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    Nell’attesa che passi…

    In attesa, che anche quest’anno passi. Un racconto, di qualche tempo fa, sempre lo stesso, sul tempo, forse.

    “Si stava facendo davvero tardi. Avrebbe perso l’ultimo appuntamento. Un cliente ancora si attardava davanti alla bacheca delle cartoline e il suo fare indolente cominciava a irritarlo. Giuseppe lo aveva controllato attentamente. Diffidava sempre dei turisti stranieri e questo era dei peggiori. Lo aveva tenuto d’occhio per almeno mezz’ora mentre rovistava fra le vetrine delle conchiglie, tastando con lenta distrazione ogni cosa e senza decidere di comprare alcunché. Fu con un sospiro di sollievo che lo vide andare via. Giuseppe si affrettò quindi a chiudere la cassa, infilare il soprabito, spegnere le luci, abbassare la serranda e poi correre fino al porto. Vi arrivò col cuore che gli sbatteva forte in gola mentre la nave si stava già staccando dal molo. Si sedette sopra una spirale di gomena e accese una sigaretta.Sapeva che non avrebbe dovuto fumare. Sapeva bene anche che non avrebbe dovuto agitarsi e affaticarsi in quel modo, ma non era mai mancato all’appuntamento con la partenza della nave. Al molo sud, alle venti e trenta di ogni primo giovedì del mese. E questo era l’inizio dell’ultimo viaggio. Poi la Freccia del Sud sarebbe andata in disarmo.

    Puntuale stava suonando la sirena. Un muggito pieno e profondo che ancora una volta diede voce alla sua nostalgia. Per il viaggio per il quale sempre avrebbe voluto partire e che sempre aveva dovuto rinviare.

    Una ragazza sottile gli passò davanti. Giuseppe incrociò il suo sguardo e vide che non riusciva a trattenere le lacrime.

    Fu braccato allora dal ricordo di altre lacrime e della donna dal busto altrettanto sottile che trent’anni prima era riuscita a trattenerlo ai piedi di quella nave. Aspettami, ti aspetterò, partiremo insieme, si erano promessi.

    Così quella sera Giuseppe aveva preso carta e penna e aveva spiegato ad Andrea che aveva ancora una piccola faccenda da sbrigare qui nel vecchio continente, che il sogno del paese del nuovo mondo restava intatto nel suo cuore, che lo avrebbe raggiunto in un altro momento, comunque presto.

    Esattamente cinque anni dopo Giuseppe, seduto sul molo, raccontava al piccolo Matteo la favola del paese oltre il mare che nasceva fra montagne e steppa e moriva nei ghiacci. E gli prometteva che presto anche loro due si sarebbero imbarcati sulla grande nave che ora vedeva partire per attraversare l’oceano. Ma in nessun modo era riuscito a calmare il pianto del bambino, scoppiato in lacrime mentre il profilo della nave scompariva nel mare.

    Dieci anni dopo ancora, alle nove di sera, il punto d’attracco era già vuoto. Giuseppe era arrivato fin sul limite dell’acqua mentre spiegava a Nicola che il prestito che gli chiedeva sarebbe stato sufficiente a chiudere alcuni debiti e liquidare quindi il negozio. E che stesse tranquillo, gli avrebbe restituito tutto prima di partire. I soldi della cessione del suo sia pur piccolo commercio sarebbero bastati per saldare ogni debito, oltre che per definire l’accordo per l’acquisto del brano di terra ai piedi del grande altopiano dove sarebbe sorta la sua nuova casa, nell’altro continente. Dove avrebbe accolto anche lui, il suo amico Nicola, quando avesse voluto lasciare il paese e l’aria di guerra che lo stava agitando. Lo avrebbe condotto in luoghi che mai più avrebbe dimenticato, che neppure lui, Giuseppe, pur non avendoli ancora visti, neppure per un attimo dimenticava.

    Ma il mare era inquieto, le onde si stavano alzando fin dentro l’incavo del porto e forse il rumore del vento spazzava via nell’aria le sue parole, perché l’amico si limitava a scuotere la testa e neppure gli aveva risposto.

    Quindici anni dopo, questa sera in cui anche l’estate moriva prima del tempo, Giuseppe salutava la Freccia del sud partita per la sua ultima traversata.

    Per trent’anni, mese dopo mese, stagione dopo stagione, aveva cullato il suo sogno al ritmo del dondolio ampio e morbido della nave che col primo suono di sirena sembrava promettergli che, certo, la volta successiva o la successiva ancora, avrebbe imbarcato anche lui. Il secondo suono era già

    rimpianto, ma solo in quel momento Giuseppe fu certo che mai nessuno lo avrebbe portato nella nuova terra.

    E sentì che anche il suo cuore lo lasciava, mentre il profilo di luci della nave si spegneva nel mare.

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