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    Il gabbiano…

    Eccolo. L’ho visto. Nel sole. Diritto sulle zampe, dove il parapetto del terrazzo sul palazzo si sporge in uno slargo. Muto. Guardando qualcosa lontano. Forse un orizzonte perduto. Forse niente. Poi allarga le ali e l’ombra taglia l’aria sul giardino. Poi torna. E di nuovo è dritto sulle zampe, accanto all’antenna. Ancora muto… Ma ecco, di nuovo, quell’urlo. Ora che la luce si abbassa e in un salto è già buio. E la sua voce è di gatto straziato. In fuga su rotte bastarde. Ma è ancora qui. E ancora grida. E la notte è appena cominciata.

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