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    Se “nell’altro mondo l’uomo verrà mangiato da ciò che egli mangia”…

    “E’ proprio lei. Polly. E dietro di lei Dino, Branko, Pupo, e gli altri. Tutti allineati nell’infinita teoria di grida di silenzio. Polly. Mi ha percepito. Mi ha sentito. Non parla. Ma il suo occhio rovesciato nel vuoto mi sta cercando. Ecco, mi vede… diomio, già più non mi vede. Uno scatto meccanico devia verso destra il movimento dei binari aerei. E’ uno scorrere lento, inarrestabile. L’ho di nuovo persa. Polly nascosta dalle sagome di Dino, Branko, Pupo, di tutti gli altri, ora scossi da fremiti elettrici. Ecco, svolto anch’io. Non posso che seguirli. E cosa sarei mai io senza Polly, senza tutti gli altri cresciuti con me, intorno a me, su di me, dentro di me, in una ressa senza la tregua di un respiro. Questo spazio che ora mi separa da loro, questo vuoto tra la mia testa e il suolo, mi sta dando la nausea. Il sangue mi annega la testa. Non ancora morto, ancora vivo nell’orrore elettrico che mi ha attraversato il corpo. E davanti a me qualcun altro ancora sbatte un’ala… Un altro scatto di ferraglia e rivedo Polly. Polly. Non reggo la vista del tuo sguardo tramortito. Le tue cosce, così indecorosamente divaricate, legate ai ganci del binario che ti porta via… Se tu potessi almeno chiudere gli occhi. Non vedresti nei corpi ora squartati degli altri, il tuo corpo violato. Se almeno mi si chiudessero gli occhi. Non vedrei nei tuoi occhi ancora pulsanti l’orrore meccanico che sta per lacerarmi l’anima…”
    Polly, una gallina. I suoi ultimi feroci momenti, appesa a testa in giù, ai binari che la portano a morire. Vista dal galletto che forse l’ha amata… anche lui lì, insieme a tutti gli altri compagni di sventura, con i quali ha condiviso i mesi della terribile vita dei polli d’allevamento…
    Un raccontino scritto dopo aver saputo come vengono uccisi i polli di cui ci nutriamo, quando ho cominciato a non essere indifferente alla sofferenza che, travestita da manicaretti, scorre nei nostri piatti.
    Ve lo regalo. Così, per celebrare la giornata mondiale per l’abolizione della carne, appena ieri, che è invito ad essere vegetariani almeno per un giorno, e non so quanti l’abbiano onorata… Un pensiero al “consumo” che impunemente facciamo di esseri viventi.
    Tranquilli… non sto ad annoiarvi spiegando quanto staremmo tutti meglio con un minor consumo di carne, quanto starebbe meglio il pianeta, sollevato dall’inquinamento che viene dagli allevamenti intensivi, quanta gente si potrebbe sfamare con tutto quello che investiamo negli allevamenti, senza calcolare l’enorme spreco che pure si fa di quello che esce dalle nostre catene di produzione… Se volete informazioni e numeri, e ce ne sono da far venire le vertigini, ne trovate dove volete.
    Ma c’è una questione morale che non mi riesce di accantonare e, per quanto mi riguarda, su tutto prevale. C’è la sofferenza. L’immane gratuita sofferenza che infliggiamo a miliardi di animali, tutti i giorni, in ogni istante della loro breve, innaturale e sventurata vita…
    Non prendetemi per profeta di sventura, ma non sono solo io a pensare che la natura in qualche modo ci si rivolterà contro. Ci si sta già rivoltando contro, e l’ultima epidemia che già ci fa tanta paura forse qualcosa annuncia (Margherita d’Amico racconta tutto in maniera terribilmente chiara http://richiamo-della-foresta.blogautore.repubblica.it/2020/01/26/i-virus-che-vengono-dalla-crudelta-verso-gli-animali/).
    Fare finta di non sapere, non è cosa, credo, che ci possa assolvere. Non si può essere impunemente responsabili di tanto spregio nei confronti della vita degli altri, degli altri animali…
    La natura umana… “è sinonimo di specismo senza riserve; è il colonizzante cuore di tenebra dell’antropocentrismo; è il sogno abietto dei potenti”, spiega Massimo Filippi, neurologo, che qualche dubbio ce lo fa venire, sulla presunta gerarchia umano /animale che, a ben vedere, è dicotomia fra l’Uomo (maschio, bianco eterosessuale, normale…) e l’Animale (che sono i corpi dei non umani e degli umani animalizzati). E se volete approfondire, leggete il suo libro “L’invenzione della specie”.
    In termini meno scientifici e più letterari, Kundera (che non mi stancherò mai di citare) così parla del trattamento che riserviamo a chi riteniamo inferiori a noi, uomini o animali che siano: “Il vero esame morale dell’umanità, l’esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell’uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri”.
    Risalendo risalendo indietro fino a Plutarco, che dall’antichità ci fa giungere le sue riflessioni su questo “fallimento” con pagine sulla violenza insita in un’alimentazione basata sulla carne, e da cui tanto di questo fallimento deriva… provate a pensarci voi, a quante atrocità siamo capaci di infliggere alle “cose” per un verso o per l’altro alla mercé degli uomini. L’elenco sarebbe davvero lungo…
    Io, è evidente, da un po’ ho fatto “il salto” e, devo dire, la cosa più faticosa, e penosa, è il fastidio, travestito da ironia, di chi non vuole neppure provare a interrogarsi…
    In uno di quei noiosissimi scontati ed esasperanti “pourparler” che è costretto a subire chi non mangia animali quando è a tavola con chi ne mangia, qualcuno ha detto: “Proprio non riesco a preoccuparmi degli animali, con tutta la povertà che vedo in giro”. Peccato che quel qualcuno intanto era lì ad addentarselo tutto lui il succulento brasato che aveva nel piatto, e non sembrava avesse alcuna intenzione di uscire in strada per offrirlo a chi più affamato di lui…
    “Nell’altro mondo l’uomo verrà mangiato da ciò che egli mangia”, enigmatica frase che si legge nel Shatapatha Brahmana, antico trattato sacrificale indiano, con il quale si apre un capitolo del lavoro di Elias Canetti “Massa e potere”, Il capovolgimento. Che prosegue col racconto, ancora più inquietante, della peregrinazione nell’aldilà di un veggente che incontra uomini che recidono, bruciano, si spartiscono e divorano le membra di altri uomini, per scoprire che si tratta di buoi, alberi, erbe che, sotto sembianze di uomini, squartano, si spartiscono, bruciano uomini…
    E quando ci troveremo, uomini e animali, tutti di là (perché se ci crediamo, che da qualche parte di là saremo consolati delle sofferenze di questo mondo, come non pensare che incontreremo coloro i quali su questa terra hanno sofferto più di tutti…) chissà che non accada davvero quello da cui gli antichi scritti cercano di metterci in guardia…

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