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    restituendo a Medea ciò che è di Medea..

    Leggendo… stralci dalle motivazioni del tribunale del riesame che confermano l’arresto della giovane donna accusata di avere ucciso il figlio, laggiù in quel paesino siciliano, in provincia di Ragusa. Di cui non mi riesce di scrivere il nome, né di lei, né del bambino, né del paese… nomi già da troppe appropriazioni lacerati… Spaventandomi per il suono in qualche modo feroce anch’esso, di burocratica e “scientifica  freddezza”, di quegli stralci ripresi dalla stampa…  Chiedendomi, ancora una volta, da quanti punti di vista una storia può essere raccontata, quali voci indagare, anche quando non pronunciate, per non affogare nel pantano dei luoghi comuni.

    Pensando così a Medea, diventata nell’uso comune delle parole e dei pensieri “prototipo della madre assassina”… la maga della tragedia di Euripide che per vendicarsi del tradimento di Giasone uccide i figli avuti da lui ( così, molto sintetizzando e molto banalizzando).

    Ma c’è un racconto della vicenda di Medea che, scomposta in voci che si narrano come su facce diverse di uno stesso prisma, ci restituisce tutta un’altra storia.(…) Per questo la vado a rileggere ogni volta che si fa strazio della vita di madri assassine, presunte o tali che siano. La Medea di Christa Wolf. Voci, si intitola appunto. Ah, gli scrittori ( quelli veri, intendo)… con quale magia riescono a leggere attraverso le barriere del tempo. Indagando il passato, anticipando il futuro…

    La Wolf, risalendo risalendo le strade del mito, ricucendo frammento su frammento, restituisce a Medea quel che è di Medea. Né maga né omicida dei suoi figli. Non l’emblema della passione disumana, ma la straniera, lei che veniva dalla Colchide, che la gente di Corinto emargina e annienta e arriva a lapidarne il figli. Perché irriducibile alle regole del potere e di un regno che scopre fondato sul crimine. Ed Euripide? Ecco, sembra proprio che avesse manipolato la vicenda per “ragion di stato”, ed è cosa che per studiosi della storiografia antica non è una novità. Leggete l’interessante post fazione a  “Medea , voci” (edizioni e/o) di Anna Chiarloni. C’è persino il dettaglio di un onorario che Euripide avrebbe ricevuto per “ritoccare” quella storia: quindici talenti d’argento.

    Quindici talenti d’argento… neanche poi tanto, per così ben costruire un mito che è arrivato fino a noi. Consegnandoci Medea la barbara, la straniera dalle disumane passioni, altra dalle donne civili… altra da noi.

    Rileggere dunque il testo della Wolf, così, semplicemente per lasciarsi insinuare dal dubbio… quante voci possono essere vere e quante supposte o false. Quante possibili manipolazioni, per non intaccare certezze, pubbliche o private che siano.

    Madri che uccidono i figli… omicidi presunti e non… , dunque.

    Quello che più colpisce, la ferocia accusatoria delle donne. Mi sono sempre sembrate le più accanite. Sembra foga, la loro, mi perdonino, di chi assolutamente vuole cacciare via quell’angolo buio che in chiunque di noi può esplodere in un buco nero.

    A  proposito di accanimento, tanto per fare un caso fra i tanti dati in pasto alla nostra ferocia, come non pensare all’omicidio di Cogne e a quell’altra mamma. Sulla sua drammatica vicenda ho avuto un’opinione tutta mia, e tale è rimasta a dispetto delle pronunce dei giudici, ma ve la risparmio… Dal mio taccuino, dove ho raccolto nel tempo parole:  “non mostra emozioni”, dunque colpevole… “fare subito un altro bambino!”, certo colpevole…  “è sempre troppo ben pettinata”, colpevolissima… Questa dei capelli sempre troppo ben pettinati mi è sembrato uno degli “indizi” più gravi. Sarà per via dei suoi capelli così ben pettinati e del suo bel viso che è in carcere?, mi sono dunque chiesta qualche giorno fa incontrando in un istituto di pena una transessuale, che persona più gentile e garbata da tempo non ne incontravo … Ma ancora mi soccorre il testo della Wolf, dove da qualche parte del libro che non trovo Medea dice, o forse la madre le ha detto, che prima di ucciderla, per ucciderla, avrebbero dovuto uccidere il suo orgoglio.

    Ancora Medea:  Come mi duole la testa, madre, dentro di me qualcosa resiste a scendere ancora una volta in quelle grotte, negli inferi, nell’Ade, dove fin dai tempi antichi si muore e si rinasce, dove con l’humus dei morti si cuoce ciò che è vivo, dalle Madri dunque, dalla dea della morte, all’indietro. Ma che significa avanti, che significa indietro”

    Voci. Non per spiegare o giustificare, assolvere o condannare. Ma voci altre, per provare a rompere la gabbia che ci si stringe intorno quando il linguaggio s’impoverisce, quando i luoghi comuni, diventano luoghi di contenzione. Oggi imbrigliano qualcun altro. Domani possono in fretta chiudersi su di noi…

     

     

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