l’Oms parla di 516 milioni di persone affette da disturbo mentale, anche stabilizzato, a cui aggiungere circa 1120 milioni di persone con disagio più o meno grave (dati del 2014).
Tema enorme, dunque, delicato, complesso… nei cui tanti risvolti, teorici e pratici, questo libro riesce a guidarci con semplicità e leggerezza, persino…
Leggerezza che già t’investe come un vento d’aprile con l’immagine di copertina…
“Beh, qui siamo mica a Bollate”, Gatto Randagio ha sentito spesso così sospirare qualcuno dei “cattivi” soggetti che ormai stabilmente frequenta. Bollate, carcere modello sinonimo di civiltà (se civile può mai essere l’idea della carcerazione), sogno di chiunque varcato il cancello di un istituto di pena, inizia a capire dov’è che è davvero finito…
E a Bollate dunque, ha letto il Gatto, verrà sperimentato un arredo per celle più funzionale, in maniera che dallo stesso pur breve spazio si possano ricavare piccole “comodità”. Tipo barre multiuso che diventano mensole, tavolini smontabili, guardaroba ricavati in angoli del letto a castello… “Stanze sospese”, la mostra in cui si presenta il progetto, al quale hanno lavorato designer e detenuti, nell’ambito del Fuorisalone milanese.
Certo negli spazi costipati, e spesso fuori norma, delle celle in cui sono ristretti i nostri detenuti, potrebbe un po’ rasserenare sapere dove mettere una maglietta in più, dove sedersi, dove poggiare con agio un libro… ma, primo pensiero del Randagio, di Bollate ce ne è uno solo… e poi e poi … c’è sempre quel tarlo che gli rode dentro, da quando ha toccato con mano cosa sia una detenzione, che per quanto si possa abbellire, riformare, attenuare… proprio non lo convince quella strana idea di rieducare imprigionando corpi… sorvegliando e punendo…
“Primavera non bussa lei entra sicura, come il fumo lei penetra in ogni fessura… ha le labbra di carne e i capelli di grano… che paura che voglia che ti prenda per mano,… che paura che voglia che ti porti lontano…”
Ancora De André. Il motivo di questi versi riaffiora, affacciandomi su un giorno di primavera finalmente esplosa, appena finito di leggere “Fuoco di legna, anime in cielo – Fabrizio de André e i suoi cattivi maestri”, di Franca Canero Medici (libro edito da Zona music books), e con la suggestione irruenta della primavera cantata da “Un chimico” mi viene urgente iniziare a parlarne.
Il caso… ma forse caso non è… con gli stessi versi, lo stesso giorno, saluta la primavera Dario, (Dario Stefano Dell’Aquila che conosco autore che indaga sui temi della vulnerabilità, della libertà, del potere psichiatrico). E non solo lui… Altri luoghi, altre generazioni, stesso sentire inquieto, stessa emozione, a cui ancora De André regala parole. E mi chiedo quanto è lunga, quanto affollata la “cattiva strada” lungo la quale la potenza della sua poesia in tanti ci conduce e ci fa incontrare…
Strada affollatissima, che sempre riserva sorprese, come l’incontro con “Fuoco di legna, anime in cielo”, e con la sua autrice, che deve averlo amato davvero tanto, De André, se ha saputo dedicargli pagine di tanto fascino.
Alberi di canto, il festival che a Maranola, alle porte di Latina, ritorna per il sesto anno… appuntamento di metà aprile con alberi e frutti dimenticati… quest’anno Peppe Servillo e l’ensemble Polifonia Aurunca interverranno insieme ad Annarita Persechino che curerà il percorso letterario con “Il racconto dei gelsi”, che anche a noi oggi ( e davvero la ringraziamo) ha voluto regalare… ascoltate…”Morus alba”…
“Il gelso era ed è ancora una presenza nelle antiche masserie aurunche. Questa pianta dona un fascino mistico alla masseria, sembra quasi che le dia un nome, una identità, una voce, una luce. Crea un ponte fra la vita di oggi a quella rurale di ieri. Nella zona aurunca, alcune masserie avevano ed hanno l’albero di gelso, piantato in funzione di meridiana. I contadini dalla sua ombra leggevano l’ora e dai colori del tramonto che penetravano attraverso le fronde leggevano il meteo del giorno dopo. Non solo, ma anche dal fruscio delle fronde, riuscivano a capire se era in atto una tempesta o il tipo di vento che stava per arrivare.
Storia di Walimohammad, che ha bussato alla mia porta con un messaggio postato su face book e l’urgenza di raccontare le vicende della sua vita… Walimohammad Atai, poco più che ventenne, venuto quattro anni fa da un villaggio dell’Afghanistan, che vorrebbe essere aiutato a raccontare, raccontare e raccontare… perché non gli basta, non gli può bastare, essere oggi uno dei fortunati che si sono salvati, approdato qui in Italia dopo un terribile viaggio nascosto in un tir, per fuggire dalla sua terra in guerra e dalle minacce di morte… Wali, (come lo chiamano gli amici italiani, “perché il nome intero sembra troppo difficile da pronunciare”) oggi, a ventuno anni, vive in Puglia, è mediatore culturale per una società che si occupa di immigrazione, è, con le quattro lingue che conosce, prezioso collaboratore di commissioni territoriali, tribunali, ospedali, questure e studi legali, sta per laurearsi e può dire di essere contento di vivere, libero, nel nostro paese.