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    Unidici ore

    Un racconto. Le undici ore di libertà di Carmelo Musumeci. Dopo 20 anni, un permesso specialissimo e unico per discutere la sua tesi di laurea. Undici ore, raccontate con ritmo sincopato, come battiti di cuore, a tratti impazzito. Ecco:

    Undici ore d’amore di un uomo ombra, di Carmelo Musumeci.

    Primo capitolo. 

    PREMESSA: Il Tribunale di Sorveglianza di Perugia concede un permesso di necessità (previsto dalla legge in casi particolari di eventi gravi e irrepetibili, anche di lieta natura) da uomo libero,  senza l’uso della scorta, da trascorrere in Perugia presso la locale Università degli Studi per discutere la propria tesi di Laurea. Dopo la conclusione della cerimonia di Laurea, il Musumeci è autorizzato a raggiungere la Casa di Accoglienza “Il Sogno di Maria” gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII con sede in Bevagna per festeggiare l’evento con i propri familiari. Il permesso è concesso per il giorno 11 maggio 2011 dalle ore 11.00 del mattino fino alle ore 22.00 della sera.

    Mi hanno arrestato nel 1991. Mia figlia aveva nove anni, mio figlio sette. Nel frattempo mio figlio mi ha dato due nipotini, Lorenzo di cinque anni e Michael di tre. Nel mio diario che tengo da anni, in data 03 maggio2011, scrivo: – “Io non credo ai miracoli, posso solo vivere contando su di loro” (Karl Rahner).  Non credo neppure agli angeli eppure da qualche anno ne ho incontrato uno. Ieri sera alle ore 17.00 mi hanno comunicato che mi sono state concesse undici ore di permesso da uomo libero. Non potendo usufruire di permessi premio, avendo l’ergastolo ostativo ai benefici penitenziari, la Magistratura di Sorveglianza mi ha concesso in via eccezionale e irrepetibile un permesso di necessità. Il mio cuore sta scoppiando di felicità. Ringrazio la luna, le stelle e l’universo intero.  I giorni seguenti: – Non ho chiuso occhio tutta la notte. Penso che dalla gioia  non riuscirò a rimanere vivo fino al giorno del permesso. Spero che il mio cuore non smetta di battere proprio adesso che è ad un passo dalla felicità. (…) – Zanna Blu dalle sbarre della sua cella questa notte ha ululato alla luna: “Luna, per venti anni, ti ho visto solo tramite un pezzo di cielo tra le sbarre della mia cella. E nient’altro. Luna, in venti anni di carcere mi hai tenuto tanta compagnia. Luna, fra pochi giorni ti vedrò a cielo aperto. E ti abbraccerò da lupo libero. Luna, aspettami, questa volta verrò io da te”.

    -Amo la libertà da far paura. E ho paura di non farcela. Ho paura di morire di felicità.La speranza per gli uomini ombra è solo creata dai loro sogni. Sono vent’anni che sogno, ma fra due giorni, anche se per solo poche ore, il mio sogno diventerà realtà.

    – Credo che in vent’anni di carcere il mondo sia andato avanti, mentre io sono rimasto indietro e il mio cuore s’è fermato. Domani per undici ore il mio cuore riprenderà a battere. E saranno undici ore d’amore. Poi, forse, l’Assassino dei Sogni mi divorerà per sempre. E pazienza se dopo il mio cuore si fermerà di nuovo. Dopo anni perduti, smarriti, disperati domani sarà il giorno più bello e più difficile della mia vita.

    11 Maggio 2011

    Ore 5.00   L’attesa…

    È bello guardare il buio perché puoi immaginare di vedere quello che vuoi e se ami qualcuno puoi pure vedere quello che non vedi.

    Ci vedono come ci vogliono vedere.

    Il mio cuore è rimasto sveglio tutta la notte.

    L’uomo ombra è un fantasma in una cella.

    Forse non ha dormito per la paura di non fare in tempo a svegliarsi.

    – Molti uomini ombra sperano perché la speranza è la loro unica via di fuga.

    Non lo so!

    -Io penso che i cattivi che sono diventati buoni siano molti più affidabili dei buoni che non sono mai stati cattivi.

    Io, invece, ho dormito un po’.

    Cerco di non limitarmi a sopravvivere, ma cerco anche di vivere, ma che
    fatica!

    Forse ho dormito poche ore.

    Nessun uomo ombra può sopravvivere dentro l’Assassino dei Sogni senza un sorriso di luce.

     Forse ho dormito pochi minuti.

    L’uomo ombra non vive il suo presente, ma vive solo il suo futuro, che non avrà mai.

    Forse, addirittura, non ho dormito niente.

    La pena dell’ergastolo ostativo è per sempre…

    Non ricordo.

    E non è giusto perché solo la morte dovrebbe essere per sempre.

    E’ ancora buio quando mi alzo dal letto.

    -Ogni persona cattiva non dovrebbe mai perdere la speranza di essere migliore di quelli che si considerano buoni senza esserlo.

    Apro la finestra.

    – All’uomo ombra è rimasta solo la propria vita interiore.

    E una ventata di aria primaverile entra tra le sbarre per farmi una carezza sul viso.

    – L’Assassino dei Sogni non mi farà mai diventare cattivo come i buoni.

    È una carezza d’amore.

    – L’Assassino dei Sogni non solo ci mangia i sogni, ma ci vuole pure divorare il cuore e l’anima. Accendo la radio.

    – L’amore è l’energia più potente dell’universo.

    Vado in bagno.

    Amare fa bene, ma nello stesso tempo consuma chi ama…

    Faccio il caffè.

    Ed io a volte mi sento tanto stanco di amare la vita.

     Come d’abitudine sorrido allo specchio.

    – Amare fra le sbarre di una cella a volte può renderti infelice…

    Lo faccio tutte le mattine, perdonarmi un sorriso.

    Forse, però, è più bello essere infelici che non amare nessuno.

    Questa volta il sorriso che mi ritorna dello specchio è diverso da tutti gli altri giorni.

     -L’intelligenza senza amore diventa stupidità.

    Non è triste come le altre mattine.

    – Noi siamo anche quello che scegliamo di sognare.

    E’ un sorriso di speranza.

    Solo da noi possiamo salvarci.

    Mi lavo i denti.

    L’ergastolano ostativo inizierà a vivere quando smetterà d’illudersi di poter uscire senza fare nulla.

    Mi vesto.

    – Nessuno ti può renderti prigioniero se non sei d’accordo anche tu.

    Mi rado il viso.

    L’Assassino dei Sogni non ammazza solo i nostri sogni, ma divora anche la nostra vita.

    Mi sdraio nel lettino con le mani dietro la nuca e lo sguardo al soffitto,  aspetto l’apertura del blindato.

    Con l’ergastolo ostativo insieme alla libertà viene uccisa anche la speranza.

    E vedo qualche immagine che passa veloce nella parete della mia cella: è la mia vita da uomo libero di tanti anni fa.

    – Ci sono momenti in cui l’amore di alcune persone fuori mi fa stare male, perché non posso amarle come vorrei .

    Vivo d’immagini passate, perché quelle presenti sono ormai prigioniere da molti anni.

    – Ci sono dei momenti che sono stanco di sognare perché desidererei vivere quello che sogno.

    Nel frattempo la mia testa inizia a pensare. È difficile farlo perché l’Assassino dei Sogni vuole che non pensi con il tuo cervello. Vuole che pensi con il suo. Ed è terribile che qualcuno pensi al posto tuo. I pensieri liberi in carcere sono odiati, temuti e puniti dall’ Assassino dei Sogni. Per questo molti miei compagni dopo tanti anni hanno rinunciano a pensare. lo invece non rinuncio a pensare da prigioniero libero. E mi piace soprattutto mettere i miei pensieri sulla carta per descriverli a me stesso e a chi li legge. Scrivo per trasformare la mia rabbia e il mio dolore in pensieri d’amore, perché come fa a rieducare un luogo dove non ci sono giustizia, umanità e sorrisi? Eppure con tutte le sue contraddizioni, il carcere è ancora uno dei pochi luoghi dove si può ancora sentire odore di
    umanità. E spesso scrivo di notte perché è il momento in cui mi sento più solo con il mio cuore. Nessuno è mai veramente solo fin quando ha il proprio futuro. Per questo gli uomini ombra si sentono così soli: non hanno più nessun futuro. Molti di noi camminano, respirano e sembrano vivi, ma in realtà sono morti. Siamo morti. In questi vent’anni di carcere la
    sofferenza è stata la mia migliore amica, ma adesso per undici ore la lascerò sola.

    Secondo capitolo

    11 maggio 2011

    Ore 11.00

     

    L’Assassino dei Sogni mi chiama: – Musumeci.

    E’ ora!

    Dopo tanti anni di ore da “Limoni neri” iniziano le ore dell’amore.

    Esco dalla cella.

    L’Assassino dei Sogni mi sussurra all’orecchio:

    – Dove credi di andare?

    Arrivo al primo cancello.

    Esco dalla sezione.

    -Tanto questa sera t’ingoierò di nuovo.

    Scendo le scale.

    Secondo cancello.

    – Se hai il coraggio di ritornare…

    Entro alla rotonda.

    Terzo cancello.

    – Te la farò pagare….

    Imbocco il corridoio.

    Quarto cancello.

    – Pensaci bene, perché poi ti farò soffrire di più.

    Entro nel cortile.

    Quinto cancello.

    Se ritorni, te ne pentirai…

    Sesto cancello.

    Perché questa è la tua ultima occasione che hai di morire da uomo libero…

     Settimo cancello.

    – Ti conviene approfittarne…

    Ottavo cancello.

    – Impiccati fuori…

    Nono cancello.

    – Nel primo albero che incontri…

     Decimo cancello.

    – Se non lo fai, tra un po’ di tempo sarai costretto a farlo sulle sbarre della tua cella.

    Undicesimo cancello.

    – Ricordati che dalla sofferenza del carcere non puoi scappare e non puoi cancellarla.

    Ecco l’ultimo cancello.

    – Ricordati che anche un ergastolano ha qualcosa da difendere e da perdere: i suoi sogni.

    E penso che i cancelli che ho varcato sono undici, come le ore di libertà che mi hanno dato.

    – Ricordati che a volte sognare impedisce di vivere, per questo ti conviene non sognare più.

    Vedo il mio angelo. E’ lì che mi aspetta insieme al suo di angelo. Sono gli angeli della Comunità Papa Giovanni XXIII, che lottano con me da anni contro “La pena di morte
    viva” per l’abolizione dell’ergastolo ostativo. Come il fondatore della Comunità, Don Oreste Benzi, questi angeli riescono ad amare tutti nello stesso modo, ma in maniera diversa: i buoni e i cattivi, i colpevoli e gli innocenti, i prigionieri e le persone libere. Abbraccio il mio angelo Nadia. L’abbraccio e la stringo forte. Le ho voluto bene ancor prima che
    iniziasse a essere il mio angelo. Il suo cuore mi accarezza l’anima. L’ho incontrata perché era il mio angelo da sempre. Ed io non lo sapevo. Non sapevo che anche i cattivi hanno un angelo. Lei, a differenza di tanti credenti, non cerca solo di liberare la mia anima ma cerca di liberare anche il mio corpo. Poi abbraccio l’angelo Giuseppe. Faccio un lungo respiro. Vedo la libertà.

    Varco l’undicesimo cancello. L’ultimo.

    Il mio cuore inizia a bruciare di felicità.

    Mi dimentico di respirare.

    Mi manca l’aria.

    Mi gira la testa.

    Per non cadere in terra mi ricordo di respirare di nuovo.

    Fuori dall’Assassino dei Sogni c’è il sole.

    Rimango abbagliato dalla sua luce.

    Il cielo è azzurro.

    Non c’è vento.

    E anche se ci fosse non lo sentirei.

    La libertà odora d’amore.

    Tutto quel verde mi stordisce gli occhi.

    Non riesco a vedere bene.

    Da lontano ci vedo poco.

    Non mi sono portato gli occhiali da vista perché m’invecchiano.

    E non voglio che i miei figli mi vedano anziano.

    Ad un tratto vedo mia figlia venirmi incontro.

    Il mio cuore barcolla.

    Si appoggia su di me per non cadere.

    Anch’io mi appoggio su di lui.

    La luce del sorriso di mia figlia
    illumina la mia anima.

    Il mio cuore si muove per
    abbracciare quello di mia figlia, ma questa volta sono io più veloce di lui. Lo
    frego!

    Gli faccio lo sgambetto.

    Lui inciampa.

    Lo scavalco.

    E arrivo prima io.

    La bacio sulle labbra.

    La stringo in un abbraccio atteso
    da venti anni.

    Rimaniamo in silenzio.

    Parlano solo i nostri cuori.

    Lei non piange.

    Le ho insegnato a non piangere,
    ma so che lo fa di nascosto.

    L’ultima volta che l’ho vista
    piangere è stato quando ero sottoposto al regime di tortura del 41 bis. Quando
    lei era ancora una bambina.

    Lei non mi poteva toccare.

    Io non la potevo accarezzare.

    Lei non mi poteva baciare.

    Io non la potevo stringere fra le
    mie braccia: al colloquio eravamo separati da un vetro divisorio.

    Mi viene da piangere.

    E piango, tanto le mie lacrime
    non si vedono.

    Sono fatte di ombra.

    Ad un tratto il mio cuore mi
    avvisa che non sono più dentro l’Assassino dei Sogni e ora le mie lacrime sono
    uguali a quelle di tutti gli altri.

    E smetto subito di piangere.

    Poi arriva Mita, la mia figlia
    del cuore.

    E come una figlia l’abbraccio.

    La bacio in fronte.

    Finalmente!

    Non più un abbraccio e un bacio
    da uomo ombra, ma da padre adottivo libero.

    Poi è il turno di Sabina,
    un’amica che abita nel cuore di Zanna Blu.

    Di Matteo, l’amico che tutti
    vorremmo avere.

    Di Franco, l’anima gemella della
    figlia del mio cuore.

    Di Federico, che condivide il
    cuore di mia figlia.

    Di Antonella, la madre di
    Federico.

    A un tratto il mio angelo grida:

    – Presto in macchina… a mezzogiorno ci aspettano all’Università per
    discutere la tesi
    .

    Mia figlia viene in macchina con
    me.

    E con lei accanto sono in
    paradiso.

     

     

    Terzo capitolo

     

    Usciamo dalla superstrada.

    Arriviamo a Perugia.

    Il mio angelo ferma la macchina.

    Scendo dall’auto.

    Sono stordito.

    Non ho tempo di pensare.

    All’improvviso non so da dove,
    forse dal mio cuore, mi compare davanti mio figlio.

    Gli sorrido con dolcezza.

    Mi emoziono.

    Lui mi abbraccia.

    Io lo bacio.

    Mi sembra di essere sopravvissuto
    venti anni solo per vivere questo momento.

    Questa volta mi ricordo che le
    mie lacrime non sono più fatte di ombra.

    E non piango.

    Poi mi sento chiamare:

    – Nonno Melo…

    E’ mio nipotino Lorenzo.

    Lo prendo in braccio.

    Mi sento chiamare di nuovo.

    – Ci sono anch’io…

    E’ l’altro mio nipotino,  Michael.

    Prendo in braccio pure lui.

    Poi mi accorgo che tutti e due insieme pesano. Mi viene il dubbio che forse sono
    invecchiato e non sono più forte come prima. Li rimetto per terra. E prima che lo faccio io, i miei occhi abbracciano Erika, la moglie di mio figlio. Poi l’abbraccio anch’io. C’è anche Paolo, l’amico affettuoso di famiglia da più di trent’anni. Abbraccio pure lui. Nel frattempo il mio cuore mi ricorda che manca qualcuno. Sento che accelera i suoi
    battiti. I miei occhi la cercano. La trovano.

    È la compagna del mio cuore. Sorrido. È ancora bellissima. E penso che forse in libertà si
    invecchia più lentamente che dentro.

    Quando si tratta di lei il mio cuore è più furbo di me.

    Questa volta è lui che mi fa lo sgambetto.

    E arriva da lei prima di me.

    La bacia.

    E le sussurra: – Grazie amore per tutti i giorni e gli anni che mi hai aspettato.

    Il suo cuore risponde: – Non c’è stato bisogno di aspettarti perché tu non sei mai andata via… hai sempre abitato dentro me.

    Poi arrivo io.

    Ci abbracciamo.

    E le dico:– Grazie di avermi tenuto nel tuo cuore.

    Lei mi guarda negli occhi.

    E mi dice:– Il mio cuore è stato dove sei sempre stato tu…

    Poi lei mi sorride con ironia.

    E aggiunge:– È stato facile amarti… impossibile è stato smettere di amarti.

    A un tratto penso che la mia vita senza di lei sarebbe stata completamente inutile.

    E al mio cuore viene voglia di piangere di felicità. Io gli dico di farlo pure, tanto a lui non lo vede nessuno.

    Di nuovo il mio angelo grida:– Presto in macchina … a mezzogiorno ci aspettano all’Università per discutere la tesi.

    Salgo di nuovo in macchina con mio figlio a sinistra,  mia figlia a destra e mio nipotino Lorenzo in braccio a me. E mi sento Dio.

    Arriviamo all’Università. E’ circondata da alberi.

    Poso lo sguardo su tutto quel verde e mi riempio gli occhi per cancellare tutto quel cemento che ho visto per venti anni.

    Scendo dalla macchina. Cammino con i miei figli accanto. Dalla felicità i miei piedi non
    toccano per terra. Non ho il tempo di guardarmi intorno che mi ritrovo nell’aula dove devo discutere la tesi di laurea dal titolo: “La pena di morte viva”: ergastolo ostativo e profili di costituzionalità.

    Sono emozionato.

    Mi sento circondato.

    Senza nessuna via di fuga.

    Davanti a me ho la Commissione esaminatrice.

    Dietro c’è mia figlia con il peso della sua laurea in ingegneria con 110 e lode. Penso che se farò brutta figura potrò contare solo sulla solidarietà di mio figlio che negli studi è molto meno severo che mia figlia.

    Ordino al mio cuore: – Aiutami..

    Tiro un lungo sospiro.

    E continuo: – E smetti di battere così forte…

    Lui mi risponde: – Sono cazzi tuoi …

    Rallenta i battiti. E aggiunge: – Mi dispiace, ma io non ti posso aiutare perché mi occupo di sentimenti e non di legge.

    Per fortuna incrocio lo sguardo incoraggiante del mio relatore, Carlo Fiorio, e del controrelatore, Stefano Anastasia di Antigone, che mi mettono a mio agio.

    Il professor Carlo Fiorio inizia a farmi la prima domanda: – Che cos’è l’ergastolo ostativo?

    Lentamente inizio a parlare.– L’ergastolo ostativo è una pena che se non parli e  non fai la spia non esci, ed è incredibile che si lasci allo stesso detenuto, e non allo Stato di Diritto, la possibilità di uscire o stare dentro…

    Intanto mi guardo intorno.

    – Si potrebbe uscire, però non usciamo perché non vogliamo mettere un
    altro al posto nostro.

    Mi colpiscono gli odori…

    – L’ergastolo è una pena di morte dove il boia è il tempo…

    I colori…

    – Una pena di morte dove vieni ammazzato ogni secondo, ogni minuto,
    ogni giorno, ogni anni anno che passa.

    Mentre parlo inizio a riflettereper conto mio.

    – Sotto un certo punto di vista gli ergastolani sono le persone più “fortunate” della terra perché sono gli unici che guadagnano qualcosa dalla propria morte: la libertà.

    E mi domando: chissà se il futuro arriverà anche per me?

    – La condanna di un uomo al carcere a vita equivale ad una riduzione in
    schiavitù…

    In tutti i casi io lo aspetto…

    – Cesare Beccaria affermò che l’ergastolo poteva essere adottato dal legislatore come una pena sostitutiva di quella di morte, perché più efficace, giacché più lunga e dolorosa da scontare.

    Sono già pronto perché lo aspetto da vent’anni.

    – I rivoluzionari francesi, con molta più umanità dei nostri politici attuali, nel loro codice penale del 28 settembre 1791 abolirono l’ergastolo perché aberrante e lasciarono la pena di morte …

    Poi è il turno della domanda del professor Stefano Anastasia: – Chi sono gli “Uomini Ombra”?

    Rispondo continuando a riflettere per conto mio.

    – Sono uomini che non hanno neppure la speranza di un’ombra…

    E penso che sono vent’ anni che proteggo la mia anima dall’ Assassino dei Sogni.

    – Tutti detenuti sperano un giorno di tornare liberi, solo l’uomo ombra non può sperare di tornare libero se al suo posto non ci mette un altro…

    Oltre che dall’Assassino dei Sogni la proteggo anche dal mio cuore…

    -L’ergastolo normale è una pena inutile, crudele e disumana, quello ostativo è una tortura giuridica, ricattatoria, delinquenziale e criminale.

    Perché anche il mio cuore vuole fare sempre di testa sua.

    Proprio quando incomincio ad ingranare mi dicono che la discussione è finita.

    Dopo un breve pausa mi comunicano che mi sono laureato con la votazione di 97/110. Ancora una volta mia figlia mi ha superato, ma che m’importa? Lei non me lo fa pesare e mi dice: – Bravo papà … hai preso più di quanto ha preso Federico alla laurea. Avere preso un voto migliore del suo fidanzato mi rende felice.

    Mi fanno le foto. Mi mettono in testa una corona d’alloro. Mi abbracciano un po’ tutti. Non smetto mai di sorridere, non ci riesco.

    C’è Maria Luisa Boccia, la nipote di Pietro Ingrao, l’ex senatrice che, per il suo impegno contro l’abolizione dell’ergastolo,  noi uomini ombra l’avevamo chiamata “La fata rossa degli ergastolani”. C’è Adriano, che mi abbraccia con l’affetto particolare di chi è stato in carcere. C’è Alessandro, l’amico che da cinque anni batte i miei scritti da inserire sul sito, con la sua splendida compagna e il suo adorabile bambino Diego. Ad un tratto di nuovo il mio angelo grida: – Presto in macchina, ci stanno aspettando, andiamo a festeggiare a Bevagna nella Casa di Accoglienza “Il Sogno di Maria”.

    Mi viene da ridere perché penso che il mio angelo, più che un angelo, assomiglia ad una manager, perché non mi sta dando un attimo di tregua sic!

    Quarto capitolo

     Risalgo in macchina, sempre con mio figlio da una parte e mia figlia dall’ altra. E il mio cuore accanto a loro ride di cuore.

    Il mio angelo guida veloce.

    Dopo un po’ di strada mi dice:– Guarda là … E svolta a destra prendendo una
    ripida stradina in salita. Vedo una targa con scritto: Via del Convento. Penso a quante volte ho scritto quell’indirizzo nelle buste delle mie lettere. Intanto con il pensiero il mio
    angelo mi manda a dire:– Anima Bella…

    Arriviamo alla Casa di Accoglienza “Il Sogno di Maria”. – Sapessi quante, quante, volte ho fatto la strada di casa pensando a quel giorno che l’avrei fatta insieme a te … È un posto meraviglioso. – Finalmente ho fatto davvero qualcosa di buono nella vita.

    Un vecchio convento ristrutturato. Tutto intorno c’è un mare di verde. C’è un bellissimo chiostro. Sotto i portici ci sono tutti i tavoli apparecchiati, con tante cose buone da mangiare. C’è tanta gente che mi aspetta. Si fa largo Stefano, il musicista che, ispirato da alcuni miei pensieri, ha realizzato due canzoni: per mia figlia e per la mia compagna. E mi abbraccia. Faccio fatica a riconoscerlo, nonostante abbia la sua foto attaccata alla parete della cella, perché sono ubriaco di emozioni. C’è anche Luca, il responsabile di Zona della Comunità, con tutte i suoi figli. Ci baciamo sulle guance. Poi conosco Michele e Marina, il
    fratello e la cugina del mio angelo. E Veronica, una ragazza carina con i capelli ricci, che mi porta un biglietto di auguri. C’è anche Alba, la mia docente di grafica che insegna in carcere. E tante altre persone di cui ora non ricordo il nome. Ci sono tanti bambini: li guardo e sorrido, erano vent’anni che non ne vedevo così tanti. Le loro voci mi avvicinano alla vita. Mio figlio è silenzioso e mi gira intorno con i miei due nipotini. I suoi occhi mi cercano. Ed io cerco i suoi. Farei qualsiasi cosa per lui. È tutta la mia vita. All’improvviso mi compaiono davanti Lia e Marcolino. Marcolino, è il “disegnatore ufficiale non pagato” di Zanna Blu. E con Lia, la sua splendida ragazza, abbiamo pubblicato il libro “L’Assassino dei Sogni”. Il sorriso di Lia illumina il mio cuore. Per vedermi e incontrarmi sono partiti da lontano, dal Piemonte. Ci buttiamo le braccia al collo. E ci abbracciamo. Non avrei mai immaginato d’incontrarli un giorno. E ora invece eccoli qui davanti a me. Sono tutti due
    bellissimi. E’ tutto così bello che mi sembra che il mio respiro torni di nuovo come quello di tanti anni fa quando ero un uomo libero. Poi all’improvviso tutti mi circondano.

    La mia figlia del mio cuore srotola un grande poster. Francio si mette a leggere:

    Caro Carmelo,

    il gran giorno è arrivato

    e oggi ti sei laureato.

    Da uomo libero

    il cancello hai varcato

    l’Assassino dei Sogni

    è spacciato.

    Tu conosci il codice

    alla perfezione

    perfino i giudici

    ti danno ragione!

    Ormai la laurea

    puoi dire di avere

    ma per questo

    non ti devi sedere.

    A riposarti

    non devi pensare

    ci sono ancora

    tante lotte da fare.

    Il tuo impegno

    qui non può finire

    c’è ancora l’ergastolo

    da abolire!

    Da diverse città

    siamo arrivati

    l’affetto per te

    fin qui ci ha guidati.

    Questo giorno

    che profuma di libertà

    il primo

    dì una lunga serie

    sarà!

    11 maggio 2011

     

    E tutti mi battono le mani.

    Ad un tratto il mio angelo si
    avvicina.– E’ l’ora delle interviste.

    Per dare un po’ di voce agli uomini ombra il mio angelo ha concordato due interviste: una con “Famiglia Cristiana” e l’altra con Rai Tre.

    Inizio con Alberto. Andiamo al piano di sopra. Ci sediamo intorno ad un tavolo in cucina. Alberto mi guarda dritto negli occhi. Ha uno sguardo buono e sensibile. Poi inizia a farmi le domande. Mia figlia è accanto a me. E inizio a rispondere: – Tutti i giorni sono uguali come le notti e tutte le notti sono uguali come i giorni… All’inizio mi trema la voce. – Una volta in carcere non sei più niente, ma se hai l’ergastolo ostativo, non sei più nulla… Poi va un po’ meglio. – Sei solo un’ombra attaccata alla vita delle persone che hai fuori…

    Con la coda dell’occhio guardo mia figlia.

    – Sei solo un’ombra attaccata all’amore.

    La vedo attenta.

    – L’ergastolo è una follia …

    Prendo la sua mano.

    – Come si fa a murare una persona viva per tutta la vita in una cella?

    La stringo.

    – Una pena lunga ti spenge come una candela…

    Prima piano.

    – Dopo anni e anni precipiti in un vuoto da cui è difficile poi tirarti su.

    Poi forte.

    – La giustizia dovrebbe essere al di sopra della legge…

    Le scruto il cuore.

    – Ma non c’è nessuna giustizia in una legge che non finisce mai.

    Penso alla sua tristezza quando questa sera mi accompagnerà in carcere.

    – Il carcere è la malattia, non è la medicina.

    E mi sento colpevole di essere un padre ombra.

    – E anche chi riesce a uscire rimane malato per sempre.

    Vorrei rubarle il dolore di avere per padre un uomo ombra.

    – Il carcere è una malattia da cui è difficile guarire.

    Lo farei con tutto il cuore.

    – Quando va bene diventi più criminale e cattivo…

    Purtroppo non posso.

    – Invece quando va male diventi bravo a fingere di essere diventato buono come vuole L’Assassino dei Sogni.

    Amo i miei figli da far paura. Le loro due vite illuminano la mia.

    L’intervista finisce.

    Alberto ed io ci stringiamo la mano con intensità. Saluto con lo stesso calore il fotografo Giancarlo. Poi scendo di nuovo di sotto. In un angolo sotto i portici c’è Alessia, la giornalista di Rai tre, con Stefano e la loro telecamera. Siamo appartati e lontano da tutti.

    Sembra un angolo di paradiso: sole, verde e silenzio.

    Alessia ed io ci sediamo uno di fronte all’altro.

    Lei è molto carina. Ha i lineamenti del viso tristi, ma quelli che mi colpiscono di più sono i suoi occhi. Sono sensibili, vivi e belli. Occhi che è difficile vedere dentro l’Assassino dei Sogni. Inizia a farmi le domande. Noto che la sua voce è dolce. Io rispondo d’istinto come se
    facessi una chiacchierata con un’amica. – All’Assassino dei Sogni piacciono molto gli uomini ombra … Nel frattempo sotto i portici spunta la mia compagna.

    – Li tiene in vita più possibile, perché i loro sogni sono buoni da mangiare, più di tutti quelli degli altri prigionieri.

    Si ferma a qualche metro di distanza.

    – Il carcere uccide, prima dentro, dopo fuori…

    Pure io fermo il mio cuore.

    – I più fortunati li uccide subito.

    Mi ascolta.

    – L’ergastolo ti uccide un po’ tutti i giorni.

    Mi guarda.

    – Anche quei pochissimi uomini ombra che riescono a uscire vivi, escono morti dentro.

    La guardo.

    – La morte per gli uomini ombra rappresenta la libertà perché nel nostro futuro c’è solo la morte.

    Lei scruta il mio cuore.

    – È difficile che i buoni paghino per i loro crimini, mentre i cattivi li pagano tutti, fino all’ultimo dei loro giorni.

    Io le scruto gli occhi.

    – Una volta in carcere devi disimparare a vivere.

    E ci vedo tutto quello che poteva essere e non è stato.

    – Non ho mai avuto la possibilità di essere un bambino buono… un ragazzo buono… un uomo buono…

    Penso che senza di lei non avrei potuto farcela.

    – Ora che lo potrei essere, maledizione, me lo impediscono.

    Non sarei potuto esistere.

    – Non basta essere buoni, andare a messa la domenica e avere la fedina penale pulita  per essere onesti,  perché molti detenuti lo sono ancora di più.

    Il mio cuore, mentre continuo a parlare, le sussurra parole dolci.

    – Molti miei compagni sono matti, stanno anni e anni dietro alla relazione di sintesi, alla declassificazione, al direttore, all’educatore, al magistrato di sorveglianza e non contano su se stessi. Il tuo cuore è stato la prima cosa bella che ho avuto nella mia vita.

    – Dopo tanti anni di carcere la maggioranza dei detenuti s’innamora dei loro aguzzini, come gli schiavi durante l’impero romano.

    Sei stata l’alba della mia vita.

    – A volte sono felice di essere infelice perché è l’unica maniera che ho per sentirmi vivo.

    Amore, sei il cielo della mia anima.

    – Ci sono scrittori che scrivono per vivere la vita degli altri…

    Amore, sei il girasole del mio cuore.

    – Alcuni per rubare i sogni dei loro personaggi …

    Amore, sei la luce della mia ombra.

    – Io scrivo solo per continuare a esistere.

    L’intervista  finisce. Saluto Alessia e Stefano. Sento che il cuore della giornalista mi sussurra: Nessuna vita è inutile, neppure quello di un uomo ombra.

    Subito dopo vengo circondato daimiei due figli, dai miei due nipotini, dalla mia compagna e andiamo al piano di sopra. Da soli come una famiglia

     

     

    Quinto capitolo

     

    Ad un tratto mio figlio mi
    confida che mi deve parlare.

    Rimaniamo soli.

    Ci guardiamo a lungo in silenzio.

    Poi lui inizia a parlare.

    Ed io l’ascolto.

    – Figlio, ti ho sempre pensato ogni giorno e ogni notte.

    Vedo la sua tristezza.

    – Anch’io papà.

    Sento la sua malinconia.

    – In questi venti anni l’Assassino dei Sogni ha solo avuto la mia ombra, il mio cuore è sempre stato con te.

    Poi inizio a parlare io.

    E lui ascolta.

    Alla fine ci abbracciamo.

    E stiamo abbracciati a lungo.

    Poi rimango un po’ solo con la mia compagna.

    Le mie mani non la toccano e non l’ accarezzano da anni.

    I suoi baci sono buonissimi, non me li ricordavo più così buoni.

    Ne faccio una scorpacciata.

    E ne nascondo qualcuno dentro il cuore.

    Per i momenti difficili, perché non si sa mai che non mi faranno più uscire.

    Poi scendo a giocare nel cortile con i miei due nipotini, mio figlio e mia figlia.

    Federico ci fa delle foto.

    Nel prato c’e uno scivolo. Lorenzo e Michael ci giocano e si divertono. Io con loro.

    Nel frattempo sposto lo sguardo da tutte le parti.

    Guardo il cielo e mi sembra più grande di quello che riesco a vedere dalle sbarre della mia cella. E ancora più grande di quello che vedo dal cortile del carcere. Sembra ancora più azzurro di quello che ricordavo. Forse perché sono fuori.

    Forse perché sono felice.

    Forse perché è uno dei giorni più belli della mia vita.

    Torniamo al piano di sopra.

    Poi il mio angelo mi passa numerose telefonate. Sento alcuni amici e parenti che mi seguono e che mi vogliono bene da tanti anni, ma purtroppo non riesco a parlare con tutti quelli che vorrei. Guardo l’orologio. Si sono fatte le otto di sera. E dalla mia testa da lontano
    sento l’Assassino dei Sogni che mi sussurra: – Ne hai ancora per poco. E ad un tratto il mio angelo grida: – Presto a tavola.

    Per tutto il giorno non ha smesso un attimo di organizzare la giornata e mi ha seguito come un angelo. Mi siedo a tavola con tutta la mia famiglia. Dopo tanti anni finalmente ho
    davanti a me posate, bicchieri e piatti veri. Il mio angelo m’invita a fare un discorso.

    Provo a dire qualcosa, ma dalla gola non mi esce nulla. Riesco a solo a ringraziare tutti e a dire che li voglio bene. Tutti mi battono le mani.

    I miei due nipotini mi guardano con uno sguardo bellissimo. Davanti a quegli occhi mi
    emoziono. Mi ricordano i miei di quando ero bambino.

    Di quando ero buono e innocente.

    Poi iniziamo a mangiare. E penso che sono venti anni che non mangio più con la mia famiglia. A un certo punto la mia compagna, vedendo che guardo continuamente l’orologio, per farmi coraggio, mi versa due bicchieri di vino.

    Non sono più abituato a bere vino forte e buono. E mi accorgo subito che mi gira la testa. Per questo non mi ricordo bene cosa è accaduto dopo.

    Non riesco più a mettere ordine nei miei ricordi e nelle mie emozioni.

    Mi sembra che la mia famiglia, d’accordo con il mio angelo, mi abbia dato una botta in testa, tramortito e legato. E che quei giuda del mio angelo, di mia figlia, di Federico e Giuseppe si siano presi il compito dì portarmi davanti all’Assassino dei Sogni.

    Prima di vederlo sento nell’aria il suo odore.

    Lo sento ridere sottovoce.

    E mi dà il benvenuto.

    Il figlio di puttana mi stava aspettando.

    Una volta lì davanti mi accorgo che non ho più tempo.

    Penso che il mio tempo sia finito.

    Faccio tutto in fretta per cercare di non pensare.

    Primo saluto Federico come un figlio. Quando l’abbraccio mi si stringe il cuore. Gli rivolgo un sorriso stanco. Poi bacio mia figlia. Sento il mio cuore accelerare. Non la guardo, perché il dolore si capisce osservando gli occhi. Ed io non voglio vedere la sua sofferenza.

    I miei occhi non piangono perché c’è l’Assassino dei Sogni che mi guarda.

    Riesco solo a sussurrarle: – Figlia, sei la roccia dove è appoggiato il mio cuore.

    Poi saluto Giuseppe. E gli vedo la tristezza negli occhi.

    Per ultimo abbraccio il mio angelo. Le accarezzo il cuore con gli occhi. Non le parlo, è troppo doloroso. Alla fine mi volto.

    Da fuori l’Assassino dei Sogni fa ancora più paura.

    Sembra ancora più brutto.

    Ad un tratto il suo cancello enorme di ferro si apre.

    Sembra la bocca di un mostro.

    Il suo rumore metallico rimbomba nelle mie orecchie.

    Quella è la sua voce. Ancora un passo e poi sarà tutto
    finito.

    Sarò di nuovo un uomo ombra.

    Un’ombra fra tante.

    Faccio quel passo.

    Provo la sensazione di non esistere più.

    E mi faccio divorare dall’Assassino dei Sogni, lasciando alle mie spalle la libertà, l’amore e la felicità.

    Cammino lentamente senza voltarmi.

    Il mio cuore non vuole camminare.

    Mi tocca trascinarlo.

    Ogni passo sembra un chilometro.

    Sento il mio cuore scalciare.

    Sento che sto facendo una cazzata.

    Sento che dalla luce sto rientrando nell’ombra.

    Ad un tratto metto male un piede per terra.

    E prendo una leggera storta, ma mi sforzo di riprendere a camminare normalmente.

    Rido.

    Quando sono triste, rido.

    Ho paura, ma entro di nuovo dentro l’Assassino dei Sogni.

    Chi mi vuole bene è sicuro che uscirò. Io invece non ne sono sicuro per nulla.

    Varco il primo cancello.

    E inizio a sentire la voce dell’Assassino dei Sogni.

    – Guarda chi si rivede!

    Non c’è più il sole di questa mattina.

    – Non mi hai dato retta…

    È buio.

    – Sei ritornato.

    Buio nero.

    – Ben tornato.

    Guardo il cielo.

    – Hai perso una buona occasione.

    La luna è quasi rotonda, ne manca solo uno spicchio.

    – Non ne avrai altre.

    Il mio cuore piange in silenzio per non disturbarla.

    – Peggio per te…

    L’Assassino dei Sogni è taciturno.

    – Ti mangerò anche i tuoi ultimi sogni.

    Mi guarda.

    – Gli ultimi sono anche i più buoni.

    Lo guardo.

    – Sei solo un’ombra.

    Ci guardiamo.

    – Ricordatelo.

    All’improvviso mi viene in mente che io riuscirò a distruggerlo.

    – Solo questo.

    E non solo per me, ma anche per tutti gli altri.

    – Non riuscirai mai a scapparmi…

    Non sono ancora troppo vecchio.

    – Levatelo dalla testa…

    Ce la posso fare.

    Non c’è mai riuscito nessuno.

    Il cortile davanti è deserto.

    – Lo so…

    C’è un po’ di vento.

    – Tu ci speri

    E penso che solo lui riesca a correre libero dentro l’Assassino dei Sogni.

    Secondo cancello.

    – Tu sei un sognatore…

    Entro nel corridoio.

    – Ma io mi nutro di sogni.

    Terzo cancello.

    Lo percorro.

    – Ora per te sarà peggio.

    Mi sento malinconico e triste.

    Quarto cancello.

    – Da adesso soffrirai di più.

    Guardo avanti.

    -Sarai sempre più debole.

    Quinto cancello.

    Mi sforzo di essere sicuro.

    – Ti sbranerò il cuore.

    Determinato.

    Sesto cancello.

    – Ti distruggerò l’anima.

    Cammino lentamente.

    -Ti divorerò tutto l’amore che hai dentro.

    Settimo cancello.

    Respiro piano con malinconia.

    – E per ultimo ti mangerò tutti i tuoi sogni.

    Non penso.

    -Ottavo cancello.

    – Ti farò diventare ancora più cattivo.

    Avrei avuto troppe cose da pensare per farlo.

    – Molto di più di quello che sei adesso.

    Nono cancello.

    Cammino come un morto o forse come uno vivo.

    – Ti farò odiare la vita.

    Non lo so.

    Decimo cancello.

    – Ti farò maledire Dio.

    I miei passi per terra battono con lo stesso ritmo del mio cuore nel petto.

    – E ti farò amare la morte.

    Undicesimo cancello.

    Ora sono di nuovo solo.

    Io e l’Assassino dei Sogni.

    Entro nella mia cella.

    Non mi spoglio.

    Non ce la faccio.

    Mi butto vestito nella branda.

    Metto in fila i secondi, i minuti delle undici ore passate da uomo libero.

    È stato bello vivere undici ore come una persona normale, ma ora è tutto finito, sono di nuovo un uomo ombra.

    Io non credo a Dio, ma spero che esista, non per me, ma per tutti quelli che credono in lui.

    Sento le lacrime del mio cuore. Finalmente posso piangere, dentro le lacrime non si vedono. Sono fatte di ombra pure quelle.

    Urlo all’Assassino dei Sogni:

    – Io sono prigioniero, ma vivo, invece tu sei forte, ma morto.

    E mi addormento.

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