E alla fine è arrivato. Il taser, in dotazione alle forze di polizia.
Circa tre anni fa, ne avevo sentito parlare, appena un cenno, dopo la morte di Jefferson Tomalà, un ragazzo di vent’anni, di origine ecuadoregna, ucciso a Genova con cinque colpi di pistola, nel corso di un “presunto” TSO. In realtà non era in corso nessun TSO, “ma quanta fragilità, quanta impreparazione…- commentò Peppe dell’Acqua – quanta confusione, di fronte a una persona esasperata e disperata, impaurita, evidentemente poco capace di controllo… scandalosa vicenda, mentre, con confusione, si parla di TSO con l’idea che sia una misura di polizia…”.
Una vicenda scandalosa, come scandaloso mi sembrò che la cosa che sembrò urgente fosse dare in dotazione alle forze di polizia la pistola taser (così almeno aveva subito dichiarato il capo della Polizia). Non ragionare su come meglio aiutare, gestire, controllare anche, una persona in un momento di confusa, disperata agitazione, ma affrettarsi a dotarsi di quest’arma “che non uccide”.
Facendo già allora una breve ricerca, ho capito che sì, il taser non uccide, “solo” spara addosso alla persona da “portare alla ragione” due dardi che sono collegati all’arma con cavetti e mandano una scarica elettrica ad alta tensione, alta tensione e basso amperaggio. Potente ma di durata brevissima, appena quel che serve per far collassare il sistema nervoso, produrre convulsioni, momentaneamente paralizzare. L’effetto, insomma, di una crisi epilettica. Che, per carità, non uccide. Per averne una vaga idea, andate a rivedere “La forma dell’acqua”. C’è una scena in cui “l’alieno” viene ridotto all’impotenza da scariche elettriche. Ecco, una cosa del genere.
Arma “meno che letale”. Eppure, secondo le Nazioni Unite è strumento di tortura. E da tempo Amnesty ha denunciato che negli Stati Uniti, in uso da anni, faccia decine e decine di morti. Per la cronaca, dopo che, secondo dati della Reuters, negli Stati Uniti in un solo anno ci sarebbero stati almeno 48 morti provocati dal taser, in California si è iniziato a testare un nuovo strumento per immobilizzare le persone (una specie di “lazo” alla Spiderman). E non sono pochi, e non di ieri, gli studi che, sempre negli Stati Uniti, hanno certificato i rischi dell’uso del taser. Qualcuno si era affrettato a controbattere che probabilmente chi è morto, dopo aver subito la scarica elettrica, è morto per suoi preesistenti problemi cardiaci… Certo, come pensare che Stefano Cucchi non sarebbe morto se non fosse stato così debole da non resistere al brutale pestaggio…
E una delle obiezioni di chi esprime perplessità, è che chi impugna quest’arma non necessariamente può conoscere le condizioni psicofisiche di chi ha difronte, sapere se la vittima sia cardiopatica o, se tossicodipendente o alcolizzato, indebolita dalla sua dipendenza…
Il taser, continuano ad assicurarci, è arma che “non uccide” e che è stata nel frattempo testata. Invito a leggere quanto dichiarato da Maurizio Santomauro, direttore del centro di Cardio stimolazione del Policlinico della Federico II, (Napoli è una delle città dove sono state date in dotazione parte dei quasi 4.500 taser da oggi in uso) che sottolinea che gli impulsi elettrici “potrebbero innescare un’aritmia cardiaca oltre alla contrazione dei muscoli periferici. E così, da strumento di prevenzione il taser potrebbe trasformarsi in arma micidiale”. Chi usa quest’arma dovrebbe sempre avere a portata di mano un defibrillatore…
Arma “meno che letale”, ma lo choc da impulsi elettrici può portare conseguenze anche non immediate.
Arma “meno che letale”, ma anche una caduta, battere con violenza la testa su un marciapiede cadendo come corpo morto cade… può portare a gravi conseguenze, a morte anche…
Tant’è che, fra tanto plauso, c’è chi esprime perplessità anche nel corpo di polizia: “Il progetto avrebbe dovuto partire con maggiori garanzie per operatori e cittadini”, è il sindacato lavoratori della polizia, Silp-Cgil, a parlare così.
Un dubbio, ancora. Con quanta più facilità si rischia di usare questo “dispositivo disabilitante”, visto che è “meno che letale”?
Un’arma “meno che letale” contro i malviventi, ma ripensando alla tragica storia di Jefferson, che malvivente non era, e che se di fronte avesse avuto persona armata solo di taser, magari, non sarebbe stata uccisa… viene da chiedersi quante altre persone, gli agitati, le persone un po’ perse e magari sconvolte, persone esasperate (e quante ne incontriamo di questi tempi per strada) con scarsa capacità di autocontrollo… di quelli insomma che con gesti inconsulti temiamo attentino alla nostra tranquillità, corrono il rischio di essere inchiodati allo spasmo di una sorta di elettrochoc. Con un dubbio: siamo di fronte a una nuova camicia di forza?
E fa rabbrividire che chi esprime soddisfazione sollecita l’introduzione di quest’arma “meno che letale” in carcere. Questa sorta di “camicia di forza elettrica”… Certo coerente con l’immagine che ormai spesso torna delle carceri come nuovi manicomi.
Ritorna, sconvolgente, e su cui riflettere, l’immagine del “mostro” prigioniero de “La forma dell’acqua”…
scritto per Ultimavoce