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    Il vecchio e il nuovo..

    Un pensiero, a questa Italia sempre più canuta. Che ogni volta che ce lo ricordano le statistiche, con numeri ogni volta annunciati come fosse “una notizia” fresca fresca, gridiamo “allarme allarme!”, con lo stupore di chi, chissà, forse non si è mai guardato intorno…

    A guardarmi intorno, a dire la verità, giusto qualche domenica fa, mi è sembrato che l’età media fosse ormai molto, molto più alta dei circa 44 anni di cui ci informano. E’ vero che vivo, nella capitale, in un quartiere a ridosso del centro storico, Appio- San Giovanni, per intenderci. Quartiere piuttosto misto, ma c’è da dire che più ti avvicini alle mura storiche, sempre meno sono quelli che se lo posso permettere, e  per rimanere a viverci devi avere, oltre una casa, almeno una pensione  decente…

    Dunque, di domenica. Un gran caldo, di quelli che mandano tutti al mare e (…) svuotano le strade. Una corsa verso il supermercato lungo la strada deserta, appiattita al muro ( che ormai i platani e la loro bella ombra se li sono mangiati i lavori dell’inutile snodo di metropolitana che chissà quando vedrà la luce) e… stupore! Appena i vetri della porta scorrevole mi si richiudono alle spalle, mi ritrovo, come in un altro mondo, in mezzo a una gran folla. Mentre mi ferisce agli occhi un certo biancore che ondeggia tutt’intorno… Mi serve più di qualche secondo per realizzare che è tutto “bianco di  capigliature”. Sì, di persone anziane, molto ma molto anziane…

    Bèh, perdonatemi, ma ancora mi nutro di cartoni animati e tutta quella folla tremolante e canuta lì ad aggirarsi fra gli scaffali, scrutare etichette, spingere carrelli, molti stracarichi, come a fare il pieno di viveri per i tempi lunghi della prospettiva di vita alla quale sembriamo tutti aggrappati… mi ha fatto pensare a una delle più inquietanti scene di ParaNorman, animated zombie commedy (film d’animazione per tanti altri versi straordinario, e ve lo consiglio)… Ed era quasi da ridere se, realizzando che se il diavolo non mi si porta via prima a breve potrei far parte tanch’io di quella scena, ho pensato che no, proprio non ho voglia di vivere in un mondo così vecchio, e per di più diviso per categorie di gruppi d’età, ognuna ben sigillata dentro il suo recinto, come tutto sembra aver congiurato a costruire.

    Sfogliando vecchi appunti… “La vecchiaia è come una muraglia che ci separa dal resto dell’umanità e si fa a mano a mano più alta: ogni anno che passa è una fila di mattoni che ad essa si sovrappone. Con questi giovani si vorrebbe parlare anche attraverso il muro, magari bussando con le nocche o con i pugni al modo dei carcerati. Ma costoro non odono o non ascoltano, ghignano, contano le fila dei mattoni e sono capaci di rinfacciartele”. Questo scriveva alla fine degli anni sessanta, in uno dei suoi preziosi elzeviri pubblicati sul Corriere della sera, lo storico Roberto Ridolfi. E le cose non sono migliorate se a volte, guardandomi intorno ( e pensateci un po’ anche voi…) , l’impressione è che nella nostra malandata società se vengono tenuti in conto, i vecchi, è più che altro in quanto buoni portafogli… Ed è cosa che intristisce ancora di più.

    Forse proprio per questo, e fortemente credendo che un altro mondo è possibile, ho accettato ben volentieri qualche sera fa l’invito a una festa in un parco di periferia. Sapete, per avere gente giovane intorno, e vedere giovani e vecchi misti insieme, bisogna allontanarsi dal centro e smarrirsi sul limite delle frange della città, tuffarsi  nelle periferie, qui nella capitale meglio se verso est, sud est, verso i quartieri popolosi di giovani famiglie, che solo quello si possono permettere, a dividere i caseggiati con giovanissime famiglie di immigrati.

    Così mi ha rallegrato il cuore, una sera sul limite dell’estate, la scoperta di Parco Sangalli, a Tor Pignattara, a ridosso delle bellissime mura dell’Acquedotto Alessandrino. Ma dov’è la festa?, vi sareste chiesti arrivando… Niente striscioni, niente stand, niente banconi, niente luci, niente sedie, neppure per la proiezione del film in programma a fine serata. Eppure, eppure… è stata proprio una bella festa. Messa in piedi dal comitato di quartiere con la collaborazione di Karavan Fest ( il sorriso del cinema migrante). Piena della gioia del sedersi sull’erba, del riappropriarsi di uno spazio che avevi dimenticato t’appartenesse, piena delle danze dei ragazzi delle scuole di ballo, per esempio… Un altoparlante, della musica registrata e balli coloratissimi di ritmi gitani, e poi swing, e poi ballate, e poi lo spettacolo di un trio di bravissime artiste di strada, a illuminare la notte di giochi di fuochi. E bambini che corrono e cani impazziti dalla gioia, e intrecci di lingue e dei colori di pezzi di mondo… Sempre più convincendomi che, piaccia o no, il futuro, se vogliamo che risuoni di parole ed età nuove, sarà da costruire sull’intreccio di questi sentieri, o non sarà.

    Un consiglio, per gli appuntamenti dell’estate che è già qui. Se volete vedere un po’ di facce fresche, e non sentirvi vecchi in un mondo di vecchi, non fermatevi ai ‘lustrini’ del centro, lasciate perdere la malinconia delle feste modello-ex-di-partito, gli stanchi dibattiti che rimasticano i rituali di sempre, i ristoranti travestiti da trattorie alla mano, che poi, economicamente parlando, tanto alla mano non sono, e si mangia così così lo stesso… soliti stand, solite collane, solite patacche, solita mestizia… Prendete invece un bus, o un tram, o una linea di metropolitana, va bèh, è ammessa anche la macchina, se può aiutare a superare indolenze, puntate alle periferie, lasciate perdere timori spesso costruiti sul nulla, cercate un’arena, un centro culturale, un capannello per strada… varcate senza timore cancelli, dove magari senza volerlo siete arrivati, attratti da melodie lontane…

     

     

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