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    Lo sguardo dell’Utopia…

    ugoUtopia. Ne sentiremo parlare nei prossimi mesi… Che sono cent’anni che fu pubblicato il libro di Tommaso Moro, con il racconto di quel mondo che ancora tanto riempie il nostro immaginario, ma che soprattutto ci ha insegnato a pensarla, ciascuno di noi, una nostra utopia, piccola o grande che sia…
    Per questo mi è sembrato bellissimo, e ve lo propongo rigirandovelo, se ancora non ne avete sentito parlare, il sogno di Riccardo Petrella ( l’economista di “Dichiariamo Illegale la Povertà”, per chi non lo sapesse) a nome dell’Università del Bene Comune: “l’impossibile che diventa possibile”. Un progetto che consiste nella pubblicazione su Facebook, a partire dalla fine di gennaio fino ad ottobre 2016 di post dedicati all’analisi di come gli “impossibili” ( u-topie) sono diventati “possibili” (eu-topie), “delle realtà feconde di ben fare e vivere insieme”. Dunque in tema di giustizia sociale, diritti, lavoro, disuguaglianza, povertà, Stato, potere, libertà, denaro…
    “Se faccio riferimento ad Utopia, spiega Petrella, non é per suggerire analogie tra quanto scritto da More e i nostri giorni, anche se l’Inghilterra dell’epoca era in guerra e in uno stato di grande miseria e diseguaglianze, come lo è il nostro mondo globale in preda alla guerra “totale” e dove 82 persone posseggono altrettanta ricchezza personale che la metà più povera della popolazione mondiale. Il motivo per farlo è piuttosto semplice: lanciare, sotto l’egida dell’Università del Bene Comune, l’idea di “ I cammini dell’utopia”. (…)
    Allettante invito (i dettagli potete andare a leggerli nel sito banning poverty) a guardarsi intorno, sollevando per un attimo gli occhi dal nostro piccolo universo chiuso nella cornice dello smartfone, incrociando sguardi …
    Pensando che Utopia non è affatto qualcosa di lontanissimo e impossibile, come si potrebbe credere. Anzi. Ne ho sentito una volta una bellissima definizione, non ricordo purtroppo data da chi: “Utopia è quella cosa che quando facciamo un passo verso di lei si sposta di un passo, e se per inseguirla ne facciamo due, si sposta in avanti di due passi… e così via”.
    L’utopia, insomma, quello che ci fa andare avanti. Ed è una parola, ed è un andare avanti… che mi riporta alla mente un sognante architetto che proprio nel gennaio di sei anni fa, una corrente marina ha portato via con sé. Ugo Sasso, che è stato il fondatore, insieme alla sua compagna Wittfrida Mitterer, dell’Istituto nazionale di Bioarchitettura.
    Ecco, mi viene da pensare proprio a lui perché la sua utopia Ugo Sasso la raccontava sempre così, come qualcosa appena lì davanti, a un soffio da noi. Un sogno che era a un attimo dal divenire presente, e quasi si meravigliava che per tutti così non fosse. E forse per questo, parlando e illustrando i suoi progetti spalancava sempre gli immensi occhi azzurri, quasi a voler farcelo entrare tutto intero il paesaggio di quei suoi sogni. Che erano poi erano luoghi, erano materia, erano case… che erano l’idea di creare spazi accoglienti che portassero le persone, proprio tutte, piccoli e grandi, a dimenticare individualismi e competizione, indicando strade e proponendo strategie per raggiungere l’obiettivo del bene comune.
    Per la cronaca Villa Verde, a Bolzano, ad esempio, è stato il primissimo condominio ecologico di edilizia popolare realizzato in Italia.
    E non erano solo case. “Quasi un cavaliere che errava nelle lande d’ideale lottando per un vivere migliore – nel ricordo di un amico, Luigi Barbatano – Mi spiegavi quanto fosse indifesa l’umanità nei tanti pericoli dell’abitare insalubre e insicuro. Mi dicevi come fosse importante che quelli che lavorano per l’uomo abbiano coscienza del non nuocere. sua storia e il suo pensiero”.
    Narrava sempre, Ugo Sasso, l’importanza della condivisione del pensiero, come bene comune, l’importanza del progettare e costruire insieme. Mi piacque molto il morbido paesaggio dei suoi sogni, in un mondo di violente, arroganti, urla di cemento e acciaio lanciate contro il cielo…
    Lo ricordo, in questa pagina, perché penso che gli sarebbe piaciuto molto l’iniziativa dell’Università dei Beni comuni, e ne avrebbe avute tante da raccontare di piccole e grandi utopie trasformate in eutopie… Che sono racconti di vita. Perché, proprio come scrive Petrella: “C’è vita se c’è capacità utopica, dove per utopia s’intende anche l’immaginazione di luoghi di vita buoni, desiderati, da realizzare”.
    Che è cosa, mi piace pensare, che può essere alla portata di ciascuno, se può esserci vita anche nelle piccole cose, in piccoli gesti, purché non si perda la capacità di sognare.
    E come? In questi tempi per tanti versi amari… Una risposta forse la trovo in un appunto preso tempo fa sul vagone di un trenino. La battuta, tenerissima, di un garbato signore rivolto a una donna avvilita nella calca scomposta dell’ora di punta, che lamentava che chissà se sarebbero mai giunti alla meta. “Bisogna avere fiducia nel futuro, le ha sussurrato, bisogna avere pazienza nel presente”. Gocce di saggezza, come un brillare inatteso di lucciole, nel buio del tempo affannato…
    Pensando a Tommaso Moro, che condannato a morte e decapitato perché volle restare fedele ai propri principi morali, ci ha insegnato a custodirla, ciascuno, nel cuore, tutta intera, la propria utopia, piccola o grande che sia…

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