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    Le fiabe, la modernità, la crisi

    Book with a story of frog in the pond
    Book with a story of frog in the pond

    E a proposito di fiabe…una riflessione filosofica di Vittorio da Rios, tutta da appuntare: “E se fossero le fiabe a salvare l’umanità ? A costruire le basi fondative di una nuova civiltà ? Utopia! Sembra sentire gridare in coro
    I pensatori e filosofi di professione, le menti deputate dalla storia delle idee a tracciare I futuri destini dell’ominide contemporaneo. Stavo ascoltando or ora una lezione di Massimo Cacciari sulla – modernità e la crisi- dove partendo da una rilettura dello stesso Hegel e del idealismo, ne annotava che il suo pensiero come è stato massimamente Interpretato –come sistemazione totalizzante del divenire—non abbia ne capo ne coda.Nella razionalità classica è implicita la crisi rileva Cacciari. Husserl ha scritto il più grande Testo sulla crisi ed è morto –disperato–da questo, come Weber il fondatore della scienza sociologica. Non dimentichiamo che nel tempio della Cultura; o ritenuta tale, nel secolo breve si sono consumati cataclismi tutt’altro che metabolizzati, e che inanzi a cambiamenti epocali radicali modifiche negli assetti economico-politico su scala planetaria l’Europa pare oramai esprimere solo strategie economiche culturali anziché di inclusione di esclusione. Dove le politiche sovraniste e populiste sembrano essere in irrimediabile ascesa. E in questo quadro descritto le democrazie subiscono una inversione autoritaria prodroma a creare il nemico da combattere e ritenere esso causa e fonte delle mie e altrui tragedie. Noi sappiamo e ne abbiamo perfetta coscienza e sufficiente conoscenza come si formano e da dove scaturiscono i disastri umanitari della –immigrazione–: Un sistema economico che per sua stessa struttura organizzativa presuppone e crea drammatici squilibri di natura economica quanto sul piano dei diritti. Pochi possiedono troppo, moltissimi Niente o quasi. E il flagello della guerra rimane cancro in metastasi in molte aree del pianeta. Mai come In questa fase della storia dell’ominide si investono in armi cifre in danaro spaventose, quanto le cifre di creature umane –molta infanzia—che ne subiscono le conseguenze: fame, tribolazioni, violenze di ogni grado, sterminio e morte. Sembra che il caos e la confusione attuale portino irreversibilmente a una catastrofe che non ha paragoni nella storia della umanità, sarà questa la conseguenza dell’aver costruito il –mostro—tecnologico-finanziario-armiero oramai fuori controllo all’uomo stesso?
    Recentemente un studioso americano pagato e finanziato dalle lobi finanziarie ha elaborato uno studio dove si costruiscono dei bunker per proteggere i miliardari in caso di catastrofe planetaria dove …Che al termine del suo elaborato gli rimane il –dubbio atroce– che le guardie del corpo di questi super ricchi procedano ad assassinare i loro protetti per assicurarsi a loro stessi la sopravvivenza nei bunker.
    Siamo alla Totale follia e al cinismo più aberrante. Ho citato questo –aneddoto—per evidenziare come la depravazione dell’ominide non abbia ne confini ne limiti. E allora che fare? Massimo Cacciari -in grandezza e tramonto dell’utopia- si chiede come per Tommaso Moro non si tratti di fondare l’utopia, come Francesco Bacone, nuova Atlantide. Si tratta per entrambi di elaborare idee regolative o, meglio di istituire “paradigmi” solo in questo senso si può anche affermare che la “ Politeia” Platonica rimanga un loro modello. Irreali le utopie? Logicamente inconsistenti? Nient’affatto; pensate come possibili “orizzonti” di processi storici concreti. Astrattamente separate dalla realtà effettuale? No; maturate dalla sua osservazione e strettamente connesse a fattori e soggetti che innervano lo sviluppo.
    Esse funzionano per questo da paradigmi effettuali, decisivi fattori del processo che pensano determinabile ed esortano a determinare. Laura Marchetti avrà letto certamente “la lunga guerra per l’ambiente”, di Elena Croce figlia di Benedetto il grande filosofo, dove ricorda citando Malcolm Lowry e il suo libro: “il traghetto per Gabriola” in cui la “quète” del protagonista si svolge attraverso la nuova selva popolata di nuovi mostri: la natura devastata, le nuove costruzioni di tipo subumano stano facendo scomparire ciò che in Canada –dove si svolge il racconto—è l’antico cioè i quartieri residenziali di fine secolo con i loro giardini fioriti offrivano alla città il respiro di strade belle e riposanti. Vi respirava egli scrive un decoro, una specie di saggezza appassita. E che dire delle nostre odierne contrade periferiche situate ai margini delle megalopoli dove si è praticato un autentico scempio paesaggistico il cui vivere è continuo lacerare e fare violenza al senso giusto e armonico della vita? Una media regione per estensione territoriale e stata coperta dal cemento, nel nostro paese. Geometri, architetti, urbanisti hanno sistematicamente violato in questi decenni post ricostruzione l’art.9 della nostra costituzione che prevede la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione, Francesca ancora una volta ci fa sognare con le favole di Grimm, e di Rodari. Cita Gramsci che si era portato in carcere Prometeo e Grimm e scriveva ai suoi bambini che vide poco, le favole sarde che la mamma amatissima gli raccontava e gli aveva insegnato quando era bambino.
    E che le favole fonte di sogni e speranze motore vitale per sopravvivere alla attuale barbarie ispirino coloro che hanno attualmente in mano le redini del potere e quelli che le avranno in futuro tale sapienza da rendere l’esistenza ad ognuno degna di essere vissuta. Un caro saluto.

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