Tornando, dalla Casa del Cinema. Dopo aver visto la cronaca delle 1367 ore che erano trascorse dalla strage di Capaci, la morte di Falcone della moglie Francesca Morvillo degli agenti della scorta, a quella di via D’Amelio, a Palermo, la morte di Borsellino e degli uomini, c’era anche una donna fra quegli uomini, della sua scorta… Nel documentario di Giancarlo Licata, a quel tempo cronista della redazione palermitana della Rai, di cui poi è stato anche Capo. “1367- La tela strappata”.
Come definirlo? Bruciante. Brucianti le immagini di quelle 1367 ore scandite e raccontate rigorosamente, senza un alito di commento o divagazione, dalla cronaca che di quelle 1367 ore fecero i telegiornali. Dall’urlo di Rosaria Schifani ai funerali nella chiesa di San Domenico, alle parole di Caponnetto, su quelle “morti necessarie”. Passando per i fischi che fuori San Domenico costrinsero i politici ad uscire dalla porta secondaria, i lenzuoli che le donne e non solo le donne appesero ai balconi, le grandi manifestazioni che videro un fiume di persone occupare le piazze e scivolare lungo le strade… ed erano persone venute, anche, da tutt’Italia… Sembrava davvero che qualcosa di nuovo risorgesse, dopo quelle morti “necessarie”… che sole potevano “determinare una svolta nella vita nazionale”. Ed è un racconto che brucia. Brucia per quello che è stato allora. Brucia per quello che è stato dopo. Non c’è voluto molto, tutto piano piano si è come riassopito… ed è ritornata, più silenziosa, forse, ma sempre diversa e sempre uguale a se stessa, la mafia, e gli intrecci, e i commerci, negli anfratti bui, della vita e delle ragioni, dello Stato e degli Stati… Dopo, anni dopo, non posso non risentire le parole di Letizia Battaglia che dalla sua terra a tratti è fuggita perché l’essere ritornata quella di sempre e più di sempre, dopo l’urlo di quei giorni, non era, ha detto, per lei più tollerabile. Perché città irredimibile… città senza futuro… la sua amatissima Palermo. Resilienza… in psicologia connota la capacità delle persone di far fronte ad eventi stressanti. Resilienza… in ingegneria si dice della capacità di un materiale di resistere a sollecitazioni impulsive, di conservare o di “riacquistare la propria struttura dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o a deformazione”. La resilienza … della forza buia …
Ma è bene non dimenticare, quei giorni e la forza civile che quei giorni hanno visto nascere. C’è da augurarsi che giri molto nelle scuole, questo bel documentario… che lo vedano ragazzi… che ne prendano, per la vita, appunti…
Dal carcere milanese di Bollate, un’interessante intervista che Susanna Ripamonti, direttrice del periodico Carte Bollate, giornale fatto dai detenuti, ha fatto a Massimo Parisi, oggi direttore del carcere. Bollate…
“Io ti saluto, con il dispiacere che non vedrò più la tua figura esile apparire silenziosa, e con l’angoscia di chi non ha potuto salvarti o aiutarti, perché in fondo in queste tragedie si è intimamente, irrimediabilmente soli, ma di questo siamo stati insieme a te, vittime impotenti…”
Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, di Firenze, ancora ci manda un articolo, un urlo, quasi, che non rimanga, voce nel deserto della nostra indifferenza… ascoltate…
e questa è una storia che ci ha andato Annarita Persechino. Un racconto che, assicura, è storia vera… se lei questa janara, fra la gente, l’ha riconosciuta… ma è un segreto, da non rivelare a nessuno… l’invito è ad andare, piano piano, la notte a cercarla, e chiedere consiglio, guardandosi dentro, guardandosi intorno….
Un pensiero, alle terre dell’Emilia, di cui non si parla quasi più… un pensiero a quelli per cui il terremoto ha portato disagio su disagio… in una terra comunque laboriosissima…, e che dove è stato possibile neanche per un istante si è fermata. Come accade alla Vecchia Orsa, a Crevalcore, in provincia di Bologna, una cascina che è un birrificio, dove lavorano molte persone con disagio psichico. Roberto Poppi, uno dei soci fondatori della cooperativa Fattoriabilita’ che ha messo in piedi questa attivita’, mi ha raccontato… della stalla che faceva da magazzino e che adesso non è più utilizzabile, dove il tetto, cadendo pezzo a pezzo, ha seppellito i fusti, il frigo dove si conserva il mosto e migliaia di bottiglie… è crollata, racconta, anche la casa dei Clementel, che quest’azienda per primi hanno voluto… Ma le persone che qui hanno trovato lavoro, non hanno mai smesso di presentarsi alla Vecchia Orsa… qualcosa da fare c’è sempre. E l’importante, racconta Roberto Poppi, è che si manenga vivo l’impegno, la speranza che tutto possa riprendere come prima, e presto… soprattutto per le persone per le quali questo lavoro era stato pensato. Il problema del frigo è stato risolto già nei primi giorni dopo il terremoto, sostegno e aiuti arrivano anche, e soprattutto forse, dal mondo dei birrai, di quelli che la birra la fanno artigianalmente, come succede alla Verrchia Orsa… e qualcosa ogni giorno, sempre si continua a fare… Il lavoro… non è meno importante del resto… soprattutto per chi ha un disagio, non è tanto una questione economica, quanto un fondamentale punto di riferimento, una terapia, anche…, uno dei nodi intorno al quale si ricostruisce e costruisce la propria identità… Tanti auguri dunque alla Vecchia Orsa, e ai tanti che cercano di non fermarsi…